Le due anime del cardinale Lercaro
Le due anime del cardinale Lercaro
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<strong>del</strong>udente <strong>del</strong> primo impatto. Gli occhi chiari e poco vivaci, il viso<br />
cereo, quasi diafano, le spalle ricurve e l'atteggiamento riservato e<br />
timido nascondevano il vero <strong>Le</strong>rcaro: un uomo deciso, determinato<br />
e privo di dubbi.<br />
<strong>Le</strong> parole che rivolse ai fe<strong>del</strong>i, — ma il discorso era soprattutto<br />
indirizzato a chi era fuori <strong>del</strong>la chiesa — dissiparono i dubbi che<br />
potevano essere stati suscitati dal suo aspetto. Furono quelle che i<br />
cattolici si attendevano: chiare e dure.<br />
« Costruiremo per Cristo » disse dalla gradinata di S. Petronio,<br />
con lo sguardo rivolto a Palazzo d'Accursio, la sede comunale « e<br />
Gesù Cristo regnerà su questa Bologna che è Sua, che ha da essere<br />
Sua, che ha da essere tutta Sua ». E ancora: « Bologna ha da essere<br />
tutta di Cristo. Lo vogliamo, lo vogliamo insieme, lo faremo insieme,<br />
lavorando, sacrificandoci, lottando, soffrendo, lo faremo » 10 . Con<br />
questo spirito e con un tono che non ammetteva repliche, prese<br />
possesso di quella che considerava una « diocesi malata » 11 .<br />
Per gli ambienti politici moderati e per la classe imprenditoriale<br />
bolognese, quella presenza e quelle parole furono la conferma che<br />
qualcosa stava per mutare. Per loro erano la speranza di poter riconquistare<br />
quel primato politico perduto il 28 giugno 1914 quando<br />
la classe operaia, guidata dal PSI, era divenuta, democraticamente<br />
e liberamente, classe dirigente <strong>del</strong>la città.<br />
Per PCI e PSI — che avevano conquistato il comune nel 1946,<br />
dopo la parentesi fascista 12 — era l'annuncio <strong>del</strong>la crociata che la<br />
chiesa si apprestava a iniziare, anche a costo di turbare, oltre che<br />
la pace religiosa, quel clima di relativa tranquillità sociale faticosamente<br />
formatosi all'indomani degli inquieti anni postbellici.<br />
Anche se la stampa d'opinione e i rotocalchi continuavano a tenere<br />
viva l'attenzione sul « triangolo <strong>del</strong>la morte » e non tralasciavano<br />
occasione per dimostrare la diversità di Bologna e <strong>del</strong>l'Emilia-<br />
Romagna, la regione aveva trovato e si sforzava di mantenere un<br />
giusto equilibrio politico-sociale.<br />
Dopo avere dato uno dei più alti contributi alla Resistenza, l'Emilia-Romagna<br />
aveva incontrato grosse difficoltà a creare un clima di<br />
pacifica convivenza perché troppo vivi e dolorosi i ricordi <strong>del</strong>le<br />
lotte sostenute prima e dopo l'avvento <strong>del</strong> fascismo. Era inevitabile<br />
che in una terra dove la dittatura aveva avuto la mano più pesante<br />
che altrove e dove lo squadrismo agrario aveva lasciato dietro di<br />
sé una scia di sangue, la punizione dei fascisti venisse proseguita<br />
anche dopo la fine <strong>del</strong>la guerra.<br />
Duri furono i conflitti sociali, all'indomani <strong>del</strong>la Liberazione, anche<br />
se le lotte sindacali non erano state certo diverse da quelle che<br />
conducevano i contadini <strong>del</strong> meridione o gli operai <strong>del</strong> « triangolo<br />
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