Le due anime del cardinale Lercaro
Le due anime del cardinale Lercaro
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e dopo, « Solo che prima egli era coerente con un tipo di cultura<br />
teologica risalente alla sua formazione seminaristica » e dopo. « con<br />
la sconvolgente eredità giovannea », anche se tra l'una e l'altra esisteva<br />
« una sorprendente unità di orientamento » 94 .<br />
Il prete nuovo tornato a Bologna, con il proposito di iniziare un<br />
diverso episcopato, era però costretto a fare i conti con molte realtà<br />
vecchie. Tra le eredità <strong>del</strong> passato, la più ingrata era quella <strong>del</strong><br />
controllo <strong>del</strong>la DC, le cui beghe interne lo avevano angosciato anche<br />
a Roma durante il Concilio 95 . I rapporti con la DC, sempre molto<br />
difficili, divennero difficilissimi dopo il Concilio perché i dirigenti<br />
democristiani avevano marciato con un ritmo più lento dei pontificati<br />
di Giovanni XXIII e Paolo VI e non erano stati sfiorati dal<br />
nuovo spirito conciliare.<br />
Non meno difficili, anche se diversi, i rapporti con il PCI, dopo<br />
l'incontro alla stazione. Si chiedeva spesso come avrebbe dovuto<br />
impostare il dialogo con l'ex avversario, il quale pareva disposto a<br />
cedere molto e quindi, di conseguenza, avrebbe potuto chiedere<br />
molto. Lo preoccupava meno il rapporto con il PSI, che continuava<br />
a ritenere un'appendice comunista.<br />
Anche se distratto dalla politica, il suo impegno prevalente era<br />
e restava quello religioso. Dieci giorni dopo la fine <strong>del</strong> Concilio,<br />
indirizzò una Notificazione ai fe<strong>del</strong>i con <strong>due</strong> indicazioni importanti.<br />
Con la prima — quando scrisse che il Concilio « approfondendo il<br />
mistero <strong>del</strong>la Chiesa e completando il Vaticano I, ha portato la sua<br />
attenzione in modo particolare sui Vescovi, che, uniti al Papa e<br />
sotto la sua autorità suprema, succedono agli Apostoli » — volle<br />
dire che la collegialità aveva in parte ridimensionata l'autorità monarchica<br />
<strong>del</strong> papa. Poi ricordò le non piccole difficoltà superate:<br />
« Il Concilio nelle sue quattro laboriose Sessioni è stato un tempo<br />
di semina, » scrisse « e non vi nascondo che costò, né mancarono<br />
ore pesanti » 96 . Ora che il più è passato, concludeva, « il vostro<br />
Arcivescovo, che ha vissuto con passione i lavori conciliari, ne<br />
spera ora e ne attende in Diocesi i frutti » 97 .<br />
Ma sarebbe rimasto a Bologna? Il Motu proprio « Ecclesiae<br />
Sanctae », di recente approvazione, stabiliva che tutti i sacerdoti<br />
avrebbero dovuto lasciare il mandato al compimento <strong>del</strong> settantacinquesimo<br />
anno, limite che <strong>Le</strong>rcaro avrebbe raggiunto il 28 ottobre<br />
1966.<br />
In ossequio alle disposizioni, il 15 agosto inviò una lettera di<br />
dimissioni al papa, nella quale scrisse che, a causa <strong>del</strong>la « diminuita<br />
energia fisica e psichica », non si sentiva più in grado, « salvo un<br />
particolare divino aiuto », di provvedere ai compiti <strong>del</strong>la diocesi<br />
« vasta e difficoltosa ». Chiese inoltre il permesso di risiedere a<br />
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