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Le due anime del cardinale Lercaro

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spirituale, un rapporto con l'amministrazione comunale. La mia tesi<br />

era stata sempre quella che l'amministrazione civica rappresenta<br />

tutta la città e non solo la maggioranza ».<br />

Anche <strong>Le</strong>rcaro si sentiva imbarazzato perché il disegno dei comunisti<br />

lo coinvolgeva in prima persona nel momento in cui era<br />

deciso a ignorare ogni discorso che non fosse religioso, volendo<br />

reinterpretare compiutamente la propria immagine episcopale, secondo<br />

il nuovo dettato conciliare. Ma poteva respingere l'offerta<br />

di dialogo che veniva da un « errante », nel momento in cui voleva<br />

dimostrare che molto era cambiato nel proprio animo? Inoltre, si<br />

era convinto che il tono di Dozza fosse sincero e che poteva fidarsi.<br />

Il dialogo poteva continuare. Se poi i comunisti avessero tentato<br />

strumentalizzazioni politiche — come confidò ad Antonio Rubbi,<br />

suo stretto collaboratore e consigliere comunale DC — la responsabilità<br />

politica sarebbe stata <strong>del</strong> PCI. Per parte sua non poteva<br />

assolutamente ignorare la richiesta <strong>del</strong> dialogo, anche se il rischio<br />

non era piccolo.<br />

<strong>Le</strong>rcaro resta, Bettazzi se ne va<br />

Il <strong>Le</strong>rcaro tornato a Bologna alla fine <strong>del</strong> 1965 era indubbiamente<br />

diverso da quello partito per il Concilio quattro anni prima.<br />

Se non altro — pochi erano a conoscenza <strong>del</strong>le trasformazioni avvenute<br />

nel suo animo — aveva ritrovato la sicurezza e l'ottimismo<br />

di un tempo. Quanto a dubbi, ne aveva uno solo: non sapeva se<br />

sarebbe toccato a lui il compito di materializzare a Bologna lo<br />

spirito conciliare.<br />

Sincera o no che fosse, la trasformazione c'era stata e non era<br />

avvenuta all'improvviso. Era il frutto di un processo graduale, anche<br />

se non sempre avvertibile nei suoi atti. Certo non ci fu un<br />

riesame critico <strong>del</strong> passato e, meno che mai, un pubblico ripudio<br />

dei gesti e degli atteggiamenti clamorosi di un tempo, quelli che<br />

lo avevano reso famoso. Il « <strong>cardinale</strong> don Camillo » era morto.<br />

Molti anni dopo padre Toschi scrisse che si era verificata « in<br />

lui una svolta che potrebbe definirsi "cambiamento di rotta" e che<br />

suscitò sconcerto e polemiche » 92 . Secondo padre Claudio Sorgi, si<br />

« lasciò convenire dalla grazia » e si sottopose a un profondo esame<br />

di coscienza, indispensabile per i preti che vogliono « cambiare<br />

continuamente se stessi », in quanto il compito <strong>del</strong> sacerdote non<br />

è quello di cambiare il Vangelo, bensì di « rinnovare la propria<br />

vocazione » per meglio « immergersi nel mondo senza lasciarsene<br />

sommergere » 93 . Per don Bedeschi, invece, era stato sincero prima<br />

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