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Le due anime del cardinale Lercaro

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sarebbe avvenuto alla stazione. Da quanto gli aveva detto per telefono<br />

monsignor Ivaldo Cassoli, sapeva che sarebbero stati presenti<br />

il sindaco, alcuni assessori, i capigruppo <strong>del</strong>la minoranza, il gonfalone,<br />

il prefetto e i soliti generali. Ma se Dozza fosse stato presente<br />

— e qualche dubbio in proposito l'aveva, perché era trapelato che<br />

in giunta c'era stato qualche contrasto — cosa avrebbe dovuto dirgli<br />

per riprendere il dialogo, dopo uno scontro così lungo e duro?<br />

Doveva stringergli la mano, se gli fosse stata tesa? O spettava a lui<br />

fare il primo passo? E i fe<strong>del</strong>i avrebbero capito? E i vescovi che<br />

lo avevano osteggiato nei quattro anni <strong>del</strong> Concilio, cosa avrebbero<br />

detto? Erano questi i pensieri che lo avevano accompagnato e tormentato<br />

lungo il viaggio, mentre si sforzava di cercare le parole<br />

più adatte per esprimere un concetto, nuovo e insolito per lui, come<br />

quello <strong>del</strong> dialogo.<br />

Cercò e vide, attraverso i vetri appannati <strong>del</strong> finestrino, mentre<br />

il treno percorreva gli ultimi metri, il solo uomo che gli interessasse<br />

incontrare. Anche se non era più tempo di crociate, considerava<br />

quella presenza una grande vittoria. Così come, nello stesso<br />

istante, Dozza la considerava una grande sconfitta. Per <strong>Le</strong>rcaro era<br />

una vittoria, perché l'uomo che aveva avversato, combattuto e odiato<br />

più di ogni altro, e dal quale era stato sconfitto nel 1956, lo<br />

stava attendendo per rendergli omaggio. Quella presenza lo ripagava<br />

di tante amarezze, pur senza rallegrarlo.<br />

Dozza era solo, sulla banchina <strong>del</strong> primo binario, accanto ad alcuni<br />

sacerdoti, anche se si ignoravano a vicenda. Per quei religiosi<br />

Dozza era ancora il rappresentante <strong>del</strong> maligno. Stupito, <strong>Le</strong>rcaro<br />

si chiese perché fosse venuto a riceverlo al treno, quando l'incontro<br />

avrebbe dovuto avvenire in una saletta <strong>del</strong>la stazione. E il gonfalone<br />

e le autorità dov'erano? Non ebbe il tempo di azzardare qualche<br />

ipotesi perché il treno si fermò. Scese e pronunciò il breve discorso<br />

che aveva così a lungo meditato.<br />

Subito dopo, quando entrarono nella saletta dove li attendevano<br />

le autorità e il gonfalone, i più notarono che era visibilmente contrariato.<br />

Pareva che non gradisse l'omaggio, anche se mostrava di<br />

apprezzarne il senso politico. Ma se il suo viso restava imbronciato,<br />

dentro qualcosa aveva cominciato a muoversi. La presenza di Dozza<br />

al treno e non nella saletta doveva essere considerata un gesto di<br />

riguardo personale, non previsto dal protocollo. E poi, rimeditando<br />

le parole <strong>del</strong> sindaco, si andava convincendo che qualcosa era cambiato<br />

o stava per cambiare nei comunisti.<br />

Anche se non avesse avuto un seguito, quell'incontro sarebbe<br />

stato egualmente importante perché riavvicinava <strong>due</strong> avversari che<br />

non si vedevano da un decennio, per quanto fosse stato <strong>Le</strong>rcaro a<br />

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