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Le due anime del cardinale Lercaro

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tinua la battaglia », scrisse ai « figli » il 19 settembre 76 .<br />

Per <strong>Le</strong>rcaro era oramai tempo di consuntivi e di programmi per<br />

il futuro, anche se non mancava di rammaricarsi, nelle lettere ai<br />

« figli », di essere molto avanti con gli anni. Temeva di non vedere<br />

i frutti maturi <strong>del</strong> Concilio. Il 4 ottobre, festa di S. Petronio, inviò<br />

un messaggio-programma ai fe<strong>del</strong>i annunciando che, volgendo al<br />

termine i lavori <strong>del</strong> Concilio, sarebbe stato presto restituito alle<br />

cure <strong>del</strong>la diocesi, anche se « l'ubbidienza » gli imponeva di continuare<br />

a presiedere il Consilium <strong>del</strong>la liturgia.<br />

Buttato tra le righe, ma non certo casualmente, nel messaggio ai<br />

fe<strong>del</strong>i c'era un elemento nuovo e insolito nel pensiero lercariano:<br />

il senso <strong>del</strong>la morte. Scrisse che era pronto a lavorare per materializzare<br />

lo spirito <strong>del</strong> Concilio, anche se non gli sarebbe dispiaciuto<br />

ritirarsi « per prepararmi, nel raccoglimento e nella preghiera, al<br />

giudizio di Dio; che, come la S. Scrittura avverte, è particolarmente<br />

duro per chi ha compiti direttivi » 77 .<br />

È singolare questo cupo presentimento <strong>del</strong>la morte in un uomo<br />

che, pur vecchio — ma non vecchissimo, a 74 anni — stava preparando<br />

il nuovo programma di lavoro per il suo secondo episcopato<br />

bolognese. Forse, fu il momentaneo ripiegamento intcriore di un<br />

uomo stanco e desideroso di ritirarsi dopo una prova esaltante, ma<br />

dura e faticosa. Ma avrebbe potuto essere anche il desiderio di sapere<br />

— mentre gli attacchi alla sua persona si moltiplicavano — se<br />

era nel giusto.<br />

È più che probabile che il tarlo <strong>del</strong> dubbio si fosse nuovamente<br />

insinuato in un uomo che, almeno ufficialmente, aveva ritrovato la<br />

sicurezza di un tempo e che <strong>due</strong> giorni dopo, scrivendo ai « figli »,<br />

dirà, sia pure con scarsa modestia, che il messaggio ai fe<strong>del</strong>i aveva<br />

un contenuto « esplosivo » 78 .<br />

Di quel discorso si possono dire tante cose, ma non proprio che<br />

fosse esplosivo. Certamente era trionfalistico, come tutto quello<br />

che diceva o faceva in quei giorni. Era stato uno dei protagonisti<br />

<strong>del</strong> Concilio, ma non si può dire che avesse previsto e anticipato<br />

tutte le soluzioni, come cercava di far intendere. Il giorno <strong>del</strong>l'apertura<br />

<strong>del</strong>la quarta sessione aveva scritto ai « figli » che il Sinodo dei<br />

vescovi, la cui costituzione era stata annunciata dal papa, lo aveva<br />

proposto lui l'8 novembre 1963, il che era solo parzialmente vero 79 .<br />

Il giorno dopo, in un'altra lettera, ricordò di essere stato un precursore<br />

con il Piccolo sinodo diocesano di Bologna, anche se non mancò<br />

di rilevare che con la nuova assemblea collegiale « gli organismi<br />

romani (la curia, n.d.a.) non rimarranno sempre chiusi nelle loro<br />

tradizioni troppo locali e limitate » 80 .<br />

Un tono trionfalistico pervadeva anche le lettere che scriveva in<br />

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