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Le due anime del cardinale Lercaro

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nella mente di N. Signore appare chiaro in tutte le sue parti, e, in<br />

particolare, per quello che i vescovi sono e rappresentano nella<br />

Chiesa, col Papa e sotto il Papa ». Oltre alla collegialità, era stata<br />

stabilita la parità tra il papa e i vescovi i quali, riuniti in collegio<br />

episcopale, sarebbero stati investiti <strong>del</strong>la suprema e piena potestà<br />

sulla chiesa. Concluse affermando che « questa fisionomia <strong>del</strong> Concilio<br />

ormai non potrà più essere modificata, anche se una minoranza<br />

agguerrita e forte tenterà ancora altri assalti » 60 .<br />

Se aveva previsto che i tradizionalisti si sarebbero scatenati dopo<br />

quel voto, gli era sfuggito un altro aspetto non meno importante.<br />

Molti innovatori, paghi <strong>del</strong> successo e timorosi di stravincere,<br />

avrebbero ridotto l'impegno, favorendo il ritorno dei tradizionalisti.<br />

I contrattacchi furono sferrati e anche questa volta dovettero<br />

essere molto duri, se il 13 ottobre sentì la necessità di scrivere ai<br />

« figli » che « il Concilio è fatto di uomini, con le loro debolezze e<br />

miserie » 61 , mentre il 6 si era limitato a dire che proseguiva la contrapposizione<br />

tra le « tesi più aperte e più conservative » 62 .<br />

Nella terza sessione <strong>Le</strong>rcaro si interessò di importanti problemi,<br />

mentre altri li ignorò. Il 28 settembre, adeguandosi alla maggioranza<br />

<strong>del</strong> Concilio, sollecitò un nuovo rapporto con il popolo ebreo<br />

e, sia pure indirettamente, chiese l'abrogazione <strong>del</strong>l'accusa di popolo<br />

deicida 63 . Significativo, invece, il silenzio che tenne sul problema<br />

dei rapporti con il marxismo. Il 20 ottobre si limitò a dire<br />

che occorreva approvare con sollecitudine il documento sui rapporti<br />

tra chiesa e mondo moderno, ma non appoggiò la fatica di quei<br />

padri che, secondo l'insegnamento giovanneo, volevano evitare una<br />

nuova condanna. Non desiderando, evidentemente, rifare i conti<br />

con il comunismo, non partecipò attivamente alla elaborazione <strong>del</strong>la<br />

Gaudium et spes, il documento conciliare finale che, ribadendo<br />

la distinzione giovannea tra l'errore e l'errante, ignorò la<br />

scomunica <strong>del</strong> 1949, facendola decadere 64 .<br />

Il 4 novembre intervenne, con un discorso che fece epoca, al<br />

dibattito sul rapporto tra la chiesa e la cultura moderna, anche se<br />

andò volutamente fuori tema per investire il problema dei rapporti<br />

tra chiesa e mondo moderno. Fu un discorso insolito, frutto <strong>del</strong>l'alto<br />

grado di elaborazione raggiunto dall'« officina bolognese » e<br />

in perfetta sintonia con quello sulla « chiesa dei poveri », <strong>del</strong> quale<br />

era il naturale sviluppo. Se aveva un difetto era quello di risentire,<br />

in maniera molto evidente, il modo di pensare di Dossetti, il quale<br />

non solo negava ogni forma di « cultura teologica », ma, come ha<br />

osservato Baget Bozzo, « non ha mai avuto passioni intellettuali in<br />

senso proprio » 65 .<br />

Quel discorso ebbe larghissimi consensi, ma anche dure critiche.<br />

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