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Le due anime del cardinale Lercaro

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zio di <strong>Le</strong>rcaro. Secondo le norme <strong>del</strong>la nuova costituzione liturgica<br />

conciliare, il rito venne concelebrato nella chiesa metropolitana dal<br />

<strong>cardinale</strong>, da Bettazzi, dal suo ex ausiliare Baroni, da Marcello Morgante<br />

vescovo di Ascoli Piceno e da Antonio Angioni ausiliare <strong>del</strong><br />

vescovo di Pisa, con la partecipazione attiva dei fe<strong>del</strong>i.<br />

Per <strong>Le</strong>rcaro era un doppio trionfo perché celebrava la messa in<br />

italiano e con la formula ideata da anni e perché, per poterla officiare<br />

per primo in Italia e nel mondo, aveva dovuto chiedere una<br />

spedale autorizzazione al papa, non essendo stata ancora promulgata<br />

la nuova costituzione liturgica. Quella concessione straordinaria<br />

era il premio per il contributo decisivo dato. Ma, com'era nel<br />

suo carattere, non si accontentò di vincere.<br />

All'omelia disse che « non era rosea la situazione liturgica in<br />

mezzo a noi quando la Provvidenza mi affidò la cura pastorale <strong>del</strong>la<br />

nostra Chiesa bolognese: non era rosea né qui, né fuori di qui,<br />

oserei dire in tutta o quasi tutta Italia ». Grazie alla mia riforma<br />

<strong>del</strong> 1955, lasciò intendere, le cose migliorarono a Bologna e, passo<br />

dietro passo, si è arrivati a quella conciliare 58 .<br />

La chiesa bolognese propone di proclamare<br />

santo Giovanni XXIII<br />

Quando lasciò Bologna per la terza sessione conciliare, nel settembre<br />

1964, <strong>Le</strong>rcaro sapeva quello che lo attendeva. Se non decisiva,<br />

quella sarebbe stata la più importante. La posta in gioco era<br />

troppo alta perché rinnovatori e tradizionalisti non tentassero di<br />

far compiere al Concilio quel salto che avrebbe potuto portarlo<br />

al punto di non ritorno o bloccarlo.<br />

Al termine <strong>del</strong>la seconda sessione, Dossetti, divenuto improvvisamente<br />

pessimista, aveva detto che gli innovatori avevano ottenuto<br />

il massimo. Secondo alcuni, invece, era possibile fare altri passi<br />

avanti, anche se non sarebbero mancate le resistenze. Dovevano<br />

essere forti davvero se l'8 ottobre <strong>Le</strong>rcaro sentì il bisogno di scrivere<br />

ai « figli » che, in un incontro privato con Suenens e Döpfner,<br />

era stato predisposto un piano per prevenire e sventare « ogni<br />

azione, anche legale, ma tendenziosa, contro la collegialità » 59 .<br />

Il giorno dopo successe il miracolo e il Concilio cominciò ad approvare,<br />

uno dopo l'altro, i capitoli <strong>del</strong> De Ecclesia con le proposte<br />

degli innovatori.<br />

La sera <strong>del</strong> 30 scrisse ai « figli » che era stata sconfitta « la<br />

parte arretrata » e che « Oramai il disegno <strong>del</strong>la Chiesa quale era<br />

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