Le due anime del cardinale Lercaro
Le due anime del cardinale Lercaro
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sola, ma considerata secondo <strong>due</strong> aspetti distinti » 51 .<br />
Con questa proposta, abbastanza audace, <strong>Le</strong>rcaro e i vescovi<br />
d'accordo con lui, miravano a superare talune posizioni che si erano<br />
affermate con la controriforma e che privilegiavano gli aspetti visibili<br />
<strong>del</strong>la chiesa, quello esterno, quello temporale e quello giuridico.<br />
Al contrario, andavano ricuperati e privilegiati gli aspetti invisibili,<br />
quello interno, quello spirituale e quello comunitario <strong>del</strong>la<br />
chiesa.<br />
Pochi giorni dopo, 1*11 ottobre, Bettazzi, parlando sulla collegialità<br />
<strong>del</strong>la chiesa, diede un altro grosso dispiacere ai tradizionalisti.<br />
Del tutto casualmente, intervenne subito dopo il vescovo supertradizionalista<br />
<strong>Le</strong>febvre, un fautore <strong>del</strong> regime « monarchico » per la<br />
chiesa e nemico dichiarato <strong>del</strong>la collegialità perché avrebbe provocato<br />
« una certa anarchia ». Al contrario Bettazzi affermò che la<br />
collegialità era il solo principio al quale avrebbe dovuto ispirarsi<br />
la chiesa. Anche il suo discorso era uscito dall'« officina bolognese ».<br />
Dopo aver reso omaggio al « primato <strong>del</strong> Papa, dicendosi anzi<br />
meravigliato che qualcuno possa pensare che nell'animo di quanti<br />
sostengono la collegialità possa nascondersi una fe<strong>del</strong>tà meno piena<br />
al Primato », sostenne « che la consacrazione episcopale conferisce<br />
tutte le potestà episcopali (non dunque solo quelle sacramentali), e<br />
che in virtù di questa consacrazione si diventa membri, ipso jure<br />
divino, per diritto divino, <strong>del</strong> corpo episcopale ». Aggiunse « che<br />
tale dottrina non solo è ortodossa, ma è, più ancora, la dottrina<br />
teologica "romana" più tradizionale ». Per prevenire accuse di eresia,<br />
disse che « Si tratta infatti di una dottrina che non evoca spettri<br />
di deviazioni anglicane, gianseniste, conciliariste o antiromane,<br />
ma è tesi sostenuta proprio dai principali e più autorevoli fautori<br />
<strong>del</strong> primato romano ».<br />
Perché non ci fossero dubbi, infilò una lunga serie di citazioni<br />
di autorevoli canonisti, tre dei quali assurti alla cattedra di Pietro.<br />
Tutti avevano in comune il concetto che i vescovi, essendo membri<br />
<strong>del</strong> corpo episcopale, « hanno collegialmente sovrana potestà sulla<br />
Chiesa universale indistintamente col Papa capo <strong>del</strong> loro collegio<br />
e l'hanno in vigore <strong>del</strong>la loro consacrazione... per diritto divino ».<br />
Concludendo, si permise una garbata ironia verso i tradizionalisti,<br />
dicendo che « non sono "novatori" i sostenitori di questa tesi, ma<br />
semmai lo sarebbe chi sostenesse il contrario » 52 .<br />
Dopo una lunga e agitata discussione, il 30 ottobre il Concilio,<br />
a larga maggioranza, approvò il capitolo <strong>del</strong> De Ecclesia relativo<br />
alla sacramentalità e collegialità dei vescovi. Fu un'altra vittoria<br />
degli innovatori, riusciti a far trionfare il concetto secondo il<br />
quale il potere dei vescovi è <strong>del</strong>egato loro dal papa, ma deriva di-<br />
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