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Le due anime del cardinale Lercaro

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in sintonia con il predecessore. Si chiedeva anche se un nuovo orientamento<br />

conciliare avrebbe spento le speranze suscitate dall'inizio<br />

<strong>del</strong> dibattito. Così come non si nascondeva che la scelta <strong>del</strong> nuovo<br />

papa sarebbe stata determinante per le decisioni finali.<br />

Di qui la necessità di preparare la successione, indicando un uomo<br />

capace di garantire la continuità <strong>del</strong> disegno giovanneo. Come nel<br />

1958, quando era necessario trovare un candidato in sintonia con<br />

il pontificato pacelliano, ora occorreva eleggere un uomo capace<br />

di difendere la linea e lo spirito <strong>del</strong> Concilio e di concluderlo. Nel<br />

1958 si era sentito vocato, quasi chiamato a quella successione.<br />

Ora, erano molti in Italia e nel mondo a considerarlo papabile.<br />

Quando morì Giovanni XXIII — il 3 giugno 1963, dopo quattro<br />

anni e sette mesi di pontificato — da più parti <strong>Le</strong>rcaro venne indicato<br />

come il nuovo papa. Doveva esserne convinto anche lui se,<br />

forse per prudenza, quando pronunciò l'orazione funebre <strong>del</strong>lo<br />

scomparso, mise l'accento più sul « papa buono » che non sul<br />

« papa <strong>del</strong> Concilio ».<br />

Quella che si tenne la sera <strong>del</strong> 4 giugno, nella chiesa di S. Petronio,<br />

fu una manifestazione insolita e rivelatrice <strong>del</strong> nuovo clima<br />

che si andava formando sotto le Due torri. Ad ascoltarlo non erano<br />

intervenute le solite autorità governative e militari, che ne avevano<br />

l'obbligo. In prima fila sedevano il sindaco Dozza e l'assessore provinciale<br />

alla cultura, il socialista Carlo Maria Badini. Si trattava di<br />

una presenza significativa e insolita, perché era la prima volta che<br />

la curia invitava ufficialmente a una cerimonia religiosa gli amministratori<br />

« rossi » <strong>del</strong> Comune e <strong>del</strong>la Provincia.<br />

Quell'incontro fu importante anche per un altro particolare che<br />

sfuggì all'attenzione dei più. Prima di accostarsi all'altare, <strong>Le</strong>rcaro<br />

passò davanti alle autorità. Sostò un attimo di fronte a Dozza e<br />

piegò leggermente il capo in segno di saluto. Prontissimo, il sindaco<br />

gli restituì il saluto con un altro cenno <strong>del</strong> capo. Anche se quel<br />

gesto non significava ancora la pace, era importante che <strong>Le</strong>rcaro<br />

— che gli aveva tolto il saluto nel 1956 — avesse iniziato una<br />

cauta marcia di avvicinamento.<br />

Il sindaco, il rappresentante <strong>del</strong>la Provincia e gli alti gradi <strong>del</strong>lo<br />

stato erano lì non solo e non tanto per partecipare alla commemorazione<br />

<strong>del</strong> papa defunto, quanto per ascoltare il discorso programmatico<br />

di quello che veniva indicato come il naturale successore.<br />

La mattina <strong>del</strong> 12 giugno, quando entrò nell'atrio <strong>del</strong>la stazione,<br />

diretto a Roma per il conclave, fu accolto da tutte le autorità cittadine<br />

e da un picchetto militare in armi. La cerimonia, riservata<br />

alle alte autorità <strong>del</strong>lo stato, non fu propiziatoria. Ancora una<br />

volta, come nel 1958, partì papa per tornare <strong>cardinale</strong>.<br />

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