Le due anime del cardinale Lercaro
Le due anime del cardinale Lercaro
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confermò il 23 dicembre, in S. Pietro, quando rese conto ai fe<strong>del</strong>i<br />
<strong>del</strong> proprio operato.<br />
Per prima cosa si preoccupò di indicare le linee lungo le quali<br />
si andava sviluppando il Concilio, nel pieno rispetto <strong>del</strong>lo spirito e<br />
<strong>del</strong> pensiero di Giovanni XXIII. I padri conciliari, disse, non si<br />
propongono « la condanna di errori, né la definizione solenne di<br />
qualche verità, ma la proposizione <strong>del</strong>la eterna verità <strong>del</strong> Vangelo<br />
al mondo di oggi in un linguaggio tale che gli uomini <strong>del</strong> nostro<br />
tempo possono comprenderlo e accoglierlo ». E questo per « instaurare<br />
col mondo di oggi un dialogo fecondo » con un « linguaggio<br />
che non sia solo comprensibile, ma tale da consentire il colloquio ».<br />
<strong>Le</strong>rcaro difese apertamente quella scelta, anche se fatta in contrasto<br />
con quei padri che avevano manifestato « la preoccupazione<br />
di conservare una tradizione collaudata da uso secolare e quindi<br />
ferma sul mantenimento inalterato <strong>del</strong>le forme liturgiche ». Ma la<br />
nuova strada non era priva di pericoli. « Nel campo nostro poi, »<br />
disse, riferendosi ai vescovi innovatori « soprattutto per il campo<br />
biblico o esegetico l'opposizione era tra il timore di aprire le porte<br />
all'eresia...; e il timore di chiuderle alla legittima ricerca scientifica»<br />
41 . Ma esisteva un altro timore ancora che il <strong>cardinale</strong> aveva<br />
evitato accuratamente di indicare: quello di attirarsi automaticamente<br />
l'ostilità <strong>del</strong>la curia romana, perché gli studiosi biblici sono<br />
sempre stati considerati degli antiromani e degli antisistematici.<br />
Con questo discorso, scritto da Dossetti, <strong>Le</strong>rcaro dimostrò di<br />
essersi messo lungo una strada che sarebbe stata senza ritorno. La<br />
sua adesione alla linea giovannea era piena e totale. Venendo a<br />
contatto con la realtà <strong>del</strong>le grandi chiese europee e con quella tragica<br />
in cui operavano le chiese <strong>del</strong> terzo mondo e <strong>del</strong>l'America<br />
latina, si era convinto <strong>del</strong>la necessità assoluta di una profonda riforma<br />
ecclesiale.<br />
Nei pochi mesi <strong>del</strong> Concilio era avvenuta in lui una trasformazione<br />
profonda, quasi un miracolo, che lo aveva totalmente rinnovato.<br />
Ora, anche se lo avesse voluto, non avrebbe più potuto tornare<br />
indietro. Il suo destino si era compiuto il 6 dicembre quando<br />
— intervenendo per la terza volta nella discussione — parlò <strong>del</strong>la<br />
« chiesa dei poveri ».<br />
Da quel momento non venne più considerato come il vescovo di<br />
un'importante diocesi, nella quale era stata attuata una importante,<br />
anche se piccola, riforma liturgica, ma il vero e unico rappresentante<br />
<strong>del</strong>le chiese povere <strong>del</strong> terzo mondo, le quali gli affidavano<br />
la difesa <strong>del</strong>la loro causa, i loro problemi, le loro speranze. Non<br />
aveva ancora preso piena consapevolezza <strong>del</strong> ruolo di guida <strong>del</strong>la<br />
riforma liturgica, che ne assumeva un altro ancora più importante.<br />
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