Quando lavorare non nobilita - Santuario della Guardia

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02.06.2013 Views

scrivere e rispondere 4 “Supporre” senza verificare... Ahi! Ahi! Egregio Monsignore, un povero signore rimasto vedovo cerca compagnia di un uomo che lo accompagni a fare una passeggiata. Non può andare solo anche se cammina discretamente poiché soggetto a svenimenti e quindi deve essere sorretto da braccia robuste. Un altro della mia cerchia cerca solo compagnia, un circolo anche cattolico dove possa trovare da scambiare qualche frase. La sua solitudine è tale che parla col registratore e risponde alla sue stesse domande confortandosi appena un po’. Telefonato a varie parti per entrambi si sono avute solo risposte consolatorie. Non potrebbe la sua rivista pubblicare un elenco di chi può ovviare? Possibile che i soli debbano restare sempre più soli sino alla nevrosi o al suicidio? Sono anche persone interessanti, con una certa cultura e molto educati. E non vorrebbero mettersi in mani disoneste. E assolutamente privi di vizi, per giunta. Maurizio Silvestri – Sampierdarena N.B. C’è anche da considerare che anche il prete è un uomo solo. Pensiamo che la fede non basti per salvarlo da nevrosi, in non pochi casi. Com’è triste la Chiesa cattolica che relega uomini vigorosi in astinenze celibatarie che sfociano verso manipolazioni e talora verso la pedofilia come si evince dai discorsi dello stesso Papa. Forse anche lei piange, o velatamente soffre, quando chiude la porta della sua stanza personale con un letto sfatto davanti. Una parola di conforto anche per lei che pure è assistito dall’assistenza clericale (o così si suppone). Ma sa che lei è un bel tipo!? Mi vuole spiegare da dove si “evince” che il Papa accosterebbe le “astinenze celibatarie” ai casi di pedofilia? E inoltre... Quando mai io – o altri preti – saremmo assistiti dall’“assistenza clericale” (?!)... Come fa a dire (lei dice che “si suppone”) che anch’io – poverino – piango, quando chiusa la porta della camera, mi trovo un letto sfatto davanti? Io non mi sento certo un eroe, ma, grazie a Dio, non ho mai pianto per le mie scelte celibatarie. Non le sembra di essere un po’ avventato a parlare così – supponendo... – di cose che, evidentemente, le sono totalmente estranee? Boh!? È proprio divertente, la cosa. Quanto al caso della solitudine dei suoi amici... è vero, è molto vero, è uno dei malanni più gravi della società moderna. Parlo della solitudine dei così detti “single”, soprattutto se anziani, ma anche quella – ancora più triste e grave – di molti che sono “soli di fatto” pur vivendo insieme ad altri sotto lo stesso tetto. Quanti ho incontrato “terribilmente soli” – e che sofferenza!! – pur sposati e accasati con tanto di mariti, mogli, figli e conoscenti vari! Si è mai chiesto cosa determina il fenomeno della ricerca spasmodica di un... “partner comunque”? La “solitudine” di chi naviga in internet, di chi ha “bisogno” di un partner e lo trova nell’animale domestico, di chi – come lei mi dice – arriva a parlarsi e rispondersi da solo a mezzo di un registratore? “Gli manca la parola”, qualche volta si dice del cane e del gatto... Ma questa, non è solo una figura “compensativa” di altre “presenze” che dovrebbero esserci o con le quali ci si dovrebbe relazionare? Individuata l’ampiezza e la gravità del fenomeno, quale soluzione si prospetta? Un detto popolare dice che, anche in questo caso, “ce n’è per l’asino e per chi lo mena”. Noi stessi, cresciuti in tranquilla, scontrosa ed egoistica solitudine, al momento opportuno, pretenderemmo la compagnia e, per di più... una compagnia a nostra misura. Ci sono mille e più occasioni di socializzazione, ci sono migliaia di persone dedicate a un serio volontariato in merito. Sono presenze ancora insufficienti o sono inadeguate alle attese dei pretendenti? Le racconterò un fatterello che mi capitò quand’ero parroco. Visita e benedizione pasquale alle famiglie... quartiere popolare... un palazzo abitato da persone pensionate benestanti, molte vedove e sole. Grande e gentilissima accoglienza da parte di tutte (persone da me conosciute e in ottimi rapporti personali...). Sul pianerottolo, al V piano del civ. X di via Y, convergono 5 interni, abitati da cinque signore in buona età, tutte vedove, benestanti e sole. È una litania che si ripete, identica, in ogni casa: “Grazie a Dio sto bene, ma sono tanto sola!...” Alla quinta “lagnanza”, mi fermo, chiedo alla signora di lasciare un attimo la porta aperta che sarei tornato subito. Ritorno dalle altre 4, suono e chiedo loro di portarsi sull’uscio di casa. Lo fanno, incuriosite. Quando tutte si vedono in faccia, dal mezzo del pianerottolo dico loro, sorridendo, che... se d’ora in poi, tutti i giorni ad ora convenuta, non si incontreranno in casa di una di loro per giocare a carte e prendersi insieme il tè... le avrei scomunicate! Risatina imbarazzata e tutto finì lì. Non finirono le lagne sulla loro solitudine...! Caro amico, tutto si può organizzare meglio ancora, ma... dobbiamo imparare a vivere da fratelli da sempre. Farlo a ottant’anni... è tanto difficile! Un premio per chi ci prova e chi ci riesce! Pago io!

Negata l’assoluzione!? E per che cosa? Rilievo familiare. Mio figlio è andato a confessarsi in San Lorenzo e – come mi diceva con tristezza – non è stato assolto perché non frequenta la Messa domenicale. Era molto avvilito e forse non ripeterà più, anche se è un buon cristiano ma trova le Messe troppo noiose e ripetitive. Che fare? Tre domande brevi. Veda lei. Cordialità. M. S. Ha ragione suo figlio. Moltissime delle nostre Messe domenicali sono “sempre le stesse e... di una noia infernale”! Ragione sufficiente – e non solo per i ragazzi – per disertarle e fare dell’altro? Non sono gli schemi della vita di ciascuno, in genere, ripetitivi e a rischio di noia? Quante evasioni di ogni tipo per “divertirsi” e scappare dalla noia di una vita “sempre la stessa”? È così che si deve fare? Fuggire invece che affrontare il “perché” e “come” vivere? Non c’è da meravigliarsi se – avendo insistito sul “dovere” Messa festiva e sul “peccato” del suo tralasciarla piuttosto che sulla comprensione del valore della stessa e sul suo diretto e determinante rapporto con la vita – ora molti provano disaffezione e voglia di sostituirla con altro più interessante. Se questo lo fa un ragazzo, non è ancor più comprensibile? Il bravo confessore che valuta a occhi chiusi e applica una norma oggettiva, farà un buon sevizio alla Fede in genere e, soprattutto, alla crescita della fede di quel ragazzo? A noi confessori è stato insegnato che non si da in morale una “gradualità della legge”, ma che comunque è doverosa la “legge della gradualità”, non potendosi dare “responsabilità” se non risponde mons. marco granara, rettore del santuario rettore@santuarioguardia.it nella “gravità della materia”, nella “piena avvertenza” e “nel consenso deliberato”. Dov’è mai tutto questo nel cristiano medio, ignorante di tutto questo e da sempre solo “obbligato”, pena il peccato e l’inferno, ad assolvere a un dovere partecipando a un “rito avulso dalla vita”? “Meno Messe e più Messa” è stato detto e scritto autorevolmente. Oggi diremmo: “Meno imposizioni gratuite e più catechesi seria” altro che negazioni e scomuniche! Non so se quanto mi riferisce avviene in San Lorenzo – mi rimetto a lei – ma, se così è, sarebbe solo un aggravante da segnalare, lasciandone la non facile soluzione a chi è responsabile della cosa. “La gente ha smesso di farsi domande”... È vero? Le riporto questa considerazione. Si è tenuto a Parigi nelle settimane scorse l’incontro inaugurale de “Il Cortile dei Gentili”, iniziativa di dialogo tra credenti e non credenti promosso a livello internazionale dal Card. Gianfranco Ravasi e auspicato dallo stesso Papa. Gli studiosi partecipanti si sono chiesti quali risposte siano attese dalle persone oggi ma si sono trovati d’accordo nel concludere che il vero problema è che la gente ha smesso di farsi domande. Qual’ è la sua opinione e esperienza in merito? Quanti salgono ancora alla Guardia con qualche domanda nel cuore? Mirko R. – Milano Cessano le domande quando cessa il bisogno. Sempre. L’autosufficiente – o chi si crede tale – crede di non aver bisogno di nessuno. Generazioni di persone, educate alla soddisfazione materiale dei bisogni e ridotte a “consumatrici di cose”, almeno fin che credono sufficiente tutto questo, sembrano sature. Ma, come le definiva Papa Giovanni Paolo II, erano poi “sature e disperate”. Fin che non si toccano almeno certi margini della disperazione, non ci saranno vere domande nella direzione giusta. Ultima spiaggia di questo tipo di ricerca, per la nostra generazione, è il nichilismo (quel “niente vale niente”) di una società che si credeva autosufficiente e non è capace di un atto di umiltà per riconoscere che così non è. Ed ora, l’esperienza del Santuario della Guardia... Sono sempre di più le “domande di fondo” – spesso ancora indecifrate e confuse – che portano molti pellegrini al nostro Santuario e ai suoi “confessionali”. Qui, spesso il confessore sembra essere chiamato ad essere sociologo e psicologo, prima che benevolo e accogliente riconciliatore nel nome di quel Dio – dimenticato o esplicitamente escluso da molti – che invece ha saputo aspettare questo tempo di libera “domanda di Lui” da parte dei suoi figli. È il momento della Grazia. Si intravvede – e lo dico con felice cognizione di causa – che il fenomeno, da individuale e circoscritto, può diventare tosto di massa. Ma noi, siamo pronti ad individuare, intercettare, rispondere a queste esigenze? Risponderemo con risposte “serie” o stiamo rispondendo con “tamponamenti emozionali”, quasi “farmaci dello spirito del momento” che sembrano lenirti il male lì per lì, ma non te lo tolgono dal cuore? Spesso l’uomo moderno preferisce essere “emozionato” più che “maturato e convinto”. Non fa così anche con i malesseri fisici? Un farmaco e via... Non è questo il modo di prendere sul serio le domande serie. Una bella responsabilità, la nostra! 5

Negata<br />

l’assoluzione!?<br />

E per che cosa?<br />

Rilievo familiare. Mio figlio è andato<br />

a confessarsi in San Lorenzo<br />

e – come mi diceva con tristezza –<br />

<strong>non</strong> è stato assolto perché <strong>non</strong> frequenta<br />

la Messa domenicale. Era<br />

molto avvilito e forse <strong>non</strong> ripeterà<br />

più, anche se è un buon cristiano<br />

ma trova le Messe troppo noiose e<br />

ripetitive. Che fare? Tre domande<br />

brevi. Veda lei. Cordialità.<br />

M. S.<br />

Ha ragione suo figlio. Moltissime<br />

delle nostre Messe domenicali sono<br />

“sempre le stesse e... di una noia infernale”!<br />

Ragione sufficiente – e <strong>non</strong><br />

solo per i ragazzi – per disertarle e<br />

fare dell’altro? Non sono gli schemi<br />

<strong>della</strong> vita di ciascuno, in genere, ripetitivi<br />

e a rischio di noia? Quante<br />

evasioni di ogni tipo per “divertirsi”<br />

e scappare dalla noia di una<br />

vita “sempre la stessa”? È così che<br />

si deve fare? Fuggire invece che affrontare<br />

il “perché” e “come” vivere?<br />

Non c’è da meravigliarsi se – avendo<br />

insistito sul “dovere” Messa festiva<br />

e sul “peccato” del suo tralasciarla<br />

piuttosto che sulla comprensione del<br />

valore <strong>della</strong> stessa e sul suo diretto<br />

e determinante rapporto con la vita<br />

– ora molti provano disaffezione e<br />

voglia di sostituirla con altro più interessante.<br />

Se questo lo fa un ragazzo,<br />

<strong>non</strong> è ancor più comprensibile? Il<br />

bravo confessore che valuta a occhi<br />

chiusi e applica una norma oggettiva,<br />

farà un buon sevizio alla Fede<br />

in genere e, soprattutto, alla crescita<br />

<strong>della</strong> fede di quel ragazzo? A noi<br />

confessori è stato insegnato che <strong>non</strong><br />

si da in morale una “gradualità <strong>della</strong><br />

legge”, ma che comunque è doverosa<br />

la “legge <strong>della</strong> gradualità”, <strong>non</strong> potendosi<br />

dare “responsabilità” se <strong>non</strong><br />

risponde mons. marco granara, rettore del santuario<br />

rettore@santuarioguardia.it<br />

nella “gravità <strong>della</strong> materia”, nella<br />

“piena avvertenza” e “nel consenso<br />

deliberato”. Dov’è mai tutto questo<br />

nel cristiano medio, ignorante di<br />

tutto questo e da sempre solo “obbligato”,<br />

pena il peccato e l’inferno, ad<br />

assolvere a un dovere partecipando a<br />

un “rito avulso dalla vita”? “Meno<br />

Messe e più Messa” è stato detto e<br />

scritto autorevolmente. Oggi diremmo:<br />

“Meno imposizioni gratuite e<br />

più catechesi seria” altro che negazioni<br />

e scomuniche!<br />

Non so se quanto mi riferisce avviene<br />

in San Lorenzo – mi rimetto a lei –<br />

ma, se così è, sarebbe solo un aggravante<br />

da segnalare, lasciandone la<br />

<strong>non</strong> facile soluzione a chi è responsabile<br />

<strong>della</strong> cosa.<br />

“La gente<br />

ha smesso di<br />

farsi domande”...<br />

È vero?<br />

Le riporto questa considerazione.<br />

Si è tenuto a Parigi nelle settimane<br />

scorse l’incontro inaugurale de “Il<br />

Cortile dei Gentili”, iniziativa di<br />

dialogo tra credenti e <strong>non</strong> credenti<br />

promosso a livello internazionale<br />

dal Card. Gianfranco Ravasi e auspicato<br />

dallo stesso Papa. Gli studiosi<br />

partecipanti si sono chiesti quali<br />

risposte siano attese dalle persone<br />

oggi ma si sono trovati d’accordo<br />

nel concludere che il vero problema<br />

è che la gente ha smesso di farsi<br />

domande. Qual’ è la sua opinione e<br />

esperienza in merito? Quanti salgono<br />

ancora alla <strong>Guardia</strong> con qualche<br />

domanda nel cuore?<br />

Mirko R. – Milano<br />

Cessano le domande quando cessa<br />

il bisogno. Sempre. L’autosufficiente<br />

– o chi si crede tale – crede di <strong>non</strong><br />

aver bisogno di nessuno. Generazioni<br />

di persone, educate alla soddisfazione<br />

materiale dei bisogni e ridotte a<br />

“consumatrici di cose”, almeno fin<br />

che credono sufficiente tutto questo,<br />

sembrano sature. Ma, come le definiva<br />

Papa Giovanni Paolo II, erano<br />

poi “sature e disperate”. Fin che<br />

<strong>non</strong> si toccano almeno certi margini<br />

<strong>della</strong> disperazione, <strong>non</strong> ci saranno<br />

vere domande nella direzione giusta.<br />

Ultima spiaggia di questo tipo di ricerca,<br />

per la nostra generazione, è il<br />

nichilismo (quel “niente vale niente”)<br />

di una società che si credeva autosufficiente<br />

e <strong>non</strong> è capace di un atto di<br />

umiltà per riconoscere che così <strong>non</strong><br />

è. Ed ora, l’esperienza del <strong>Santuario</strong><br />

<strong>della</strong> <strong>Guardia</strong>... Sono sempre di più le<br />

“domande di fondo” – spesso ancora<br />

indecifrate e confuse – che portano<br />

molti pellegrini al nostro <strong>Santuario</strong> e<br />

ai suoi “confessionali”. Qui, spesso il<br />

confessore sembra essere chiamato ad<br />

essere sociologo e psicologo, prima che<br />

benevolo e accogliente riconciliatore<br />

nel nome di quel Dio – dimenticato<br />

o esplicitamente escluso da molti –<br />

che invece ha saputo aspettare questo<br />

tempo di libera “domanda di Lui” da<br />

parte dei suoi figli. È il momento <strong>della</strong><br />

Grazia. Si intravvede – e lo dico con<br />

felice cognizione di causa – che il fenomeno,<br />

da individuale e circoscritto,<br />

può diventare tosto di massa. Ma noi,<br />

siamo pronti ad individuare, intercettare,<br />

rispondere a queste esigenze?<br />

Risponderemo con risposte “serie” o<br />

stiamo rispondendo con “tamponamenti<br />

emozionali”, quasi “farmaci<br />

dello spirito del momento” che sembrano<br />

lenirti il male lì per lì, ma <strong>non</strong><br />

te lo tolgono dal cuore? Spesso l’uomo<br />

moderno preferisce essere “emozionato”<br />

più che “maturato e convinto”.<br />

Non fa così anche con i malesseri fisici?<br />

Un farmaco e via... Non è questo il<br />

modo di prendere sul serio le domande<br />

serie. Una bella responsabilità, la<br />

nostra!<br />

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