Quando lavorare non nobilita - Santuario della Guardia

Un’esperienza “unica”, tutta nello spirito
delle origini del Santuario, opera di diversi
“gruppi di uomini semplici” che hanno imparato da Pareto
a mettersi insieme per solidarizzare intorno a queste
semplici “costruzioni murarie” , simbolo di
un’umanità un tempo frastagliata e divisa
e gradualmente rimessasi insieme con passione
encomiabile. Dai sassi... sta nascendo
davvero una nuova umanità. È quello che voleva
Maria. È quello che, in coerenza, vorremmo noi. Chi
sa se questi elenchi di “cose antiche” – alcune
forse scomparse – potrebbero far “rimettere
insieme” altri “gruppi” di uomini capaci di
faticare insieme e di sognare insieme un futuro
diverso?
E, se questi stessi manufatti antichi – i “perdoni”
o le Cappelle della Guardia – avessero
bisogno che qualcuno se ne prenda cura
per un recupero? Non si tratta solo di tenere
in piedi un pezzo di storia che rischia il degrado,
ma di “mettere insieme altri gruppi”
capaci di ricostruire coscienze e maturità di
ideali... Sotto, a chi se la sente!
Il testo che segue è preso da un “bollettino della
Guardia” del passato. L’autore è un certo Don
Bruzzo. È il 30 aprile 1897.
“A poco a poco il santuario diventa riferimento alla
fede degli abitanti di borghi e paesi tutt’intorno,
coltivata in modo particolare dalla preghiera dello
sguardo. Ne sono segno le centinaia di “perdoni”
costruiti nei secoli, e con particolare abbondanza
nell’Ottocento.
Diconsi ‘perdoni’ certi punti delle strade, o sui
monti o nelle valli, ove il viandante con una preghiera
saluta la Vergine SS., del cui Santuario godesi
comunemente la vista. Se si è in comitiva, basta che
uno dei compagni dia il segnale collo scoprirsi il
capo: ed allora si troncano i discorsi, si mormora o
una Salve Regina o un’Ave e si prosegue poi il cammino
e si ripigliano gli interrotti discorsi”.
Così, sul settimo numero del bollettino al suo primo
anno di vita, venivano defi nite le molte piccole
edicole che accompagnavano il cammino dei pellegrini
verso la vetta. Avevano funzione di invito alla
sosta e al riposo, specialmente per i contadini. Sul
muricciolo costruito o a lato o di fronte, essi potevano
appoggiare il loro carico e riprendere fi ato. I
perdoni erano di tre tipi.
+ Un primo è costituito da “piccole cappellette
con un cancello o in ferro o in legno, entro alle
quali si osserva o un quadro o una statuetta della
II
I “perdoni” a N.S
Madonna. Pende talvolta dall’alto una piccola lampada
e sotto al quadro si osservano sempre vasi di
fi ori ora artifi ciali, ora, e più comunemente, naturali,
offerti alla Vergine. Hanno in generale una cassetta
per raccogliervi le elemosine in denaro offerte
dai fedeli”.
+ Un secondo è formato semplicemente da “colonne
o prismi quadrilateri più o meno alti e regolari,
posti o agli svolti delle stradicciuole o lungo le
stesse. In cima entro una cavità più o meno grande
e più o meno chiusa, portano o qualche quadro o
qualche statuetta della Madonna”.
I primi sono più frequenti nell’abitato, presso le
case dei contadini, i secondi in luoghi aperti e in
piena campagna.
+ I perdoni della terza specie “non sono segnati
da alcuna traccia esterna. La tradizione costante li
indica. È un punto o più prominente o più aperto,
dal quale si scorge il Santuario e basta essere giunti
a quello per credersi obbligati a recitare la preghiera.
Questi perdoni sono esclusivamente fuori
dell’abitato, sugli alti monti, ai valichi da una all’altra
vallata, da una ad altra costiera”.
Essi attestano la devozione popolare radicata e
diffusa.
Don Bruzzo elenca molti perdoni.
Eccone qui sotto un sintetico elenco:
– nel territorio della parrocchia di Casanova e della
sua succursale di Trensasco;
– venendo dal paese di Pino;
– in località ù Cian (per vederlo bisogna partire
dalla Torrazza e andare a Caèga);
– in località Ronca;
– verso Trensasco sulla costa della Sèra;
– in località ’o Vigo;
– nella Strinà;
– in località i Campi;
– muovendo dalla Torrazza verso il Peralto;
– in Villa Nòva.
Don G.B. Bruzzo prosegue integrando l’argomento:
“Venendo al di là della catena delle montagne che
circondano la nostra Provincia, nel punto d’ogni
via in cui cominciasi a vedere il Santuario di Nostra
Signora, vi è a Lei il perdono:
– così venendo dall’Acquasanta a S. Carlo di
Cese;
– venendo dalle Capanne di Marcarolo verso
Torbi;
– venendo dalle Praggie verso Paravanico;
– venendo dai grandi laghi dell’acquedotto