Quando lavorare non nobilita - Santuario della Guardia
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Lavorare oggi<br />
to un robot!<br />
responsabilità addosso!” “Esattamente”.<br />
Metà mattinata, faccio un<br />
giro e mi accorgo di quanta<br />
gente sta per strada e penso:<br />
“Però, ce n’è di gente che <strong>non</strong> fa<br />
niente!”. Disoccupati, precari,<br />
pensionati. Un micro-cosmo<br />
di persone. Allora mi torna in<br />
mente una ragazza conosciuta<br />
tempo fa. Laureata, la defi -<br />
nirei “cervello in fuga all’estero”,<br />
come altri che ho avuto<br />
modo e fortuna di conoscere.<br />
Ragazzi che hanno fatto la<br />
scelta estera per il solo motivo<br />
che al di fuori del nostro<br />
paese le opportunità per<br />
questi lavoratori specializzati<br />
sono maggiori, come maggiori<br />
sono le possibilità anche di<br />
riconoscimenti adeguati ai<br />
risultati ottenuti. “Non ti è<br />
pesato andare via dal tuo paese?<br />
I tuoi affetti, i tuoi amici?”<br />
“Certo - mi risponde - mi è<br />
dispiaciuto lasciare qui il mio<br />
fi danzato, ho passato diversi<br />
anni lontano da casa e alcune<br />
volte mi è pesato. Ma…” “Ma<br />
sei arrabbiata, delusa?” “Non<br />
ce l’ho con chissà chi, è semplicemente<br />
una presa di coscienza<br />
che qui <strong>non</strong> ho trovato l’oppor-<br />
tunità giusta, il posto giusto, le<br />
persone giuste. Mi hanno fatto<br />
un’offerta buona e l’ho accettata.<br />
Ho lavorato con tedeschi,<br />
indiani, francesi, svizzeri. Una<br />
bellissima esperienza”. “Beata<br />
te che hai trovato la tua strada e<br />
ti è piaciuta, <strong>non</strong> come molti che<br />
pur di <strong>lavorare</strong> accettano compromessi”,<br />
penso fra me. La saluto<br />
e le auguro buona fortuna. Ritorno<br />
a pensare all’amico ed<br />
al suo colloquio. mi vengono<br />
in mente altri, i miei parenti e<br />
genitori. Ciascuno con le sue<br />
esperienze, le sue prove e le<br />
sue ambizioni.<br />
È cambiato il mondo del<br />
lavoro? Se sì, come?<br />
Non conosco nessuno che dia<br />
una risposta esaustiva, ma ciascuna<br />
delle persone con cui<br />
ho parlato mi ha fornito un<br />
tema diverso ed unico. Mestieri<br />
alienanti ma necessari.<br />
Guidare per ore nel traffi co<br />
cittadino un autobus di dodici<br />
metri e pesante svariate<br />
tonnellate nelle ore di punta.<br />
Un delirio di rumori, smog e<br />
altro. Oppure stare allo sportello<br />
di una fi liale delle poste<br />
dove ogni giorno centinaia<br />
di persone ti sfi orano appena<br />
osservatorio<br />
e mugugnano perché <strong>non</strong> si<br />
è mai abbastanza veloci nello<br />
smaltire le pratiche. O ancora<br />
scaricare container dall’alto<br />
di una gru o dal basso di una<br />
banchina attenti a <strong>non</strong> farsi<br />
male e a <strong>non</strong> danneggiare il<br />
carico. E di esempi ne ho in<br />
mente mille altri. Eppure…<br />
Eppure il lavoro ci appartiene<br />
e ci caratterizza in tutti i<br />
sensi; almeno un’ora (o più)<br />
per giungere al lavoro dove<br />
passerai le successive otto<br />
ore, un terzo <strong>della</strong> giornata,<br />
insieme a colleghi simpatici<br />
e antipatici, ruffi ani e poco<br />
capaci, in gamba e preparati,<br />
capi che detesti e che stimi.<br />
Affronti il tuo lavoro ogni<br />
giorno sognando qualcosa<br />
di meglio, magari più soldi<br />
o più soddisfazioni. Ma sono<br />
questi fattori ambientalipersonali,<br />
la crisi, o altro che<br />
hanno cambiato il lavoro o la<br />
nostra percezione del lavoro?<br />
Non riesco a darmi un’unica<br />
risposta, ma per contrasto<br />
si rinnova in me la certezza<br />
che, ancora oggi, il lavoro è<br />
una fonte di situazioni di vita<br />
personale sempre ricca che va<br />
alimentata in ogni momento.<br />
Questo l’ho capito.<br />
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