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Il testo narrativo - Geografia per la scuola primaria e dell'infanzia

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<strong>Il</strong> <strong>testo</strong> <strong>narrativo</strong>:<br />

che cos'è e come si legge<br />

Ogni singolo <strong>testo</strong> ha caratteristiche sue proprie: è, infatti, il frutto di precise scelte<br />

linguistiche ed espressive che l'emittente compie in rapporto al<strong>la</strong> funzione che affida al <strong>testo</strong>.<br />

Nelle pagine seguenti analizzeremo il <strong>testo</strong> <strong>narrativo</strong>, quel <strong>testo</strong> cioè che si propone<br />

principalmente di esporre dei fatti - veri o inventati, ma sempre verosimili - non <strong>per</strong> fare una<br />

semplice "cronaca" di eventi, ma <strong>per</strong> mettere in evidenza le passioni, le aspirazioni e i<br />

desideri che sono al<strong>la</strong> base del<strong>la</strong> vita degli uomini e delle loro azioni e ciò allo scopo di<br />

procurare al destinatario - ascoltatore o lettore - il piacere di seguire lo sviluppo dei fatti in sé<br />

e <strong>per</strong> sé e in rapporto al modo in cui sono esposti.<br />

Fiaba o novel<strong>la</strong>, racconto o romanzo, il <strong>testo</strong> <strong>narrativo</strong>, come tutti i testi letterari nel<strong>la</strong> cui<br />

categoria rientra, non ha <strong>la</strong> struttura rigida e chiusa dei testi argomentativi di carattere<br />

scientifico o tecnico e non ha neppure <strong>la</strong> caratteristica dei testi informativi, come i resoconti<br />

di viaggi, <strong>la</strong> descrizione di luoghi, gli avvisi, le re<strong>la</strong>zioni e i verbali: anch'esso, <strong>per</strong>ò, ha sue<br />

strutture e suoi ritmi espositivi partico<strong>la</strong>ri. Proprio di queste cose intendiamo occuparci <strong>per</strong><br />

stabilire che cosa è e come funziona un <strong>testo</strong> <strong>narrativo</strong>, allo scopo di facilitare <strong>la</strong> lettura e <strong>la</strong><br />

comprensione di racconti, novelle, fiabe e romanzi.<br />

In tutte le epoche e in tutti i luoghi del<strong>la</strong> Terra, l'uomo ha sentito il bisogno di narrare, cioè di<br />

raffigurare, mediante un partico<strong>la</strong>re linguaggio, fatti, <strong>per</strong>sonaggi e situazioni reali o<br />

immaginari oppure di proiettare fuori di sé il proprio mondo interiore oggettivandolo sempre<br />

in fatti, <strong>per</strong>sonaggi o situazioni. <strong>Il</strong> bisogno di raccontare è qualcosa di diverso dal bisogno di<br />

comunicare. lì bisogno di comunicare è un fatto primario, istintivo, legato alle necessità del<strong>la</strong><br />

vita quotidiana e alle esigenze sociali dell'uomo. <strong>Il</strong> bisogno di raccontare, invece, è un<br />

bisogno <strong>per</strong> così dire secondario che nasce, cioè, dopo che sono stati soddisfatti bisogni più<br />

impellenti, ma non <strong>per</strong> questo meno sentito o meno diffuso tra gli uomini. Tra l'altro, come è<br />

stato giustamente osservato, <strong>la</strong> sua soddisfazione non produce un risultato pratico, almeno<br />

nell'immediato, ma si risolve nel<strong>la</strong> soddisfazione stessa del bisogno, cioè nel piacere di<br />

narrare.<br />

1


<strong>Il</strong> bisogno dell’uomo di narrare si materializza in testi narrativi che, indipendentemente dal<strong>la</strong><br />

loro forma e dal<strong>la</strong> loro dimensione, hanno tutti delle caratteristiche comuni:<br />

- hanno <strong>per</strong> oggetto uno o più eventi di cui sono protagonisti uno o più <strong>per</strong>sonaggi;<br />

- organizzano tra loro tali eventi in un rapporto di causalità e in una successione<br />

cronologica, in modo tale che da una situazione iniziale si passa a una situazione<br />

finale;<br />

- si propongono lo scopo di interessare o divertire il destinatario, ma, più o meno<br />

a<strong>per</strong>tamente, hanno anche uno scopo implicito di carattere ideologico, religioso,<br />

morale, sociale o politico.<br />

Qualsiasi <strong>testo</strong> che presenti tali caratteristiche e che, ovviamente, sia il frutto di un'intenzione<br />

comunicativa, costituisce un <strong>testo</strong> <strong>narrativo</strong>, qualunque sia il linguaggio in cui è composto.<br />

Infatti, <strong>per</strong> narrare si possono utilizzare tanto il linguaggio verbale, quanto quello delle<br />

immagini, del<strong>la</strong> musica, dei gesti o del<strong>la</strong> danza e, di fatto, esistono testi narrativi verbali,<br />

iconici, musicali, gestuali e via di seguito.<br />

Ad esempio, costituiscono una narrazione, e quindi un <strong>testo</strong> <strong>narrativo</strong>, le storie del<strong>la</strong> vita di san Francesco<br />

affrescate da Giotto nel<strong>la</strong> Basilica Su<strong>per</strong>iore di Assisi e i rilievi del<strong>la</strong> Colonna di Marco Aurelio a Roma, con<br />

<strong>la</strong> storia del<strong>la</strong> conquista romana del<strong>la</strong> Dacia. <strong>Il</strong> balletto Lo schiaccianoci di P.l. Caikovskij narra attraverso <strong>la</strong><br />

musica e <strong>la</strong> danza una magica avventura di giocattoli e Beethoven nel<strong>la</strong> Sesta sinfonia racconta in musica lo<br />

scoppiare di un temporale estivo in campagna e il ritorno del sereno. <strong>Il</strong> cinema, infine, è una forma di<br />

narrazione complessa che si serve di più linguaggi.<br />

I testi narrativi letterari utilizzano il linguaggio verbale, sia orali sia scritti. Anch'essi, <strong>per</strong>ò,<br />

pur nel<strong>la</strong> identità del linguaggio di cui si servono, costituiscono una categoria molto ricca e<br />

molto varia, che si artico<strong>la</strong> in un gran numero di forme: appunto i generi e i sottogeneri<br />

storicamente definiti del<strong>la</strong> narrativa. In partico<strong>la</strong>re, i testi narrativi si dividono in:<br />

poema epico<br />

poema epico-cavalleresco<br />

Testi narrativi in versi poema eroicomico<br />

poemetto<br />

novel<strong>la</strong> in versi<br />

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fiaba romanzo d'avventura<br />

favo<strong>la</strong> romanzo autobiografico<br />

leggenda romanzo episto<strong>la</strong>re<br />

Testi narrativi in prosa bozzetto romanzo storico<br />

novel<strong>la</strong> romanzo psicologico<br />

racconto romanzo verista<br />

romanzo romanzo sociale<br />

romanzo poliziesco<br />

romanzo giallo<br />

romanzo di fantascienza<br />

romanzo rosa<br />

romanzo picaresco<br />

romanzo satirico<br />

La varietà dei generi, come si vede, è grande e su<strong>per</strong>a <strong>la</strong> tradizionale distinzione tra testi in<br />

versi e testi in prosa. Ancor più grande è <strong>la</strong> varietà dei contenuti dei singoli racconti, poemi,<br />

fiabe o dei singoli romanzi, ciascuno dei quali si caratterizza rispetto agli altri appartenenti al<br />

medesimo genere proprio in virtù delle diverse vicende che narra e dei diversi <strong>per</strong>sonaggi che<br />

ne sono protagonisti. Ma, al di là di tanta varietà di forme, di contenuti di vicende e di<br />

<strong>per</strong>sonaggi e al di là anche delle diverse origini storiche dei singoli generi narrativi, tutti i<br />

testi letterari di tipo <strong>narrativo</strong> sono riconducibili, genere <strong>per</strong> genere e tutti insieme, a strutture<br />

comuni che li contraddistinguono o li differenziano dagli altri testi.<br />

Nelle pagine che seguono, il termine racconto viene usato a indicare tutti i tipi di narrazione. Ciò che sarà<br />

detto, infatti, vale con modalità diverse, segna<strong>la</strong>te volta <strong>per</strong> volta, <strong>per</strong> qualsiasi tipo di <strong>testo</strong> <strong>narrativo</strong> e, di<br />

fatto, i vari esempi saranno tratti, oltre che da racconti propriamente detti, anche da fiabe, poemi epici e ro-<br />

manzi.<br />

<strong>Il</strong> racconto, come più in generale ogni <strong>testo</strong> <strong>narrativo</strong>, è <strong>la</strong> rappresentazione di un insieme di<br />

eventi che, incentrati su uno o più <strong>per</strong>sonaggi e organizzati nello spazio e nel tempo secondo<br />

un ordine partico<strong>la</strong>re, conoscono un processo di trasformazione da una situazione iniziale a<br />

una finale.<br />

Ogni racconto, quindi, si artico<strong>la</strong>, nel<strong>la</strong> sua struttura più generale, intorno ad alcuni<br />

elementi costitutivi ben precisi:<br />

- una serie di eventi che possono essere costituiti da avvenimenti che coinvolgono i<br />

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<strong>per</strong>sonaggi o dalle azioni dei <strong>per</strong>sonaggi;<br />

- uno o più <strong>per</strong>sonaggi;<br />

- uno o più ambienti in cui gli eventi si determinano;<br />

- una dimensione temporale in cui gli eventi si determinano;<br />

- uno sviluppo degli eventi.<br />

L'autore di un <strong>testo</strong> <strong>narrativo</strong> procede preliminarmente al<strong>la</strong> scelta degli eventi che intende<br />

raccontare, poi li organizza secondo criteri partico<strong>la</strong>ri e, infine, li racconta o li fa raccontare<br />

da un narratore, sfruttando liberamente il codice del<strong>la</strong> lingua in tutte le sue varietà, funzioni e<br />

registri, ma prestando soprattutto attenzione al modo in cui li racconta. Nel compiere queste<br />

o<strong>per</strong>azioni e nel costruire <strong>la</strong> sua struttura narrativa, l'autore non può non tenere conto delle<br />

strutture preesistenti, cioè dei racconti composti da altri autori. Egli quindi deve anche<br />

scegliere, tra i tanti che <strong>la</strong> tradizione letteraria gli offre, il genere <strong>narrativo</strong> che più si adatta<br />

alle sue intenzioni comunicative e alle sue esigenze. Qualche volta egli inventa un genere o<br />

un sottogenere nuovo, ma il più delle volte accetta i generi preesistenti e il valore del<strong>la</strong> sua<br />

o<strong>per</strong>a si misura proprio in rapporto al<strong>la</strong> maniera in cui utilizza i modelli che gli sono offerti<br />

dal<strong>la</strong> tradizione.<br />

Per una corretta lettura di un <strong>testo</strong> <strong>narrativo</strong>, <strong>per</strong>ciò, è necessario ricostruire <strong>la</strong> scelta che<br />

l'autore ha fatto volta <strong>per</strong> volta, cioè è necessario ricostruire il processo compositivo che ha<br />

presieduto al<strong>la</strong> sua stesura. Per fare questo bisogna:<br />

- smontare il <strong>testo</strong> <strong>per</strong> individuare gli elementi che lo costituiscono e <strong>per</strong> capire come<br />

tali elementi sono stati organizzati a dar vita al <strong>testo</strong>;<br />

- individuare le azioni e gli avvenimenti che sono oggetto di racconto, cioè individuare<br />

i nuclei narrativi del racconto e i loro sviluppi;<br />

- analizzare le caratteristiche e i ruoli dei <strong>per</strong>sonaggi e il loro rapporto con l'autore;<br />

- analizzare il tempo e i luoghi in cui il racconto si svolge;<br />

- analizzare il tempo e i luoghi del<strong>la</strong> narrazione;<br />

- analizzare le modalità e le tecniche con cui l'autore sviluppa il racconto;<br />

- analizzare le scelte linguistiche e stilistiche dell'autore <strong>per</strong> stabilire le ragioni di certe<br />

scelte piuttosto che di altre e <strong>la</strong> loro maggiore o minore funzionalità al discorso<br />

<strong>narrativo</strong>.<br />

Per completare l'analisi, infine, sarà necessario anche inserire il <strong>testo</strong> <strong>narrativo</strong> analizzato<br />

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nell'ambito del suo con<strong>testo</strong> culturale e valutare le finalità più o meno esplicite che l'autore<br />

si proponeva di conseguire. Solo così, infatti, si avrà un’dea precisa e completa del <strong>testo</strong> in<br />

esame nei suoi aspetti formali, contenutistici e ideologici.<br />

La prima o<strong>per</strong>azione da fare <strong>per</strong> analizzare un <strong>testo</strong> è leggerlo. La cosa è talmente ovvia che<br />

il precisar<strong>la</strong> può sembrare inutile, ma è meno banale di quanto possa apparire. Infatti, c'è<br />

modo e modo di leggere: fare l'analisi di un <strong>testo</strong> richiede una lettura accurata, tesa a "capire"<br />

il significato di tutte le parole presenti in esso e il suo significato globale.<br />

Per conseguire il primo scopo è opportuno leggere attentamente le note esplicative, se il<br />

<strong>testo</strong> è inserito in un libro annotato, come quelli sco<strong>la</strong>stici, oppure fare ricorso a un dizionario<br />

e/o a una enciclopedia <strong>per</strong> chiarire tutte le espressioni e i termini oscuri. Per capire il<br />

significato globale del <strong>testo</strong>, invece, occorre leggere con un po' di attenzione e di<br />

concentrazione e ridurre il più possibile i tempi di lettura.<br />

Se non si è capito il <strong>testo</strong> nelle sue singole parti e nel suo insieme, è <strong>per</strong>fettamente inutile<br />

andare oltre. L'analisi testuale, infatti, aiuta a capire meglio come funziona un <strong>testo</strong> e può<br />

mettere in grado il lettore di esprimere un giudizio motivato che vada al di là del semplice<br />

"mi piace / non mi piace", ma non può sostituire l'accostamento diretto al <strong>testo</strong> e <strong>la</strong> sua<br />

comprensione mediante <strong>la</strong> lettura.<br />

La comprensione del <strong>testo</strong> comporta <strong>la</strong> conoscenza del suo contenuto. <strong>Il</strong> primo accostamento<br />

al<strong>la</strong> realtà del <strong>testo</strong> <strong>narrativo</strong>, infatti, passa attraverso il contenuto. Ai fini dell'analisi testuale,<br />

<strong>per</strong>ò, non interessa stabilire <strong>per</strong>ché l'autore abbia scelto un contenuto piuttosto che un altro,<br />

interessa invece conoscere il modo in cui lo ha narrato, cioè lo ha <strong>la</strong>vorato <strong>per</strong> raccontarlo.<br />

Per fare ciò è opportuno smontare il <strong>testo</strong> <strong>narrativo</strong> e, in partico<strong>la</strong>re, o<strong>per</strong>are:<br />

- <strong>la</strong> distinzione tra fabu<strong>la</strong> e intreccio;<br />

- l'individuazione delle sequenze di cui il <strong>testo</strong> è costituito;<br />

- l'individuazione dei nuclei narrativi.<br />

Tutti questi elementi - fabu<strong>la</strong>, intreccio, sequenze e nuclei - sono strettamente connessi<br />

l'uno all'altro e solo interagendo tra di loro danno vita al contenuto di un racconto, ma <strong>per</strong><br />

forza di cose dovremo analizzarli separatamente.<br />

In ogni <strong>testo</strong> <strong>narrativo</strong>, si distinguono, in rapporto al contenuto, due elementi: <strong>la</strong> fabu<strong>la</strong> e<br />

l'intreccio.<br />

La fabu<strong>la</strong> (o storia) è l'insieme degli eventi narrati nel <strong>testo</strong> nel<strong>la</strong> loro connessione<br />

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naturale, cioè in successione logico-temporale-causale; l'intreccio, invece, è il montaggio che<br />

l'autore fa degli eventi del<strong>la</strong> fabu<strong>la</strong> nel suo racconto, cioè l'ordine in cui dispone gli eventi<br />

organizzandoli secondo connessioni che rispondono alle sue esigenze espressive.<br />

Secondo il romanziere Edgar Morgan Foster un <strong>testo</strong> come “il re morì e poi morì <strong>la</strong> regina" costituisce una<br />

fabu<strong>la</strong>, <strong>per</strong>ché si limita a raccontare due fatti in successione cronologica. Invece, un <strong>testo</strong> come “La regina morì<br />

a causa del dolore <strong>per</strong> <strong>la</strong> morte del re", è un intreccio <strong>per</strong>ché altera <strong>la</strong> successione puramente temporale dei fatti<br />

e si presenta come suscettibile di molteplici e diversi sviluppi narrativi.<br />

In ogni racconto, <strong>la</strong> fabu<strong>la</strong> costituisce il nudo traliccio dei fatti ed è facilmente individuabile<br />

mediante un processo di astrazione o<strong>per</strong>ato sul <strong>testo</strong>. Per ricostruire <strong>la</strong> fabu<strong>la</strong>, al di là<br />

dell'intreccio, infatti, basta prescindere dal<strong>la</strong> organizzazione temporale con cui l'autore ha<br />

inserito i vari eventi nel <strong>testo</strong> e ricomporli ordinatamente in successione cronologica, cioè<br />

come sono accaduti o potrebbero essere accaduti nel<strong>la</strong> realtà.<br />

Così <strong>la</strong> fabu<strong>la</strong> di un poema complesso come l’Eneide di Virgilio può essere facilmente desunta dal <strong>testo</strong> e<br />

riassunta in pochi tratti. "L'indomani del<strong>la</strong> distruzione di Troia ad o<strong>per</strong>a dei Greci, un gruppo di profughi riesce<br />

a salvarsi e sotto <strong>la</strong> guida di Enea prende il mare <strong>per</strong> andare a cercare una nuova patria. lì viaggio è lungo e<br />

faticoso e, dopo varie <strong>per</strong>ipezie, i profughi fanno naufragio sulle coste del<strong>la</strong> Libia. Vengono salvati e ospitati da<br />

Didone, <strong>la</strong> regina del luogo, che si innamora del loro capo, Enea. Enea, in un primo tempo, accetta l'amore di<br />

Didone, ma poi decide di <strong>la</strong>sciar<strong>la</strong> e riparte con i suoi uomini. Didone, dis<strong>per</strong>ata, si uccide. Enea e i suoi ri-<br />

prendono a solcare il mare e finalmente sbarcano sulle coste del Lazio. Quel<strong>la</strong> è <strong>la</strong> loro nuova patria, ma <strong>per</strong><br />

conquistar<strong>la</strong> devono affrontare in una lunga guerra alcune popo<strong>la</strong>zioni ostili. Al<strong>la</strong> fine tutto si sistema e si<br />

giunge ad un accordo, sancito dal matrimonio di Enea con <strong>la</strong> principessa Lavinia." Ben diverso è il racconto che<br />

di questi tatti vien fatto nell'Eneide: Virgilio, l'autore, li organizza in modo diverso <strong>per</strong> precise ragioni<br />

espressive dovute sia alle caratteristiche del genere letterario a cui l'o<strong>per</strong>a appartiene, sia ai modelli letterari cui<br />

il poeta si ispira, sia a scelte <strong>per</strong>sonali del poeta stesso. Così, l'intreccio dell'Eneide vede il racconto delle<br />

avventure di Enea iniziare non dal<strong>la</strong> fuga da Troia distrutta, ma nel momento in cui Enea, naufrago sulle coste<br />

del<strong>la</strong> Libia, si reca a chiedere ospitalità al<strong>la</strong> regina Didone. Gli avvenimenti anteriori - <strong>la</strong> distruzione di Troia, <strong>la</strong><br />

fuga e <strong>la</strong> prima fase del viaggio - sono recu<strong>per</strong>ati in un secondo tempo e narrati da Enea stesso in un lungo<br />

racconto f<strong>la</strong>sh-back che occupa il secondo e il terzo libro del poema. Nei libri successivi il filo del racconto<br />

riprende con Enea e i suoi uomini ospiti di Didone e poi si sviluppa in maniera più vicina al<strong>la</strong> fabu<strong>la</strong>.<br />

La distinzione tra fabu<strong>la</strong> e intreccio è molto importante ai fini dell'analisi del racconto,<br />

<strong>per</strong>ché immette direttamente nel vivo del <strong>la</strong>voro di stesura del <strong>testo</strong>. L'autore, infatti, nel<br />

raccontare gli eventi, ha una grande libertà d'azione: a seconda delle sue esigenze, dei fini che<br />

si propone, dei fatti che deve raccontare e del genere letterario di cui intende servirsi, può<br />

costruire il suo racconto in modo che i fatti dell'intreccio si sviluppino paralle<strong>la</strong>mente a quelli<br />

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del<strong>la</strong> fabu<strong>la</strong>, cioè secondo <strong>la</strong> successione cronologica lineare, oppure può spezzare tale<br />

parallelismo in modo da creare continue sfasature tra intreccio e fabu<strong>la</strong>.<br />

La prima soluzione - parallelismo totale tra intreccio e fabu<strong>la</strong> - è <strong>la</strong> soluzione più<br />

elementare: è infatti utilizzata nel<strong>la</strong> maggior parte dei racconti che si fanno nell'ambito del<strong>la</strong><br />

comunicazione quotidiana e, a livello letterario, è usata nelle fiabe e nelle favole. Essa dà vita<br />

a testi narrativi semplici e lineari, in cui i fatti sono allineati l’uno dietro l’altro così come<br />

sono accaduti. Si veda, in proposito, <strong>la</strong> seguente favo<strong>la</strong>:<br />

Mentre stava pasco<strong>la</strong>ndo in un prato, un asino scorse un lupo che si dirigeva verso di lui, e fece finta di<br />

zoppicare. lì lupo gli si avvicinò e gli chiese <strong>per</strong>ché zoppicava. Quello rispose che. nel saltare una siepe,<br />

aveva messo <strong>la</strong> zampa sopra una spina e lo consigliò di estrarglie<strong>la</strong>, in modo che poi potesse divorano senza<br />

correre il rischio di ferirsi <strong>la</strong> bocca masticando <strong>Il</strong> lupo, <strong>per</strong>suaso, sollevò <strong>la</strong> zampa dell'asino. Ma mentre<br />

stava cercando <strong>la</strong> spina, l'asino gli tirò un gran calcio sul<strong>la</strong> bocca e gli fece saltare tutti i denti. « Ben mi sta»<br />

dichiarò il lupo andandosene malconcio. «Perché ho voluto impicciarmi di medicina, quando mio padre mi<br />

aveva insegnato il mestiere di macel<strong>la</strong>io?"<br />

La seconda soluzione - sfasatura del rapporto tra fabu<strong>la</strong> e intreccio e manipo<strong>la</strong>zione del<strong>la</strong><br />

cronologia reale dei fatti - è invece <strong>la</strong> soluzione narrativamente più efficace, quel<strong>la</strong> che<br />

<strong>per</strong>mette di costruire in modo più <strong>per</strong>sonale il racconto, creando partico<strong>la</strong>ri effetti narrativi.<br />

Propria soprattutto dei testi di una certa dimensione, questa soluzione è applicabile anche a<br />

racconti più brevi, specialmente quando si vuoI creare nel lettore o nell'ascoltatore una certa<br />

attesa. Dal punto di vista tecnico, <strong>la</strong> sfasatura tra fabu<strong>la</strong> e intreccio può essere di vari tipi,<br />

ciascuno dei quali è funzionale alle diverse esigenze dell'autore e caratterizza. i singoli generi<br />

letterari. In partico<strong>la</strong>re, si possono avere i seguenti casi:<br />

- l'ordine degli avvenimenti viene totalmente rovesciato: il racconto inizia dall'evento finale e<br />

l'autore ricostruisce successivamente l'antefatto e tutte le vicende intermedie. Questo tipo di<br />

intreccio è tipico del genere poliziesco, in cui solitamente il racconto inizia dal<strong>la</strong> fine, cioè<br />

dal ritrovamento del cadavere, e soltanto nell'ultima parte del racconto è possibile ricostruire<br />

gli avvenimenti precedenti al delitto. Esso è utilizzato anche in racconti di altro genere e in<br />

linea di massima lo si sfrutta ogni volta che si vuole impressionare ti destinatario con l'evento<br />

più importante del<strong>la</strong> vicenda, cioè l'evento conclusivo, o si vuole <strong>per</strong>meare il racconto di una<br />

forte tensione drammatica.<br />

Ad esempio, nel romanzo Cronaca di una morte annunciata di Gabriel Garcia Màrquez, l'uccisione del<br />

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protagonista Santiago Nasar, costituisce sia l'antefatto del romanzo sia l'evento finale. Con <strong>la</strong> morte di<br />

Santiago, infatti, il romanzo si apre e ad essa si ritorna al<strong>la</strong> fine del romanzo dopo aver ricostruito <strong>la</strong><br />

fisionomia del protagonista e degli altri <strong>per</strong>sonaggi e l'ambiente in cui matura e ineluttabiimente si compie<br />

un delitto a tutti noto ma da nessuno sventato.<br />

- l'ordine degli avvenimenti viene alterato solo parzialmente: il racconto inizia, ad esempio,<br />

in medias res, cioè "nel bel mezzo dei fatti narrati" e poi provvede a recu<strong>per</strong>are i fatti<br />

anteriori facendoli <strong>per</strong> lo più raccontare da un <strong>per</strong>sonaggio. Con questa tecnica sono costruite<br />

l'Eneide di Virgilio e, prima ancora, l'Odissea.<br />

L'Odissea, infatti, non racconta le vicende di Ulisse iniziando dal<strong>la</strong> sua partenza da Troia, ma trasporta il<br />

lettore nel pieno del<strong>la</strong> vicenda: sono trascorsi dieci anni dal<strong>la</strong> presa di Troia e a Itaca si aspetta ancora il<br />

ritorno di Ulisse. Gli eventi di quei dieci anni sono ricostruiti prima da altri <strong>per</strong>sonaggi e poi dall'eroe stesso<br />

che, al<strong>la</strong> corte dei Feaci, in un lungo racconto, narra le sue <strong>per</strong>ipezie attorno al Mediterraneo. Poi fabu<strong>la</strong> e<br />

intreccio cominciano a correre paralle<strong>la</strong>mente con scarti minimi e il poema racconta il ritorno di Ulisse a<br />

Itaca e <strong>la</strong> sua vendetta.<br />

A questo tipo di intreccio ricorrono anche molti narratori moderni, soprattutto quando<br />

vogliono orientare l'attenzione del lettore più che sugli avvenimenti narrati, sul<strong>la</strong> <strong>per</strong>sonalità<br />

dei <strong>per</strong>sonaggi e sulle loro reazioni.<br />

Ad esempio, nel<strong>la</strong> novel<strong>la</strong> di Luigi Pirandello <strong>Il</strong> treno ha fischiato già <strong>la</strong> prima paro<strong>la</strong> porta il lettore al<br />

centro del dramma: «Farneticava. Principio di febbre cerebrale, avevano detto i medici; e lo ripetevano tutti<br />

i compagni d'ufficio, che ritornavano a due, a tre dall'ospizio, ov'erano stati a visitarlo». Protagonista del<br />

racconto è Belluca, un tranquillo e sfortunato impiegato che un giorno improvvisamente si è ribel<strong>la</strong>to al<strong>la</strong><br />

vita di miseria e di umiliazioni cui è sempre stato costretto. La tecnica narrativa usata dall'autore consiste nel<br />

catturare l'attenzione del lettore proponendogli subito l'aspetto emotivamente più coinvolgente del<strong>la</strong> vicen-<br />

da, <strong>per</strong> passare poi all'esposizione più monotona dell'antefatto e <strong>per</strong> sviluppare quindi il seguito degli<br />

avvenimenti: anche il narratore, che non crede che l'apparenza dei fatti possa essere veritiera, si reca a<br />

trovare Belluca, il quale gli spiega come non sia affatto diventato pazzo, ma abbia finalmente ritrovato <strong>la</strong><br />

sua dimensione umana.<br />

- l'ordine degli avvenimenti può apparire del tutto casuale: i vari fatti vengono accostati<br />

<strong>per</strong> libera associazione, ad esempio sul filo del<strong>la</strong> memoria o attraverso il recu<strong>per</strong>o di<br />

partico<strong>la</strong>ri emozioni o sensazioni. <strong>Il</strong> racconto sembra allora procedere in maniera<br />

disordinata, ma in realtà ha una sua struttura organica, che si può cogliere nel<strong>la</strong> sua<br />

compattezza e completezza solo a racconto finito. Questa tecnica, che sovverte ogni<br />

tipo di fabu<strong>la</strong> e sconvolge <strong>per</strong>fino gli intrecci tradizionali, è tipica di alcuni romanzi del<br />

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Novecento, come Al<strong>la</strong> ricerca del tempo <strong>per</strong>duto di Marceì Proust e La coscienza di<br />

Zeno di Italo Svevo, e dà vita a testi narrativi di non facile lettura ma indubbiamente ca-<br />

richi di suggestioni.<br />

Così, nel romanzo La coscienza di Zeno, <strong>la</strong> narrazione si artico<strong>la</strong> attraverso nuclei narrativi<br />

apparentemente indipendenti l'uno dall'altro ed è continuamente condotta su più piani temporali:<br />

quello del passato, introdotto attraverso <strong>la</strong> rievocazione di avvenimenti, e quello del presente,<br />

caratterizzato dai commenti autoironici dell'autore. Si veda, ad esempio, come in questo passo, tratto<br />

dal capitolo terzo del romanzo, l'autore passi di continuo dal presente al passato e poi ancora al<br />

presente in una sovversione totale dell'ordine cronologico dei fatti narrati:<br />

“Sul frontispizio di un vocabo<strong>la</strong>rio trovo questa mia registrazione fatta con bel<strong>la</strong><br />

scrittura e qualche ornato:<br />

«Oggi, 2 Febbraio 1886, passo dagli studii di legge a quelli di chimica. Ultima<br />

sigaretta!!».<br />

Era un'ultima sigaretta molto importante. Ricordo tutte le s<strong>per</strong>anze che l'accompagnarono.<br />

M'ero arrabbiato col diritto canonico che mi pareva tanto lontano dal<strong>la</strong> vita e correvo al<strong>la</strong> scienza ch'è<br />

<strong>la</strong> vita stessa benché ridotta in un matraccio. Quell'ultima sigaretta significava proprio il desiderio di<br />

attività (anche manuale) e di sereno pensiero sobrio e sodo.<br />

Per sfuggire al<strong>la</strong> catena delle combinazioni del carbonio cui non credevo ritornai al<strong>la</strong> legge.<br />

Pur troppo! Fu un errore e fu anch'esso registrato da un'ultima sigaretta di cui trovo <strong>la</strong> data<br />

registrata su di un libro. Fu importante anche questa e mi rassegnavo di ritornare a quelle<br />

complicazioni del mio, del tuo e del suo coi migliori propositi, sciogliendo finalmente le catene del<br />

carbonio. M'ero dimostrato poco idoneo al<strong>la</strong> chimica anche <strong>per</strong> <strong>la</strong> mia deficienza di abilità manuale.<br />

Come avrei potuto aver<strong>la</strong> quando continuavo a fumare come un turco?<br />

Adesso che son qui, ad analizzarmi, sono colto da un dubbio: che io forse abbia amato tanto<br />

<strong>la</strong> sigaretta <strong>per</strong> poter riversare su di essa <strong>la</strong> colpa del<strong>la</strong> mia incapacità?<br />

La scelta di non far coincidere <strong>la</strong> fabu<strong>la</strong> con l'intreccio, in qualunque modo essa venga<br />

attuata, è una scelta importante ai fini dello sviluppo del racconto. Sia che l'autore opti<br />

<strong>per</strong> uno sconvolgimento totale del rapporto fabu<strong>la</strong>/intreccio sia che si limiti a una sua<br />

alterazione parziale, <strong>la</strong> non coincidenza tra fabu<strong>la</strong> e intreccio gli <strong>per</strong>mette di realizzare<br />

il racconto con una grande autonomia, secondo ritmi non rigidamente cronologici ma<br />

esclusivamente espressivi e, quindi, narrativi. La possibilità di costruire liberamente il<br />

proprio intreccio, inoltre, consente all'autore di distribuire nel modo che ritiene più<br />

opportuno gli avvenimenti, <strong>per</strong> creare nel lettore maggiori aspettative, coinvolgendolo<br />

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sempre più nel<strong>la</strong> vicenda e <strong>per</strong> arricchire il proprio racconto con l'inserimento di eventi,<br />

digressioni o considerazioni che, in una rigida ricostruzione logico-temporale dei fatti,<br />

provocherebbero un <strong>per</strong>icoloso rallentamento dell'azione.<br />

La non coincidenza tra fabu<strong>la</strong> e intreccio si rive<strong>la</strong> dunque come un momento<br />

qualificante del<strong>la</strong> tecnica narrativa, ed è quindi molto importante, <strong>per</strong> una corretta<br />

analisi del racconto, individuare nel <strong>testo</strong> <strong>narrativo</strong> <strong>la</strong> fabu<strong>la</strong> e l'intreccio e valutare lo<br />

scarto dal<strong>la</strong> fabu<strong>la</strong> con cui l'autore ha costruito l'intreccio: al<strong>la</strong> base di ciò infatti sta una<br />

scelta espressiva ben precisa che è opportuno investigare e chiarire.<br />

Un ulteriore passo avanti nell'analisi del <strong>testo</strong> <strong>narrativo</strong> consiste nell'individuare le<br />

sequenze che compongono il <strong>testo</strong>. Infatti, ogni racconto si struttura, a livello di<br />

contenuto, in una serie di parti portatrici di significato, cioè in una serie di parti che,<br />

dotate di una loro autonomia sintattica, hanno anche una certa autonomia di contenuto,<br />

<strong>per</strong>ché sviluppano un discorso in sé compiuto, anche se esse acquistano il loro pieno<br />

valore e il loro vero significato solo nell'ambito del <strong>testo</strong> di cui fanno parte. Queste<br />

parti del racconto portatrici di significato costituiscono le unità narrative del racconto e<br />

sono chiamate sequenze.<br />

in:<br />

Le sequenze, a seconda del partico<strong>la</strong>re significato di cui sono portatrici, si dividono<br />

- sequenze narrative: le parti del racconto che contengono gli elementi narrativi, cioè<br />

quelle che, presentando le azioni dei <strong>per</strong>sonaggi e gli avvenimenti in cui sono<br />

coinvolti, determinano lo sviluppo del racconto;<br />

- sequenze descrittive: le parti del racconto di tipo descrittivo, quelle cioè cui spetta il<br />

compito di “descrivere” i <strong>per</strong>sonaggi nel loro aspetto fisico o nel loro carattere e<br />

delineare le scene e i luoghi in cui le vicende sono inserite;<br />

- sequenze riflessive: le parti del racconto che contengono le considerazioni - le opinioni,<br />

i giudizi, i commenti - dei singoli <strong>per</strong>sonaggi o dell'autore intorno al<strong>la</strong> vicenda.<br />

Questi tre tipi di sequenze sono variamente presenti in ogni <strong>testo</strong> e sono il frutto di<br />

una scelta ben precisa da parte dell'autore. Infatti, le sequenze narrative, <strong>per</strong> <strong>la</strong> loro<br />

natura, sono sequenze dinamiche che determinano lo sviluppo del racconto. Le<br />

sequenze descrittive e quelle riflessive, invece, sono sequenze statiche, che rallentano il<br />

discorso: le descrizioni di uomini, donne, luoghi, paesaggi, oggetti ecc. e le<br />

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considerazioni di un <strong>per</strong>sonaggio o dell'autore in margine a un evento o a una<br />

situazione segnano inevitabilmente una pausa nel<strong>la</strong> narrazione vera e propria, pausa che<br />

risulterà tanto più lunga quanto più lunghe saranno le descrizioni e le considerazioni in<br />

questione.<br />

Perciò l'autore, a seconda del ritmo che vuole imprimere al racconto, a seconda delle<br />

proprie partico<strong>la</strong>ri esigenze espressive e del tipo di racconto che vuole scrivere, può<br />

variamente utilizzare i tre diversi tipi di sequenze. È chiaro, infatti, che una prevalenza<br />

di sequenze narrative darà vita a un racconto ricco di fatti che scorre rapido come nel<br />

seguente <strong>testo</strong> di Marc Twain (Le avventure di Huckleberry Finn, Mondadori, Mi<strong>la</strong>no):<br />

<strong>Il</strong> mattino dopo dissi che le cose andavano troppo a rilento e io volevo un po' di movimento, in<br />

qualche modo. Pensavo, dissi a Jim, di fare un giretto al di là del fiume a vedere cosa stava<br />

succedendo. A Jim piacque questa idea, ma disse che dovevo andare di notte e stare bene attento. Poi<br />

ci pensò su e mi consigliò anche di travestirmi da ragazza.<br />

Salpai con <strong>la</strong> canoa <strong>per</strong> <strong>la</strong> costa dell'<strong>Il</strong>linois appena fu buio. Cominciai <strong>la</strong> traversata verso il paese un<br />

po' sotto il traghetto e <strong>la</strong> corrente mi trascinò all'estremità del paese. Ormeggiai <strong>la</strong> canoa e mi misi in<br />

cammino lungo <strong>la</strong> riva. C'era un lume acceso in una catapecchia disabitata da molto tempo e mi<br />

domandai chi vi si fosse instal<strong>la</strong>to. Mi avvicinai piano e sbirciai da una finestra. C'era dentro una<br />

donna di circa quarant'anni che faceva <strong>la</strong> calza presso una cande<strong>la</strong> posata sul tavolo di pino. Non<br />

conoscevo quel<strong>la</strong> faccia; era certo una forestiera, <strong>per</strong>ché in quel paese non potevi trovare una faccia<br />

che io non conoscessi.<br />

Invece, un racconto fitto di descrizioni e di riflessioni ha un andamento più lento e,<br />

<strong>per</strong>tanto, può parere più faticoso al<strong>la</strong> lettura e piuttosto noioso; in realtà, è soltanto meno<br />

precipitoso. Si veda, ad esempio, il seguente <strong>testo</strong> di Carlo Casso<strong>la</strong> ( <strong>Il</strong> taglio del bosco,<br />

Einaudi, Torino):<br />

Dopo cena fece due passi <strong>per</strong> <strong>la</strong> tagliata, fermandosi ogni tanto a guardare i lumi del paesino tremo<strong>la</strong>nti<br />

nell'oscurità. Poteva anche immaginare che fosse il suo paese. In passato, quel<strong>la</strong> vista gli avrebbe fatto<br />

piacere. A quell'ora <strong>la</strong> moglie, <strong>la</strong> sorel<strong>la</strong> e le bimbe si mettevano a tavo<strong>la</strong>, e Guglielmo poteva seguire<br />

con l'immaginazione lo svolgersi del<strong>la</strong> cena. <strong>Il</strong> bosco era buio e inospitale, magari tirava vento e<br />

scrosciava <strong>la</strong> pioggia, ma lui aveva il conforto di pensare che nel<strong>la</strong> cucina <strong>la</strong> luce illuminava nitidamente<br />

l'acquaio pulito e <strong>la</strong> tavo<strong>la</strong> apparecchiata. La famiglio<strong>la</strong> sedeva a tavo<strong>la</strong>, tintinnavano le posate, le parole<br />

del<strong>la</strong> moglie e del<strong>la</strong> sorel<strong>la</strong> e il chiacchiericcio delle bimbe salivano nell'aria raccolta del<strong>la</strong> stanza. Ecco,<br />

<strong>la</strong> cena era finita, Irma cominciava ad aver sonno, <strong>la</strong> picco<strong>la</strong> invece sembrava ancor più vispa e<br />

irrequieta. Sedute l'una di fronte all'altra, le due donne si riposavano un poco prima di rigovernare e di<br />

11


mettere a letto le bimbe. Era grazie al suo <strong>la</strong>voro che <strong>la</strong> famiglia poteva condurre un'esistenza agiata e<br />

tranquil<strong>la</strong>. Perciò Guglielmo non si <strong>la</strong>gnava del<strong>la</strong> dura vita a cui era costretto <strong>per</strong> <strong>la</strong> maggior parte<br />

dell'anno.<br />

Ora invece pensare a casa sua gli faceva male, e <strong>la</strong> vista dei lumi lontani, che<br />

richiamavano quelle immagini familiari, gli pesava intollerabilmente. Rientrò nel<br />

capanno. Fiore era già disteso sul letto, non si poteva sa<strong>per</strong>e se dormiva già. Meglio<br />

imitarne l'esempio. Meglio così, star distesi nell'ombra, <strong>la</strong>sciando che gli occhi<br />

seguissero il vago chiarore del<strong>la</strong> fiamma semispenta e che i pensieri andassero senza<br />

ordine dove il caso li portava. E s<strong>per</strong>are che il sonno venisse presto.<br />

<strong>Il</strong> dosaggio in un <strong>testo</strong> <strong>narrativo</strong> dei vari tipi di sequenze è, dunque, un aspetto tutt'altro<br />

che trascurabile: l'autore lo attua in rapporto a esigenze e a scopi ben precisi e il lettore deve<br />

imparare a tenerne conto, se vuole cogliere adeguatamente i valori espressivi legati al ritmo<br />

del<strong>la</strong> narrazione.<br />

All'interno di ogni <strong>testo</strong>, le sequenze più importanti sono le sequenze narrative: ad esse,<br />

infatti, è affidato il compito di sviluppare l'azione e ad esse l'autore fa ricorso tutte le volte<br />

che ha bisogno di far procedere le vicende narrate. Le sequenze descrittive e quelle riflessive<br />

hanno, inevitabilmente, un ruolo subordinato, <strong>per</strong>ché esistono in quanto esistono le sequenze<br />

narrative. Esse si raccolgono intorno a una sequenza narrativa <strong>per</strong> preparar<strong>la</strong> (<strong>la</strong> descrizione<br />

di un luogo può ricostruire l'ambiente in cui si verificherà un certo evento e l'esposizione di<br />

un'opinione <strong>per</strong>sonale dell'autore può far da introduzione al<strong>la</strong> narrazione di un evento),<br />

accompagnar<strong>la</strong> (<strong>la</strong> riflessione su un <strong>per</strong>sonaggio o su una situazione può commentare un<br />

evento) o concluder<strong>la</strong> (<strong>la</strong> descrizione di come un luogo è ridotto dopo un certo evento o le<br />

riflessioni dell'autore o di un <strong>per</strong>sonaggio su un avvenimento possono chiudere una sequenza<br />

narrativa).<br />

Una sequenza narrativa, con il suo eventuale contorno di sequenze descrittive o riflessive,<br />

costituisce una sequenza.unità narrativa ed è chiaramente un elemento di tipo contenutistico.<br />

Ogni sequenza-unità narrativa, <strong>per</strong>ciò, può essere più o meno lunga e complessa, può essere a<br />

sua volta costituita da una serie di unità narrative minori o può unirsi con altre omogenee ad<br />

essa <strong>per</strong> contenuto, a formare delle macrosequenze. Ciò succede, ad esempio, nei testi<br />

narrativi di una certa dimensione, come i romanzi, dove le sequenze-unità narrative<br />

individuate come tali dal<strong>la</strong> presenza di un nucleo <strong>narrativo</strong> ben preciso, e comprendente<br />

12


anche eventuali sequenze descrittive e riflessive, coincidono con i singoli capitoli. La<br />

sequenza-capitolo poi si artico<strong>la</strong> ovviamente in unità narrative minori e può anche unirsi ad<br />

altre sequenzecapitoli a formare delle macrosequenze.<br />

Nei Promessi Sposi, ad esempio, i capitoli I-V<strong>Il</strong>I, XI-XVII, XX-XXVI, XXVIII-XXXVIII costituiscono<br />

delle macrosequenze con una loro unità interna. La prima di esse è, infatti, caratterizzata da una dimensione<br />

spaziale ristretta e dal<strong>la</strong> narrazione di avvenimenti privati: essa si svolge nel<strong>la</strong> cerchia chiusa dei monti<br />

sorgenti dall'acque ed elevati al cielo" in cui i protagonisti s<strong>per</strong>avano di poter vivere un'esistenza tranquil<strong>la</strong>, e<br />

si conclude con <strong>la</strong> fuga di Renzo e Lucia, esuli e soli, verso un incerto destino. La seconda e <strong>la</strong> terza sono<br />

caratterizzate dall'ampliarsi dell'orizzonte spaziale (dal paese al<strong>la</strong> città) e dal di<strong>la</strong>tarsi dei problemi dal piano<br />

individuale a quello collettivo: alle vicende private degli umili protagonisti si intrecciano eventi storici e<br />

vicende pubbliche determinanti anche <strong>per</strong> il destino dei vari <strong>per</strong>sonaggi. Una serie di avvenimenti improvvisi<br />

e di spostamenti bruschi raggiunge il culmine del<strong>la</strong> tensione nelle drammatiche disavventure dei due prota-<br />

gonisti: <strong>la</strong> fuga di Renzo e il rapimento di Lucia; i due approdano, infine, entrambi a una salvezza precaria, a<br />

una lontananza ancora più risòlutiva. Nel<strong>la</strong> quarta macrosequenza si assiste allo scioglimento dei nodi delle<br />

vicende private dei protagonisti attraverso l'incalzare dei f<strong>la</strong>gelli che da sempre affliggono l'umanità (fame,<br />

guerra, peste): i protagonisti possono infine ricongiungersi, anche se l'equilibrio inizialmente spezzato non<br />

potrà più essere ricostituito <strong>per</strong> intero.<br />

Queste quattro macrosequenze possono a loro volta essere suddivise in unità più piccole. Nel<strong>la</strong> seconda ad<br />

esempio si possono distinguere dalle altre le sequenze re<strong>la</strong>tive alle avventure mi<strong>la</strong>nesi di Renzo. Queste<br />

sequenze, poi, sono distinguibili in sequenze narratlve ancora minori, a seconda delle diverse fasi delle av-<br />

venture del povero paesano e, all'interno di ciascuna di esse, si possono infine anche individuare le varie<br />

sequenze narrative, descrittive e riflessive che le costituiscono.<br />

Più l'o<strong>per</strong>a è ampia e complessa, più lungo, ma non più difficile, risulta smontare il <strong>testo</strong> <strong>per</strong><br />

ricostruirne le parti, cioè le macrosequenze, le sequenze narrative propriamente dette, quelle<br />

descrittive e quelle riflessive. Ma questa o<strong>per</strong>azione di smontaggio, ha una funzione<br />

fondamentale: <strong>per</strong>mette di individuare lo schema dell'o<strong>per</strong>a narrativa sia in vista di una<br />

puntuale sintesi del <strong>testo</strong> sia in vista di un altro importante tipo di ricerca: quel<strong>la</strong> re<strong>la</strong>tiva al-<br />

l'individuazione dei nuclei narrativi.<br />

I nuclei narrativi. La funzione dominante svolta in un <strong>testo</strong> dalle sequenze narrative fa sì<br />

che in esse si condensino i momenti fondamentali in cui si struttura il racconto, cioè quelli<br />

che si chiamano nuclei narrativi del racconto. I nuclei narrativi del racconto, dunque, sono<br />

le parti essenziali e portanti in cui il <strong>testo</strong> si artico<strong>la</strong>: ciascuno di essi è costituito da una o più<br />

sequenze narrative, di cui una dominante ed essenziale, con intorno tutte le sequenze<br />

descrittive e riflessive che ad esse si riferiscono, e ciascun nucleo si distingue dagli altri<br />

<strong>per</strong>ché presenta una certa uniformità di contenuto, in quanto le sequenze sono concentrate su<br />

13


un evento unitario, vede agire il medesimo o i medesimi <strong>per</strong>sonaggi ed è ambientato nel<br />

medesimo luogo e nel medesimo spazio di tempo. Si vedano, ad esempio, i nuclei narrativi di<br />

cui consta il seguente <strong>testo</strong>:<br />

Fra Ignazio, frate <strong>la</strong>ico, doveva ogni giorrno andare a chiedere l’elemosina <strong>per</strong> il<br />

convento. Dov’era povera gente, andava più volentieri, <strong>per</strong>ché <strong>la</strong> povera gente quel<br />

che gli dava glielo dava di cuore, invece, da un notaio chiamato Franchino non<br />

andava mai <strong>per</strong>ché lo conosceva <strong>per</strong> uomo di cattivo cuore, che succhiava il sangue<br />

dei poveri.<br />

Un giorno, il Notaio Franchino, offeso con Fra Ignazio <strong>per</strong>ché evitava casa sua, andò<br />

al Convento a <strong>la</strong>mentarsi col Priore in ma<strong>la</strong> maniera di Fra Ignazio: «Vi sembra,<br />

Padre, che io sia <strong>per</strong>sona da tenersi in così poco conto?». <strong>Il</strong> Priore gli disse di star<br />

tranquillo, che a mettere a posto Fra Ignazio ci avrebbe pensato lui, e il Notaio si<br />

calmò e ando via.<br />

Quando Fra Ignazio tornò al Convento, il Priore disse: «Che cos'è questa maniera<br />

di trattare il Notaio Franchino? Domani andrai da lui, e prenderai tutto . quello che lui<br />

ti darà». Fra Ignazio stette zitto e chinò il capo.<br />

L' indomani mattina andò dal Notaio, e Franchino gli riempì le bisacce d'ogni ben di<br />

Dio. Fra Ignazio si caricò le bisacce sulle spalle, e si mise in cammino <strong>per</strong> il<br />

Convento.<br />

Al primo passo che fece, dalle bisacce colò una goccia di sangue, poi un'altra, - poi<br />

un'altra ancora. La gente <strong>per</strong> <strong>la</strong> via, vedendo il frate con le bisacce che goc- cio<strong>la</strong>vano<br />

sangue, diceva: «Eh! Giornata grassa, oggi, <strong>per</strong> Fra Ignazio! Oggi i Padri hanno un<br />

bel pranzo!». E Fra Ignazio, zitto, continuava a camminare <strong>la</strong>- -, sciandosi dietro una<br />

scia di sangue.<br />

Al Convento, i frati, vedendolo arrivare con tutto quel sangue, dissero: «Fra<br />

Ignazio ci porta carne quest'oggi! Carne appena macel<strong>la</strong>ta! » Aprirono le bisacce, e<br />

carne non ce n'era. « E tutto quel sangue? Da dov'è uscito? » «Non abbiate paura»<br />

disse Fra Ignazio. «Quel sangue esce proprio dalle bisacce, <strong>per</strong>ché l'elemosina che<br />

m'ha fatto Franchino non è <strong>la</strong>voro suo, ma è sangue dei poveri che lui deruba.»<br />

Atteggiamento di<br />

rifiuto da parte di Fra<br />

Ignazio nei confronti<br />

del Notaio<br />

Protesta del Notaio<br />

presso il Priore del<br />

convento.<br />

Pressioni del Priore<br />

su Fra Ignazio<br />

Ritiro delle elemosine<br />

del Notaio ad o<strong>per</strong>a di<br />

Fra Ignazio.<br />

Manifestazione di<br />

uno strano feno<br />

meno..<br />

Spiegazione del fenomeno<br />

ad o<strong>per</strong>a di Fra<br />

Ignazio.<br />

Da quel<strong>la</strong> volta Fra Ignazio non andò più a domandare elemosina al Notaio. Presa di posizione di<br />

Fra Ignazio.<br />

Italo Calvi no, Fiabe italiane, Torino, Enaudi<br />

L'individuazione dei nuclei narrativi e degli elementi che li compongono <strong>per</strong>mette di entrare<br />

nel<strong>la</strong> struttura del <strong>testo</strong> e di capire i criteri secondo cui èstato costruito. In partico<strong>la</strong>re,<br />

<strong>per</strong>mette di individuare l'impalcatura logica dell'intreccio, cioè il disegno sotteso al fluire<br />

degli eventi, le linee di sviluppo del racconto e <strong>la</strong> presenza o l'assenza di parallelismi e di<br />

simmetria fra fabu<strong>la</strong> e intreccio, tutte cose che improntano il <strong>testo</strong> <strong>narrativo</strong> qualificandolo<br />

in un senso piuttosto che in un altro e distinguendolo dagli altri. Ma, soprattutto,<br />

l'individuazione e <strong>la</strong> corretta valutazione dei nuclei narrativi <strong>per</strong>mettono al lettore di cogliere<br />

più facilmente i temi (o motivi) ricorrenti nel <strong>testo</strong>, cioè i nuclei concettuali (ideologici,<br />

morali, sociali ecc.) che l'autore ha inteso affrontare, attraverso <strong>la</strong> narrazione degli eventi e al<br />

di là del piacere puro e semplice di narrare e di manipo<strong>la</strong>re <strong>la</strong> lingua.<br />

Così, lo smontaggio del<strong>la</strong> favo<strong>la</strong> di Cappuccetto rosso in sequenze e l'individuazione dei<br />

14


nuclei narrativi in cui essa si artico<strong>la</strong> <strong>per</strong>mettono di individuare nel<strong>la</strong> favo<strong>la</strong> il tema<br />

dell'imprudenza degli ingenui che cadono vittime dell'abilità di chi è più furbo di loro. Allo<br />

stesso modo lo smontaggio in sequenze del romanzo I Promessi Sposi o di un capitolo di esso<br />

e l'individuazione dei vari nuclei narrativi consentono di mettere in luce i temi ricorrenti nel<br />

romanzo, come il tema del<strong>la</strong> violenza e dell'inganno <strong>per</strong>petrato dalle <strong>per</strong>sone di cultura <strong>per</strong><br />

mezzo del<strong>la</strong> paro<strong>la</strong> nei confronti degli illetterati, quello del viaggio come metafora di una<br />

maturazione interiore, o quello del<strong>la</strong> fede nel fatto che Dio non turba mai <strong>la</strong> pace dei suoi figli<br />

se non <strong>per</strong> metterli al<strong>la</strong> prova e procurare loro una vita migliore e così via.<br />

Lo schema logico del <strong>testo</strong> <strong>narrativo</strong>. I testi narrativi esistenti sono tutti diversi l’uno<br />

dall’altro e questa diversità è il frutto di tanti e svariati elementi, che vanno dagoi argomenti<br />

scelti dai diversi autori <strong>per</strong> <strong>la</strong> loro narrazione al modo in cui i vari nuclei narrativi possono<br />

essere.<br />

L'lndividùazione e l'analisi dello schema <strong>narrativo</strong> di un racconto costituiscono<br />

indubbiamente un esercizio molto utile <strong>per</strong> impadronirsi del<strong>la</strong> struttura di un <strong>testo</strong>, ma sono<br />

anche uno strumento da usare con caute<strong>la</strong> e solo <strong>per</strong> individuare i momenti in cui un racconto<br />

o un <strong>testo</strong> si artico<strong>la</strong>. Infatti, evidenziare e verificare lo schema <strong>narrativo</strong> non deve mai<br />

portare ad appiattire in un rigido schematismo testi che hanno ciascuno <strong>la</strong> propria fisionomia,<br />

sia sul piano delle problematiche sia su quello delle soluzioni formali, e una propria ragione<br />

d'essere, sia sul piano storico sia su quello artistico e psicologico. Inoltre, compiere simili<br />

analisi non deve neppure portare a ridurre il valore e il significato del <strong>testo</strong> allo schema in cui<br />

esso si artico<strong>la</strong> o portare a ridurre le capacità creative ed espressive di uno scrittore al<strong>la</strong><br />

semplice manipo<strong>la</strong>zione dello schema-base di ogni <strong>testo</strong> <strong>narrativo</strong>, con le sue situazioni, i<br />

suoi processi e i suoi ruoli. Nessun <strong>testo</strong> <strong>narrativo</strong> si riduce mai al suo schema-base: un conto,<br />

anzi, è lo schema-base dei Promessi Sposi, che può essere identico - e di fatto lo è - a migliaia<br />

e migliaia di schemi-base di altri romanzi d'amore e di tanti film, telefilm o fotoromanzi, e un<br />

conto è il romanzo I Promessi Sposi che, invece, è diversissimo da tutti i romanzi d'amore, i<br />

racconti, i film, i telefilm e i fotoromanzi che presentano il suo stesso schema <strong>narrativo</strong>.<br />

I <strong>per</strong>sonaggi del racconto e le loro funzioni. Ogni narrazione ruota intorno ad almeno un<br />

<strong>per</strong>sonaggio, dotato di caratteristiche partico<strong>la</strong>ri e protagonista attivo o passivo degli eventi<br />

narrati. Un racconto, infatti, non è fatto solo di eventi ma anche di <strong>per</strong>sonaggi che con le loro<br />

azioni determinano gli eventi nàrrati o che da tali eventi sono coinvolti.<br />

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"Se si può, al limite, immaginare un racconto senza azioni, ad esempio fortemente psicologico, appare<br />

impossibile pensare a una narrazione senza <strong>per</strong>sonaggio, umano o antropomorfico che sia, come gli animali<br />

protagonisti delle fiabe, il burattino Pinocchio, Gelo o Babbo Natale" (A. Marchese).<br />

I <strong>per</strong>sonaggi sono i veri elementi di aggregazione di tutti gli avvenimenti presenti nel<strong>la</strong><br />

narrazione. Inoltre, il rapporto tra gli eventi narrati e i <strong>per</strong>sonaggi è totale: spesso il<br />

<strong>per</strong>sonaggio è quello che è in rapporto alle situazioni in cui è chiamato ad o<strong>per</strong>are e<br />

altrettanto spesso le azioni e le situazioni narrate sono appositamente costruite su misura <strong>per</strong><br />

lui. Si capisce <strong>per</strong>tanto quanto sia importante, in vista di una analisi del <strong>testo</strong> <strong>narrativo</strong>, tener<br />

conto del sistema dei <strong>per</strong>sonaggi: del<strong>la</strong> loro presentazione e caratterizzazione, dei loro ruoli e<br />

dei rapporti che intercorrono tra ciascuno di loro e tra ciascuno di loro e gli eventi narrati.<br />

I modi di presentare il <strong>per</strong>sonaggio. La rappresentazione del <strong>per</strong>sonaggio pone all'autore<br />

diversi e complessi problemi sia in ordine al<strong>la</strong> sua presentazione e caratterizzazione sia in<br />

ordine al suo ruolo all'interno del racconto. In partico<strong>la</strong>re, <strong>la</strong> presentazione del <strong>per</strong>sonaggio<br />

coinvolge tutte le modalità di enunciazione del racconto e, soprattutto, <strong>la</strong> questione del punto<br />

di vista <strong>narrativo</strong> di cui ci occu<strong>per</strong>emo più avanti. Infatti, il <strong>per</strong>sonaggio può essere introdotto<br />

nel racconto in più modi:<br />

- può essere presentato dal narratore attraverso una semplice individuazione anagrafica<br />

(nome, cognome, età, stato civile ecc.) o attraverso un ritratto che può avviare una sua<br />

descrizione fisica e una sua caratterizzazione psicologica o attraverso <strong>la</strong> fusione dei due<br />

momenti come nel <strong>testo</strong> che segue:<br />

Maria era più di là che di qua dei settanta. Di carattere sbrigativo e rude, aveva due occhi mobili e<br />

vivacissimi e un unico dente lungo e giallo. I capelli bianchi e scarmigliati, <strong>la</strong> faccia grinzosa e i modi<br />

bruschi non bastavano a cancel<strong>la</strong>re l'espressione partico<strong>la</strong>re che davano i suoi occhi, dove sopravviveva un<br />

che disempre giovane, indomito, assoluto. Era picco<strong>la</strong> e ossuta, e portava ancora pesi considerevoli <strong>per</strong> <strong>la</strong><br />

sua età, quali borse del<strong>la</strong> spesa, pacchi e altro. (A. Barolini, L’omino del pepe, La Nuova Italia, Firenze)<br />

- può essere presentato da un altro <strong>per</strong>sonaggio, che lo rappresenta dal proprio punto di<br />

vista, cioè raccontando ciò che "vede" di lui, come nel <strong>testo</strong> che segue:<br />

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L'aver conosciuto al caffè un uomo come Luigi Fadigati e averlo praticato <strong>per</strong> anni, fu certamente effetto di<br />

biasimevole curiosità e del<strong>la</strong> facile presa che aveva sul<strong>la</strong> mia fantasia ogni <strong>per</strong>sona di es<strong>per</strong>ienza. Ma Luigi<br />

Fadigati, che prima di ridursi a vivere nel<strong>la</strong> città dove abitavo, aveva battuto in lungo e in <strong>la</strong>rgo l'America<br />

del Sud e del Nord, presentava caratteri esterni e note fisiognomiche così partico<strong>la</strong>ri da destare interesse<br />

anche in <strong>per</strong>sone più smaliziate di me. Alto, elegante e ottimo par<strong>la</strong>tore, non poteva certo sfuggire al<strong>la</strong> mia<br />

curiosità, cosi come non sfuggì a lui, fabu<strong>la</strong>tore e mil<strong>la</strong>ntatore del<strong>la</strong> sua vita e dei suoi viaggi, un attento<br />

ascoltatore come me. (P. Chiara, <strong>Il</strong> Parabo<strong>la</strong>no, in Le corna del diavolo, Mondadori, Mi<strong>la</strong>no)<br />

- può presentarsi da sé, confessandosi, <strong>per</strong> così dire, al lettore:<br />

Del<strong>la</strong> mia patria e del<strong>la</strong> mia famiglia ho poco da dire. Persecuzioni e trascorrere di anni mi hanno fatto<br />

esule dal<strong>la</strong> prima ed estraneo al<strong>la</strong> seconda. Le mie ricchezze ereditarie mi procacciarono un'istruzione fuori<br />

del comune e il mio spirito incline al<strong>la</strong> specu<strong>la</strong>zione mi mise in grado di dare un metodo alle materie ac-<br />

cumu<strong>la</strong>te diligentemente nei miei studi precoci. Mi diedero gran diletto, più di ogni altra cosa, le o<strong>per</strong>e dei<br />

moralisti tedeschi, non <strong>per</strong>ché ammirassi sconsideratamente <strong>la</strong> loro eloquente follia, ma <strong>per</strong>ché, abituato a<br />

una disciplina di rigoroso pensiero, sapevo facilmente scoprire le loro falsità. Spesso mi è stata rim-<br />

proverata l'aridità del mio genio, mi è stata imputata come un delitto <strong>la</strong> mancanza d'immaginazione. (E. A.<br />

Poe, Manoscritto trovato in una bottiglia, Feltrinelli Mi<strong>la</strong>no)<br />

- può essere presentato contemporaneamente sia dal narratore sia attraverso il<br />

giudizio degli altri <strong>per</strong>sonaggi sia attraverso i suoi stessi pensieri. Questo modo di<br />

presentare il <strong>per</strong>sonaggio è tipico soprattutto di certa narrativa contemporanea che<br />

costruisce i suoi intrecci e quindi anche i suoi <strong>per</strong>sonaggi <strong>per</strong> stratificazioni successive,<br />

come nel <strong>testo</strong> seguente:<br />

Ma dunque non era che apparenza? diceva <strong>la</strong> gente. Che c'era dietro... dietro <strong>la</strong> sua bellezza, il suo<br />

splendore? S'era fatto saltar le cervel<strong>la</strong>, domandava <strong>la</strong> gente, era morto <strong>la</strong> settimana prima che lei si sposasse,<br />

quell'altro, il primo amore, di cui qualcuno aveva par<strong>la</strong>to? O non c'era nul<strong>la</strong>? null'altro che una bellezza in-<br />

comparabile, dietro cui el<strong>la</strong> viveva e che non si poteva turbare? Perfino nelle ore d'intimità in cui, sentendo<br />

narrare storie di grandi passioni, d'amori traditi, d'ambizioni deluse, le sarebbe stato facile dire ch'el<strong>la</strong> pure ne<br />

aveva conosciuto, provato o sopportato, non par<strong>la</strong>va di nul<strong>la</strong>. Taceva sempre. Dunque sapeva: sapeva senz'aver<br />

imparato. La sua ingenuità approfondiva ciò che le <strong>per</strong>sone intelligenti falsificavano. La semplicità del<strong>la</strong> sua<br />

mente dava al suo giudizio una dirittura di filo a piombo, una precisione d'uccello nel fermare il volo, le<br />

conferiva naturalmente quel vivace intuito del vero che conso<strong>la</strong>, allevia, sostiene: forse a torto.<br />

«La natura non ha molta argil<strong>la</strong> del<strong>la</strong> specie di cui siete model<strong>la</strong>ta», disse una volta il signor Bankes, udendo <strong>la</strong><br />

sua voce al telefono e restandone molto commosso, <strong>per</strong> quanto lei gli par<strong>la</strong>sse soltanto d'un certo treno. La<br />

vedeva all'altro capo del<strong>la</strong> linea. Di tipo greco, dagli occhi azzurri e dal naso diritto. Come gli sembrava<br />

incongruo telefonare a una donna simile. Quel volto sembrava foggiato dalle mani delle Grazie su prati<br />

17


d'asfodelo. (V. Woolf, Gita al faro, Garzanti, Mi<strong>la</strong>no)<br />

Tutti i modi di presentazione del <strong>per</strong>sonaggio citati sono modi di presentazione diretta:<br />

attraverso di essi, infatti, il lettore viene subito informato circa l'spetto e le caratteristiche del<br />

<strong>per</strong>sonaggio. Ma un <strong>per</strong>sonaggio può essere presentato anche attraverso il suo<br />

comportamento, i suoi pensieri, i giudizi che esprime o attraverso i rapporti che intrattiene<br />

con gli altri <strong>per</strong>sonaggi o <strong>la</strong> società in genere. Si ha allora una presentazione indiretta del<br />

<strong>per</strong>sonaggio, come nel <strong>testo</strong> seguente:<br />

Non aveva <strong>la</strong> minima idea di quel che volesse. Farfugliò di impieghi, di film, di andare da sua nonna<br />

durante l'estate, del desiderio di recarsi a New York a vedere il Roxy, di che specie di completo avrebbe<br />

indossato: qualcosa di simile a quello che portava <strong>la</strong> Pasqua scorsa, cappellino bianco, rose, scarpine<br />

pure rosa, e un soprabito di gabardine color <strong>la</strong>vanda. «Cosa fa <strong>la</strong> domenica pomeriggio?» domandai.<br />

Stava seduta sotto il portico. I suoi amici passavano in bicicletta e si fermavano a chiacchierare. Leggeva<br />

giornaletti umoristici, si sdraiava nell'amaca. «Cosa fa in una calda notte d'estate?» Sedeva sotto il<br />

portico, guardava le macchine sul<strong>la</strong> strada. Lei e sua madre facevano il popcorn. «Cosa fa suo padre in<br />

una notte d'estate?» Lavora, fa il turno di notte in una fabbrica di caldaie, ha passato <strong>la</strong> sua vita intera a<br />

mantenere una donna e i suoi rampolli e senza credito né adorazione. «Cosa fa suo fratello in una notte<br />

d'estate?» Va in giro in bicicletta e passeggia davanti al chiosco delle bibite. «Cos'è che muore dal<strong>la</strong> vo-<br />

glia di fare? Cos'è che tutti noi moriamo dal<strong>la</strong> voglia di fare? Cosa vogliamo? «Non lo sapeva. Sbadigliò.<br />

Aveva sonno. Era troppo. Nessuno poteva dirlo. Nessuno avrebbe potuto dirlo mai. Tutto era finito.<br />

Aveva diciott'anni ed era estremamente adorabile, e mancata. (J. Keruac, Sul<strong>la</strong> strada, Mondadori,<br />

Mi<strong>la</strong>no)<br />

Le caratteristiche del <strong>per</strong>sonaggio. La presentazione del <strong>per</strong>sonaggio è spesso fatta in<br />

modo tale da risultare anche una caratterizzazione. Infatti, <strong>la</strong> presentazione in molti testi è<br />

intesa non soltanto a inquadrare il <strong>per</strong>sonaggio, ma tende anche a delinearne un ritratto<br />

che compendi in qualche misura quelli che sono gli elementi costitutivi del suo carattere e<br />

quindi anticipi in un certo senso quello che sarà il suo comportamento se non il suo ruolo<br />

nel racconto.<br />

Un esempio di questa tecnica di caratterizzazione del <strong>per</strong>sonaggio è offerta dal<strong>la</strong><br />

presentazione di fra Cristoforo, nel capitolo IV dei Promessi Sposi. Infatti, quando il<br />

narratore introduce <strong>per</strong> <strong>la</strong> prima volta sul<strong>la</strong> scena del romanzo il suo <strong>per</strong>sonaggio, egli ne<br />

delinea un ritratto in cui l'accentuazione di alcuni partico<strong>la</strong>ri fisici risulta funzionale al<strong>la</strong><br />

18


appresentazione del carattere del <strong>per</strong>sonaggio, quale si manifesterà al lettore nel corso<br />

delle vicende successive:<br />

<strong>Il</strong> padre Cristoforo da *** era un uomo più vicino ai sessanta che ai cinquant'anni. <strong>Il</strong> suo capo raso, salvo<br />

<strong>la</strong> picco<strong>la</strong> corona di capelli, che vi girava intorno, secondo il rito cappuccinesco, s'alzava di tempo in<br />

tempo, con un movimento che <strong>la</strong>sciava trasparire un non so che d'altero e d'inquieto; e subito<br />

s'abbassava, <strong>per</strong> riflessione d'umiltà. La barba bianca e lunga, che gli copriva le guance e il mento, faceva<br />

ancor più risaltare le forme rilevate del<strong>la</strong> parte su<strong>per</strong>iore del voIto, alle quali un'astinenza, già da gran<br />

pezzo abituale, aveva assai più aggiunto di gravità che tolto d'espressione. Due occhi incavati eran <strong>per</strong> lo<br />

più chinati a terra, ma talvolta sfolgoravano, con vivacità repentina; come due cavalli bizzarri, condotti a<br />

mano da un cocchiere, col quale sanno, <strong>per</strong> es<strong>per</strong>ienza, che non si può vincer<strong>la</strong>, pure fanno, di tempo in<br />

tempo, qualche sgambetto, che scontan subito, con una buona tirata di morso.(: A Manzoni, I promessi<br />

sposi, Mondadori, Mi<strong>la</strong>no)<br />

Nel ritratto fisico di fra Cristoforo tutto concorre a caratterizzare il <strong>per</strong>sonaggio anche sul<br />

piano psicologico ed emotivo, ma è soprattutto il partico<strong>la</strong>re degli "occhi" che "eran <strong>per</strong><br />

lo più chinati a terra", ma che "talvolta sfolgoravano, con vivacità repentina", a <strong>la</strong>sciar<br />

trasparire, fin dal suo primo apparire, il tipo umano del <strong>per</strong>sonaggio.<br />

La caratterizzazione del <strong>per</strong>sonaggio, <strong>per</strong>ò, non è sempre fusa insieme con <strong>la</strong> sua<br />

presentazione, come nell'esempio precedente. <strong>Il</strong> più delle volte, specialmente nel<strong>la</strong><br />

narrativa moderna e contemporanea, essa è affidata al<strong>la</strong> segna<strong>la</strong>zione, nel corpo del<br />

racconto, di elementi utili a identificare il carattere e le caratteristiche del <strong>per</strong>sonaggio:<br />

l'autore, insomma, costruisce il suo <strong>per</strong>sonaggio pezzo <strong>per</strong> pezzo, in stretta connessione<br />

con lo sviluppo degli eventi e il lettore deve procedere da solo al<strong>la</strong> ricostruzione del<br />

carattere del <strong>per</strong>sonaggio sommando tutte le informazioni che l'autore gli ha via via<br />

fornito. Talvolta, anzi, in racconti o romanzi in cui il <strong>per</strong>sonaggio, di solito il protagonista,<br />

è presentato in una prospettiva puramente psicologica e tutta <strong>la</strong> narrazione è condotta sul<br />

filo dell'analisi di stati d'animo, emozioni e sentimenti, <strong>la</strong> caratterizzazione del<br />

<strong>per</strong>sonaggio dura <strong>per</strong> tutta <strong>la</strong> durata del racconto o del romanzo e solo a lettura finita il<br />

lettore è in grado di coglierlo nel<strong>la</strong> sua totalità di <strong>per</strong>sonaggio.<br />

Tipico del<strong>la</strong> narrativa moderna e contemporanea, questo modo di caratterizzare il <strong>per</strong>sonaggio è usato da<br />

I. Svevo nel romanzo La coscienza di Zeno ed è molto frequente nei racconti diLa lezione di canto di K.<br />

19


Mansfield si sa soltanto che è una insegnante di musica e che ha appena ricevuto <strong>per</strong> lettera una notizia<br />

che l'ha turbata e delusa. <strong>Il</strong> racconto prende spunto da questo episodio che è volto esclusivamente a<br />

rappresentare <strong>la</strong> psicologia del <strong>per</strong>sonaggio non tanto attraverso notazioni descrittive quanto attraverso<br />

una paziente e progressiva caratterizzazione affidata al<strong>la</strong> registrazione diretta dei suoi pensieri J. Joyce e<br />

di K. Mansfield. Ad esempio, del <strong>per</strong>sonaggio protagonista del racconto<br />

<strong>Il</strong> tipo di caratterizzazione più frequente è quel<strong>la</strong> psicologica che, fusa insieme al<strong>la</strong><br />

descrizione fisica, è volta a individuare il <strong>per</strong>sonaggio attraverso <strong>la</strong> registrazione delle<br />

sue emozioni, dei suoi stati d'animo e delle sue reazioni. Ma essa non è l'unico tipo di<br />

caratterizzazione. Infatti, ai fini del<strong>la</strong> vicenda in cui lo inserisce, l'autore può avere il<br />

bisogno di caratterizzare il <strong>per</strong>sonaggio anche su altri piani o addirittura su piani diversi<br />

da quello fisico o da quello psicologico: può, ad esempio, caratterizzarlo dal punto di<br />

vista del<strong>la</strong> c<strong>la</strong>sse sociale di cui fa parte (caratterizzazione sociale) o del tipo di<br />

istruzione o di cultura che possiede (caratterizzazione culturale) o del tipo di ideologia<br />

che professa (caratterizzazione ideologica).<br />

Queste diverse forme di caratterizzazione possono anche coesistere tra loro e<br />

contribuire, tutte insieme, integrandosi l'una con l'altra, a delineare il ritratto completo<br />

del <strong>per</strong>sonaggio. Ciò, <strong>per</strong>ò, succede soltanto nei testi narrativi di ampio respiro come i<br />

romanzi, dove <strong>per</strong> forza di cose il <strong>per</strong>sonaggio protagonista e spesso anche gli altri<br />

<strong>per</strong>sonaggi devono avere un notevole spessore, se non vogliono essere solo dei tipi o,<br />

peggio ancora, delle semplici maschere. Invece nei testi narrativi di minori dimensioni<br />

come le fiabe, le novelle e i racconti propriamente detti, <strong>la</strong> caratterizzazione dei<br />

<strong>per</strong>sonaggi tende a privilegiare un aspetto partico<strong>la</strong>re del<strong>la</strong> loro <strong>per</strong>sonalità, quello che<br />

all'autore maggiormente interessa approfondire o accentuare in rapporto alle vicende in<br />

cui intende coinvolgerli.<br />

Talvolta, infine, <strong>la</strong> caratterizzazione del <strong>per</strong>sonaggio, come <strong>la</strong> sua presentazione, può<br />

essere fatta dall'autore in modo indiretto. Così, <strong>per</strong> caratterizzare un <strong>per</strong>sonaggio dal punto<br />

di vista culturale, l'autore, anziché delineare il quadro dei suoi stati d'animo, può limitarsi<br />

a farlo par<strong>la</strong>re: dal modo stesso in cui si esprime, dalle nozioni che dimostra di possedere e<br />

dal tipo di concetti che enuncia, il lettore può agevolmente ricostruire il suo livello cultura-<br />

le. Si veda in proposito come, nel seguente <strong>testo</strong>, il narratore caratterizzi il <strong>per</strong>sonaggio del<br />

proprio padre come un uomo semplice e ingenuo facendolo par<strong>la</strong>re:<br />

Quando venne l'ordine di non dare più da mangiare alle bestie e di condurle tutte alle case dei padroni,<br />

mio padre prese <strong>la</strong> vacca e <strong>la</strong> condusse dal<strong>la</strong> padrona.<br />

«O vacca o mucca» diceva mia madre «adesso bisogna che se <strong>la</strong> governi lei e se <strong>la</strong> studi lei se vuole il<br />

20


<strong>la</strong>tte.»<br />

«Ma come, Mingòn» domanda lei tutta avvilita, «tu mi fai queste prepotenze?»<br />

«Me non sono prepotento» rispondeva mio padre, «ma capirà! Se non faccio io <strong>la</strong> prepotenza sopra di lei,<br />

<strong>la</strong> fanno loro sopra di me. »<br />

«Chi loro?»<br />

«So me? Quelli che adesso hanno in mano <strong>la</strong> legge. Sa lei, padrona bel<strong>la</strong>, cosa vuoi dire essere boicottati?<br />

Non si mangia, non si beve, non si dorme più. Vai al<strong>la</strong> bottega? E <strong>per</strong> te <strong>la</strong> roba non c'è! Hai il pagliajo? E <strong>la</strong><br />

notte te lo bruciano. Porti il pane al forno? Per te il fornaio non ha più il fuoco. Vai <strong>per</strong> <strong>la</strong> strada? Anche i<br />

piccoli, i bastardi, ti fischiano dietro; e guai a toccarli! "Ricordàtevi hanno detto che le bèstie dèvono morire<br />

di fame e di sete." Deve sentire nelle stalle grandi, che rugghi! Sembrano quasi dei cristiani. Ma adesso <strong>la</strong><br />

legge è così.»<br />

«Ma allora tu sei un traditore!»<br />

«Me non sono traditore; ma i tempi son mutati, e son mutato anche me. Anche lei diceva: "Tre mesi e poi <strong>la</strong><br />

guerra è finita e saremo tutti felici!". E invece, altro che tre mesi! »<br />

«Ma ti pare ben fatto quello che fai?»<br />

«Io dico che è una prepotenza, e che le prepotenze non vanno mai bene, ma adesso usa così.» «E<br />

un'infamia!»<br />

«Lei l'ha ragione, sora padrona» diceva mio padre, «ma vède<strong>la</strong>: gli hanno ingolositi troppo i contadini!<br />

"Fate <strong>la</strong> guerra, fate <strong>la</strong> guerra! Dopo avrete questo e quest’altro." Ma non sa lei che a dar da mangiare l'uva<br />

ai cani, dopo <strong>la</strong> vigna non si salva più?» (A. Panzini, <strong>Il</strong> padrone sono me, Mondadori, Mi<strong>la</strong>no)<br />

<strong>Il</strong> sistema dei <strong>per</strong>sonaggi: <strong>per</strong>sonaggi principali e <strong>per</strong>sonaggi secondari. I <strong>per</strong>sonaggi di un<br />

<strong>testo</strong> <strong>narrativo</strong>, di solito, si dividono in <strong>per</strong>sonaggi principali e <strong>per</strong>sonaggi secondari, a<br />

seconda dell'importanza che hanno nell'economia del<strong>la</strong> narrazione.<br />

In partico<strong>la</strong>re, i <strong>per</strong>sonaggi principali sono quelli su cui maggiormente si incentra l'azione<br />

o l'attenzione: tra essi si distingue il protagonista che è a tutti gli effetti il <strong>per</strong>sonaggio più<br />

importante del racconto, quello che è presente in tutte le sequenze narrative o che, anche<br />

quando non è presente di <strong>per</strong>sona, è al centro del discorso <strong>narrativo</strong>. Di solito, è anche il<br />

portavoce privilegiato dell'ideologia dell'autore, il <strong>per</strong>sonaggio, cioè, al quale l'autore affida il<br />

compito di comunicare, direttamente o indirettamente, le proprie opinioni.<br />

Nei testi narrativi dei secoli passati, esisteva un solo <strong>per</strong>sonaggio principale: Ulisse, ad<br />

esempio, è, a tutti gli effetti, il protagonista incontrastato dell'Odissea, come Enea lo è<br />

dell'Eneide. Nei testi narrativi moderni, invece, il protagonista unico tende a scomparire e il<br />

suo posto è preso da più <strong>per</strong>sonaggi principali che si dividono il ruolo di protagonista e<br />

vengono definiti comprimari.<br />

Si pensi, ad esempio, al romanzo I Promessi Sposi che, come preannuncia già il titolo, ha due <strong>per</strong>sonaggi<br />

principali, Renzo e Lucia (e ancor più esplicitamente nel<strong>la</strong> prima stesura del romanzo, A. Manzoni aveva<br />

21


posto nel titolo il nome dei due promessi, Fermo, cioè Renzo, e Lucia). Nel romanzo I Ma<strong>la</strong>voglia di G.<br />

Verga, i <strong>per</strong>sonaggi principali o <strong>per</strong> lo meno quelli su cui si incentra maggiormente <strong>la</strong> vicenda, sono<br />

addirittura tutti i membri del<strong>la</strong> famiglia Ma<strong>la</strong>voglia, dal nonno, padron 'Ntoni, ai nipoti.<br />

In alcuni romanzi contemporanei, poi, non esistono neppure <strong>per</strong>sonaggi che possono essere<br />

definiti principali e tanto meno esiste un protagonista. Infatti, con <strong>la</strong> progressiva <strong>per</strong>dita<br />

d'importanza dell'intreccio a favore di una trama narrativa fatta più di stati d'animo, di<br />

emozioni e di sentimenti che di eventi, anche i <strong>per</strong>sonaggi hanno un rilievo minore e tendono<br />

ad appiattirsi l'uno sull'altro senza che uno si elevi al punto da meritare il ruolo e il nome di<br />

protagonista. Diverso, ovviamente, è il caso dei testi narrativi più brevi, come le novelle e i<br />

racconti propriamente detti, dove <strong>la</strong> presenza di un protagonista è <strong>per</strong> lo più essenziale ai fini<br />

dello sviluppo dei fatti narrati e dove, anzi, i fatti narrati si risolvono tutti in azioni del<br />

protagonista o in avvenimenti che lo riguardano.<br />

Accanto a uno o più <strong>per</strong>sonaggi principali, il <strong>testo</strong> <strong>narrativo</strong> prevede anche <strong>la</strong> presenza di<br />

<strong>per</strong>sonaggi secondari, cioè di <strong>per</strong>sonaggi che, <strong>per</strong> definizione, nell'economia del <strong>testo</strong><br />

<strong>narrativo</strong> hanno un'importanza minore di quelli principali. Essi si distinguono in tre<br />

sottocategorie: quelli che compiono azioni che incidono sul<strong>la</strong> situazione o sul comportamento<br />

del protagonista e, quindi, in qualche modo partecipano agli eventi narrati; quelli che, pur<br />

venendo in contatto con il protagonista, non incidono in modo decisivo sul suo<br />

comportamento, quindi non partecipano attivamente agli eventi narrati; quelli che invece<br />

sono semplici comparse e servono solo a caratterizzare un ambiente o una situazione.<br />

Al<strong>la</strong> prima categoria appartengono, <strong>per</strong> esempio, nel romanzo I Promessi Sposi, <strong>per</strong>sonaggi come don<br />

Abbondio, fra Cristoforo, Agnese e Perpetua, <strong>per</strong>sonaggi tutti che, senza assurgere al ruolo di<br />

protagonisti, svolgono nel romanzo una funzione ben precisa e incidono non poco sul corso degli eventi.<br />

Al<strong>la</strong> seconda categoria, invece, appartengono <strong>per</strong>sonaggi come don Ferrante, donna Prassede, il sarto e<br />

l'oste di Gorgonzo<strong>la</strong>. Al<strong>la</strong> terza categoria, infine, appartengono <strong>per</strong>sonaggi ancora minori, che si<br />

riducono al livello di semplici comparse: figure come il vecchio mal vissuto che Renzo incontra a<br />

Mi<strong>la</strong>no durante l'assalto al<strong>la</strong> casa del vicario di provvisione nel cap. XIII e <strong>la</strong> mamma di Cecilia che<br />

Renzo intravede, sempre a Mi<strong>la</strong>no, durante l'infuriare del<strong>la</strong> peste, nel cap. XXXIV.<br />

<strong>Il</strong> sistema dei <strong>per</strong>sonaggi: i ruoli e le funzioni. La distinzione tradizionale tra <strong>per</strong>sonaggi<br />

principali e <strong>per</strong>sonaggi secondari è sostanzialmente valida, ma resta una distinzione piuttosto<br />

schematica e statica: si limita, infatti, a stabilire una gerarchia fondata esclusivamente<br />

sull'importanza che ciascuno di essi riveste nell'economia del racconto, ma nul<strong>la</strong> dice circa i<br />

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apporti che i vari <strong>per</strong>sonaggi intrattengono tra loro né circa il ruolo che svolgono nel<br />

racconto. Perciò, i narratologi, cioè gli studiosi delle tecniche del<strong>la</strong> narrazione, hanno ritenuto<br />

opportuno definire i <strong>per</strong>sonaggi non in rapporto soltanto al<strong>la</strong> loro importanza nell'ambito del<br />

racconto, ma a seconda del<strong>la</strong> funzione che a ciascuno di essi l'autore attribuisce nel corso<br />

dello sviluppo dell'azione. L'insieme dei <strong>per</strong>sonaggi costituisce così un vero e proprio sistema<br />

- il sistema dei <strong>per</strong>sonaggi - in cui ognuno è definito sia a seconda del<strong>la</strong> funzione che svolge<br />

sia in base alle re<strong>la</strong>zioni che intrattiene con gli altri <strong>per</strong>sonaggi. In partico<strong>la</strong>re, un<br />

<strong>per</strong>sonaggio, in base al ruolo che ha nel racconto, può essere:<br />

- il protagonista (o eroe o soggetto): è il <strong>per</strong>sonaggio principale del racconto, quello che,<br />

anche secondo <strong>la</strong> distinzione tradizionale tra i vari <strong>per</strong>sonaggi, è sempre al centro del<br />

discorso, sia quando agisce sia quando è momentaneamente assente dal<strong>la</strong> scena.<strong>Il</strong> suo<br />

agire è determinato da un'improvvisa rottura dell'equilibrio iniziale, sentimentale o<br />

psicologico, in cui viveva, a causa di un accidente esterno, del sorgere di un bisogno o<br />

anche soltanto di un desiderio di mutamento. Come già sappiamo, il protagonista - che<br />

pure, <strong>per</strong> definizione, dovrebbe essere uno solo, <strong>per</strong>ché protagonista, dal greco pròtos,<br />

'primo' e agonistés, 'lottatore, combattente', significa "il primo lottatore" - può dividere il<br />

suo ruolo con uno o piu comprimari, ma secondo alcuni narratologi questa partizione del<br />

ruolo di protagonista e di eroe è solo apparente e in realtà il protagonista-eroe è sempre<br />

uno solo.<br />

Così, secondo questi narratologi, il <strong>per</strong>sonaggio protagonista dei Promessi Sposi è Renzo: Lucia, che<br />

nelle interpretazioni di tipo tradizionale è considerata una com<strong>primaria</strong> di Renzo e quindi una<br />

protagonista, in realtà sarebbe l'oggetto del contendere, cioè <strong>la</strong> <strong>per</strong>sona (o <strong>la</strong> cosa o il titolo o altro) al cui<br />

possesso aspirano tanto il protagonista quando l'antagonista. Altri narratologi criticano questo modo di<br />

valutare il ruolo di Lucia e le restituiscono quello di coprotagonista, assegnando il ruolo di oggetto al<br />

matrimonio cui tanto Renzo quanto Lucia aspirano, vanamente contrastati dall'antagonista don Rodrigo,<br />

che aspira, ma illegalmente e criminalmente, a unirsi con Lucia. Più semplice risulta il caso del romanzo<br />

I tre moschettieri di A. Dumas: in esso, infatti, i protagonisti sembrano quattro, ma a un esame più<br />

attento anche il lettore scopre che il vero protagonista è uno solo, D'Artagnan, e i tre moschettieri del<br />

titolo sono solo suoi aiutanti.<br />

- l'antagonista: è il <strong>per</strong>sonaggio, di solito "cattivo", che ha il ruolo di contrastare l'azione del<br />

protagonista: può essere il responsabile del<strong>la</strong> rottura dell'equilibrio che determina l'avvio del<br />

racconto o può entrare in scena a equilibrio iniziale già rotto, ma con le sue azioni è sempre il<br />

motore dello sviluppo del<strong>la</strong> narrazione.<br />

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- l'aiutante: è il <strong>per</strong>sonaggio che ha il ruolo di assistere, favorire e aiutare il protagonista.<br />

Gli aiutanti possono essere più di uno, ma il protagonista deve guardarsi dai falsi aiutanti,<br />

cioè da quei <strong>per</strong>sonaggi che dovrebbero aiutarlo o da cui egli si aspetterebbe aiuto, ma che<br />

invece lo tradiscono, <strong>per</strong> vigliaccheria (come don Abbondio nei confronti di Renzo e Lucia) o<br />

<strong>per</strong> interesse <strong>per</strong>sonale (come Svarto che nel<strong>la</strong> tragedia Adelchi di A. Manzoni tradisce il suo<br />

popolo <strong>per</strong> avere in cambio da Carlo, re dei Franchi, onori e ricchezze) o <strong>per</strong> paura di ricatti<br />

(come <strong>la</strong> Monaca di Monza nei confronti di Lucia).<br />

- l'oppositore: è il <strong>per</strong>sonaggio che cerca di ostaco<strong>la</strong>re il protagonista: di solito è al servizio<br />

dell'antagonista, di cui quindi è l'aiutante, ma può anche essere un oppositore iso<strong>la</strong>to. Talvolta<br />

l'oppositore, da aiutante dell'antagonista si trasforma in aiutante del protagonista e quindi<br />

modifica il suo ruolo: è il caso dell'Innominato che da aiutante di don Rodrigo e quindi<br />

oppositore di Renzo e Lucia, si trasforma in aiutante di Renzo e Lucia e quindi in antagonista<br />

di don Rodrigo. Anche gli oppositori possono essere più di uno.<br />

A questi quattro tipi di <strong>per</strong>sonaggi o, se si preferisce, a questi quattro ruoli dei <strong>per</strong>sonaggi<br />

del racconto, il narratologo A.J. Greimas aggiunge due altri tipi di <strong>per</strong>sonaggi, con due ruoli<br />

specifici:<br />

- il destinatore: è il <strong>per</strong>sonaggio che propone al protagonista uno scopo da raggiungere, sia<br />

esso un oggetto da trovare o una <strong>per</strong>sona da conquistare o sottopone il protagonista a prove<br />

partico<strong>la</strong>ri <strong>per</strong> stabilire se è degno di qualcosa.<br />

Nelle fiabe, ad esempio, il destinatore di solito è un re che propone a uno o più <strong>per</strong>sonaggi di compiere<br />

imprese partico<strong>la</strong>ri offrendo loro in cambio qualcosa (<strong>per</strong> esempio il trono o <strong>la</strong> mano del<strong>la</strong> figlia). In taluni<br />

casi, sempre nelle fiabe, il destinatore può essere anche lo stesso oggetto che sarà dato in premio al<br />

<strong>per</strong>sonaggio-protagonista, dopo che avrà su<strong>per</strong>ato le sue prove: ad esempio, una principessa può bandire un<br />

torneo o una gara al vincitore dei quali andrà lei stessa in premio. Di solito, il destinatore assume un<br />

atteggiamento neutrale nei confronti dello svolgimento dell'azione; qualche altra volta, invece, si trasforma,<br />

magari inaspettatamente in antagonista o in aiutante dell'antagonista mentre, molte volte, tende ad aiutare il<br />

protagonista, piegando gli eventi a suo favore. Così, nei Promessi Sposi, il destinatore dei fatti è <strong>la</strong> divina<br />

Provvidenza, che, <strong>per</strong> fini suoi im<strong>per</strong>scrutabili, <strong>per</strong>mette che sia turbato l'equilibrio in cui vivono Renzo e<br />

Lucia, ma poi, dopo aver sottoposto i due promessi a dure prove, risolve a loro vantaggio le varie situazioni,<br />

premiando i buoni e punendo i malvagi.<br />

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- il destinatario: è il <strong>per</strong>sonaggio che al<strong>la</strong> fine arriva a conquistare ciò in cui si materializza<br />

l'oggetto del contendere tra protagonista e antagonista o anche soltanto l'oggetto in cui si<br />

identifica il bisogno o il desiderio che ha mosso all'azione i <strong>per</strong>sonaggi. <strong>Il</strong> destinatario di<br />

solito coincide con il protagonista (cioè Renzo e Lucia sono i beneficiari del risultato ultimo<br />

dell'azione, in quanto possono finalmente sposarsi; se naturalmente si considera solo Renzo<br />

protagonista e si vede in Lucia l'oggetto dell'azione, soltanto Renzo è il destinatario del<br />

romanzo), ma può anche non essere il protagonista. Secondo taluni narratologi, tra l'altro, il<br />

destinatario può essere addirittura un <strong>per</strong>sonaggio estraneo al racconto e cioè il lettore.<br />

L'individuazione dei ruoli dei <strong>per</strong>sonaggi e dei rapporti tra loro intercorrenti costituisce<br />

un momento importante nell'analisi del <strong>testo</strong> <strong>narrativo</strong>. Naturalmente, anche questo livello di<br />

lettura non deve essere svolto in modo rigido, ma con un'intelligente flessibilità che eviti<br />

inutili schematismi. Del resto, questa o<strong>per</strong>azione, se è facilmente attuabile nei riguardi di testi<br />

narrativi semplici o stereotipati, come ad esempio le favole o i romanzi di impostazione<br />

tradizionale, diventa più complessa <strong>per</strong> altri tipi di testi, narrativamente più liberi nel<strong>la</strong> loro<br />

struttura. In questi casi, infatti, il sistema dei <strong>per</strong>sonaggi può essere molto vario e non sempre<br />

è possibile individuare facilmente tutti i ruoli che abbiamo indicato, <strong>per</strong>ché qualcuno di essi<br />

può essere assente o può essere assunto da un <strong>per</strong>sonaggio che ha già, più o meno<br />

esplicitamente, un altro ruolo. Nei testi narrativi moderni e contemporanei in cui, come<br />

abbiamo detto, si è verificata una caduta di importanza del <strong>per</strong>sonaggio, paralle<strong>la</strong> a quel<strong>la</strong><br />

dell'intreccio, una c<strong>la</strong>ssificazione troppo rigida dei ruoli più che difficile si rive<strong>la</strong> inutile: <strong>la</strong><br />

riduzione degli eventi narrati a stati d'animo o a conflitti interiori o a scontri intellettuali e<br />

ideologici non solo riduce l'azione al<strong>la</strong> investigazione di tali conflitti e scontri, ma riduce ai<br />

minimi termini le azioni dei <strong>per</strong>sonaggi impedendo loro di assumere ruoli ben precisi, quando<br />

addirittura non polverizza i <strong>per</strong>sonaggi stessi in entità astratte, puramente raziocinanti.<br />

<strong>Il</strong> <strong>per</strong>sonaggio e l’autore. Come già abbiamo accennato, il <strong>per</strong>sonaggio è il portavoce<br />

dell'autore. Ciò vale in genere <strong>per</strong> tutti i <strong>per</strong>sonaggi, <strong>per</strong>ché essi recano, in positivo o in<br />

negativo, l’impronta del loro autore, ma di solito l'autore ne sceglie uno in partico<strong>la</strong>re - <strong>per</strong> lo<br />

più, ma non necessariamente, il protagonista - cui affida il compito di trasmettere, in modo<br />

più o meno diretto ed evidente, <strong>la</strong> propria ideologia, cioè il proprio modo di vedere <strong>la</strong> realtà e<br />

il proprio atteggiamento nei confronti dei grandi problemi esistenziali, sociali, economici,<br />

politici e morali.<br />

Così, nell'Eneide, Virgilio affida a Enea non solo il ruolo di protagonista delle vicende narrate, ma anche<br />

il compito di im<strong>per</strong>sonare e di propagandare il modello ideale del condottiero e del capo di stato in cui<br />

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egli crede e che, <strong>per</strong> lui, coincide con <strong>la</strong> figura storica dell’im<strong>per</strong>atore Augusto: un uomo pius, rispettoso<br />

degli dei e degli uomini e legato ai valori del<strong>la</strong> tradizione, del<strong>la</strong> patria e del<strong>la</strong> famiglia, che sa rinunciare<br />

al<strong>la</strong> propria dimensione privata <strong>per</strong> realizzare il compito che gli è stato assegnato; un uomo che sa anche,<br />

all'occorrenza, prendere le armi <strong>per</strong> far valere le proprie ragioni e sa combattere e punire i propri nemici<br />

ma che, poi, ottenuto il suo scopo, sa costruire <strong>la</strong> pace anche attraverso il <strong>per</strong>dono. A un altro<br />

<strong>per</strong>sonaggio, Anchise, il padre di Enea, invece, Virgilio affida esplicitamente il compito di esaltare <strong>la</strong><br />

romanità e <strong>la</strong> famiglia di Augusto, mettendogli in bocca <strong>la</strong> celebrazione dei meriti dei Romani e<br />

passando in rassegna gli eroi che renderanno famosa Roma e <strong>la</strong> gens lulia.<br />

Nei Promessi Sposi, Manzoni affida a Renzo e Lucia il compito di incarnare il tipo umano del buon<br />

cristiano come egli lo vorrebbe e, infatti, al<strong>la</strong> fine del romanzo attribuisce proprio a loro due, e in<br />

partico<strong>la</strong>re a Lucia, il compito di enunciare al lettore il "sugo" di tutta <strong>la</strong> storia, cioè il concetto del<strong>la</strong><br />

Provvidenza che o<strong>per</strong>a nel<strong>la</strong> storia umana <strong>per</strong> finì im<strong>per</strong>scrutabili ma sempre buoni. Portavoci<br />

dell'ideologia di Manzoni sono, <strong>per</strong>ò, anche altri <strong>per</strong>sonaggi del romanzo: basti pensare a fra Cristoforo<br />

che, attraverso il comportamento e le parole, è chiamato a incarnare un tipo di cristiano - il soldato di<br />

Cristo - che coincide con l'ideale cristiano di Manzoni all'epoca del<strong>la</strong> stesura dei Promessi Sposi.<br />

Allo stesso modo, nel romanzo <strong>Il</strong> dottor Zivago, lo scrittore sovietico Boris Pasternak trasmette<br />

attraverso il protagonista <strong>la</strong> sua concezione del<strong>la</strong> solitudine dell'intellettuale nel<strong>la</strong> oscura violenza delta<br />

storia e suggerisce un'alternativa spiritualistica da opporre al materialismo dominante.<br />

Infine, ai <strong>per</strong>sonaggi tormentati e angosciati delle sue novelle e dei suoi romanzi, Luigi Pirandello<br />

assegna il compito di esprimere <strong>la</strong> sua tormentata visione esistenziale, incentrata sul<strong>la</strong> crisi di identità<br />

dell'uomo contemporaneo.<br />

Naturalmente, non è possibile ridurre il <strong>per</strong>sonaggio solo a interprete dell'ideologia<br />

dell'autore. <strong>Il</strong> <strong>per</strong>sonaggio, anzi, <strong>per</strong> quello che ci riguarda in questa sede, è soprattutto un<br />

elemento del<strong>la</strong> narrazione: l'elemento centrale di aggregazione e di sviluppo degli eventi<br />

narrati. Tuttavia, nell'analisi del <strong>per</strong>sonaggio e, più in generale, del <strong>testo</strong> <strong>narrativo</strong>, è<br />

opportuno tenere conto anche di questo ruolo - non tecnico ma ideologico - del <strong>per</strong>sonaggio<br />

e, quindi, considerarlo anche dal punto di vista dei suoi inevitabili rapporti con il "pensiero"<br />

dell'autore e dell'epoca in cui è stato concepito.<br />

La dimensione temporale: il tempo del racconto. Nel <strong>testo</strong> <strong>narrativo</strong> <strong>la</strong> dimensione temporale<br />

ha una grande importanza; infatti, gli eventi narrati non solo sono collocati in un tempo<br />

preciso, storicamente individuato (il Seicento, l'Ottocento, l'età del Risorgimento, <strong>la</strong> Seconda<br />

guerra mondiale, gli anni Sessanta, il 2000 ecc.), ma <strong>la</strong> narrazione stessa si presenta come il<br />

fluire di una serie di eventi nel tempo.<br />

Nell'analisi del racconto, quindi, <strong>per</strong> comprendere pienamente il funzionamento del<br />

meccanismo <strong>narrativo</strong> è opportuno stabilire come l'autore ha risolto il problema del<strong>la</strong> scelta<br />

del tempo storico in cui inserire gli eventi (il tempo del<strong>la</strong> storia) e, soprattutto, come ha<br />

26


isolto il problema del<strong>la</strong> distribuzione nel tempo degli eventi narrati (il tempo del<strong>la</strong><br />

narrazione).<br />

<strong>Il</strong> tempo del<strong>la</strong> storia. <strong>Il</strong> tempo del<strong>la</strong> storia altro non è che l'epoca storica o il <strong>per</strong>iodo di<br />

tempo in cui sono collocati e si svolgono gli avvenimenti narrati e le azioni dei <strong>per</strong>sonaggi.<br />

La scelta di questo tempo da parte dell'autore è strettamente collegata ai singoli generi<br />

narrativi e, anche, all'argomento che l'autore si propone di narrare. Così, un romanzo storico<br />

deve essere ambientato in un'epoca precisa, <strong>per</strong> lo più passata, scelta a seconda delle<br />

intenzioni dell'autore.<br />

Manzoni, ad esempio, <strong>per</strong> raccontare gli eventi che aveva in animo di raccontare, scelse il Seicento, l'epoca<br />

del<strong>la</strong> dominazione spagno<strong>la</strong> in Italia. La lettura, infatti, delle gride secentesche che comminavano pene<br />

contro coloro che impedivano <strong>la</strong> celebrazione di un matrimonio e di quelle contro i bravi, gli aveva dato non<br />

solo lo spunto <strong>per</strong> raccontare <strong>la</strong> vicenda di un matrimonio impedito, ma anche <strong>la</strong> consapevolezza che il<br />

Seicento sarebbe stata l'epoca storica più adatta <strong>per</strong> dare credibilità ai fatti che intendeva narrare. Inoltre, il<br />

Seicento gli pareva un'epoca <strong>per</strong> molti aspetti simile al<strong>la</strong> propria, quell'Ottocento che voleva gran parte<br />

dell'italia sotto <strong>la</strong> dominazione straniera.<br />

Un racconto di avventure tra pellirosse e coloni deve essere, <strong>per</strong> forza di cose, ambientato<br />

nell'epoca in cui pellirosse e coloni venivano effettivamente in conflitto. Un romanzo di<br />

fantascienza, infine, deve essere necessariamente ambientato in un'epoca futura.<br />

Collocati in un tempo futuro sono, ad esempio, i racconti e i romanzi dello scrittore R. Bradbury, come<br />

Cronache marziane e Fahrenheit 451. E lo scrittore G. Orwell, pubblicando nel 1949 un romanzo<br />

intito<strong>la</strong>to 1984 sulle condizioni di vita dell'umanità sotto un potere totalitario, ambientò <strong>la</strong> vicenda in un<br />

futuro a lui prossimo, appunto il 1984.<br />

Gli autori moderni, soprattutto quelli che preferiscono narrare eventi legati in qualche<br />

modo alle loro es<strong>per</strong>ienze di vita, tendono a collocare l'azione nel loro tempo. Infine, non<br />

mancano neppure racconti che, narrando più stati d'animo che avvenimenti, non hanno<br />

una collocazione temporale precisa.<br />

<strong>Il</strong> tempo del<strong>la</strong> narrazione. Diverso dal tempo del<strong>la</strong> storia è il tempo del<strong>la</strong> narrazione o<br />

tempo <strong>narrativo</strong>, cioè il tempo interno del racconto. In questo caso bisogna distinguere:<br />

l'ordine in cui l'autore sceglie di disporre e di narrare gli eventi;<br />

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<strong>la</strong> distanza intercorrente tra il momento (l'epoca) in cui si immagina che gli eventi si<br />

siano verificati e il momento in cui vengono narrati;<br />

il rapporto tra <strong>la</strong> durata reale nel tempo degli eventi e <strong>la</strong> loro durata narrativa,<br />

cioè lo spazio di tempo che viene ad essi riservato nel<strong>la</strong> narrazione.<br />

L'analisi di questi tre elementi del<strong>la</strong> dimensione temporale del racconto è fondamentale<br />

<strong>per</strong> capire i meccanismi più delicati che presiedono al<strong>la</strong> costruzione del racconto stesso.<br />

L'ordine<br />

Trattando del<strong>la</strong> differenza tra fabu<strong>la</strong> e intreccio, già si è visto come il racconto, in quanto<br />

intreccio, sia <strong>per</strong> lo più costruito attraverso un'alterazione dell'ordine cronologico reale in<br />

cui gli eventi si sono verificati. L'autore, infatti, manipo<strong>la</strong> gli eventi e li dispone secondo<br />

un ordine diverso da quello reale e, come pure si è visto, proprio <strong>la</strong> disposizione degli<br />

eventi nell'intreccio costituisce <strong>la</strong> struttura portante di ogni racconto: individuar<strong>la</strong> e<br />

confrontar<strong>la</strong> con <strong>la</strong> loro successione reale è il primo livello dell'analisi del racconto.<br />

Più rari sono i racconti a intreccio lineare, cioè i racconti in cui i fatti sono narrati nel loro<br />

ordine reale di successione. Anche in questo caso, <strong>per</strong>ò, se l'intreccio si artico<strong>la</strong> su più<br />

vicende, l'autore si trova nel<strong>la</strong> difficoltà oggettiva di narrare contemporaneamente tutte le<br />

vicende che avvengono nello stesso momento e deve quindi ricorrere a un ordine fittizio di<br />

esposizione: deve narrare prima gli eventi re<strong>la</strong>tivi a un <strong>per</strong>sonaggio e poi ritornare indietro<br />

nel tempo e raccontare quanto nel frattempo veniva succedendo a un altro <strong>per</strong>sonaggio. Nei<br />

Promessi Sposi il narratore sottolinea acutamente i problemi connessi con l'organizzazione<br />

dell'intreccio in casi come questo in una celebre similitudine:<br />

Ho visto più volte un caro fanciullo, vispo, <strong>per</strong> dire il vero, più del bisogno, ma che, a tutti i segnali,<br />

mostra di voler riuscire un ga<strong>la</strong>ntuomo, l'ho visto, dico, più volte affaccendato sul<strong>la</strong> sera a mandare al co<strong>per</strong>to<br />

un suo gregge di porcellini d'India, che aveva <strong>la</strong>sciati scorrer liberi il giorno, in un giardinetto. Avrebbe<br />

voluto fargli andar tutti insieme al covile; ma era fatica buttata: uno si sbandava a destra, e mentre il piccolo<br />

pastore correva <strong>per</strong> cacciarlo nel branco, un altro, due, tre ne uscivano a sinistra, da ogni parte. Dimodoché,<br />

dopo essersi un po’ impazientito, s'adattava al loro genio, spingeva prima dentro quelli ch'eran più vicini<br />

all'uscio, poi andava a prender gli altri, a uno, a due, a tre, come gli riusciva. Un gioco simile ci convien fare<br />

co' nostri <strong>per</strong>sonaggi: ricoverata Lucia, siam corsi a don Rodrigo; e ora lo dobbiamo abbandonare, <strong>per</strong> andar<br />

dietro a Renzo, che avevam <strong>per</strong>duto di vista. (A. Manzoni, I promessi sposi)<br />

La distanza<br />

La distanza tra il momento del<strong>la</strong> narrazione e il momento in cui i fatti narrati sono accaduti<br />

varia a seconda delle esigenze del narratore e deve essere valutata volta <strong>per</strong> volta. In<br />

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partico<strong>la</strong>re, essa può oscil<strong>la</strong>re tra due possibilità opposte:<br />

<strong>la</strong> coincidenza, quando i fatti vengno narrati nel momento stesso del loro accadere, come se<br />

il racconto fosse registrato "in diretta". In questo caso vengono utilizzati i tempi verbali<br />

cosiddetti discorsivi, come il presente, il passato prossimo e il futuro, e il lettore ha<br />

l'impressione di vivere gli eventi non solo nel loro divenire, ma anche nel loro farsi. Nel <strong>testo</strong><br />

che segue, ad esempio, <strong>la</strong> protagonista-narratrice racconta le vicende del<strong>la</strong> propria vita<br />

presentandole, con grande immediatezza, nel momento stesso in cui le vive:<br />

È l'alba agra di una primavera nebbiosa, sono a letto, <strong>la</strong> balia Colomba mi desta all'improvviso dicendo cose<br />

troppo terrificanti <strong>per</strong> essere vere. Scendo a precipizio, mi avvolgo in una sopravveste or<strong>la</strong>ta di pelliccia e<br />

mi <strong>la</strong>ncio - e qualche cosa in me si rifiuterebbe di camminare - nel<strong>la</strong> sa<strong>la</strong> vicina appena in tempo <strong>per</strong> vedere<br />

<strong>la</strong> testa equina mezzo scarnita del cavallo morello del signor Giovanni Gonzaga mio cognato che appare<br />

venendo su dal<strong>la</strong> salita a chioccio<strong>la</strong> che immette nel mio appartamento di Castello. La testa del cavallo non<br />

nasconde il cavaliere, ma tirandosi indietro lo respinge in una visione lontana e stralunata. Ambedue co<strong>per</strong>ti<br />

di polvere e di fango, ambedue all'estremo del resistere: e il signor Giovanni, allentate le redini, scivo<strong>la</strong> giù<br />

di fianco sorretto appena in tempo dal suo scudiero che gli teneva dietro. Più giovane di tutti i miei cognati,<br />

Giovanni sembra vecchissimo forse <strong>per</strong> <strong>la</strong> gran polvere che lo fa canuto: è ubriaco di paura e di stanchezza,<br />

sopraffatto in ogni lineamento eppure fuori di tono, iroso. E quasi cambia di voce quando annuncia in frasi<br />

rotte, le cose patite e da patire.<br />

«E finita <strong>per</strong> il Moro!» ur<strong>la</strong> tutto roco. « E finita <strong>per</strong> tutti noi e prima di tutto <strong>per</strong> voi, Isabel<strong>la</strong>». (M:<br />

Bellonci, Rinascimento privato, Mondadori, Mi<strong>la</strong>no)<br />

<strong>la</strong> massima lontananza, quando <strong>la</strong> distanza tra i due momenti è tale che il rapporto tra<br />

l'epoca in cui i fatti si sono verificati e l'epoca del<strong>la</strong> narrazione diventa imprecisabile. In<br />

questo caso, <strong>la</strong> dimensione temporale <strong>per</strong>de ogni connotazione reale <strong>per</strong> diventare puramente<br />

simbolica: è <strong>la</strong> dimensione atemporale delle favole e delle leggende, di solito localizzata nel<br />

tempo, attraverso mezzi temporali vaghi e indeterminati, come "C'era una volta", "Tanto<br />

tempo fa" e simili.<br />

Tra questi due estremi, si hanno nei racconti delle situazioni intermedie in cui <strong>la</strong> distanza tra<br />

fatti narrati e narrazione può essere:<br />

esplicitata da una datazione rigorosa dei fatti narrati che li colloca nell'epoca esatta in<br />

cui si sono realizzati, marcando in modo preciso <strong>la</strong> distanza tra essi e <strong>la</strong> loro narrazione. Ciò<br />

succede tutte le volte che l'autore vuole dare ai fatti una dimensione storica e ufficiale. È il<br />

caso di tutti i romanzi storici. Ad esempio, all'inizio dei Promessi Sposi, dopo l'indicazione<br />

delle coordinate spaziali entro le quali le vicende prendono le mosse, vengono subito precisa-<br />

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te anche le coordinate temporali dell'azione:<br />

Per una di queste stradicciole, tornava bel bello dal<strong>la</strong> passeggiata verso casa, nel<strong>la</strong> sera del giorno 7<br />

novembre dell'anno 1628, don Abbondio, curato d'una delle terre accennate di sopra.<br />

segna<strong>la</strong>ta dall'uso di marche temporali, come Molti anni fa", "In quell'epoca" e simili,<br />

che collocano <strong>la</strong> narrazione nel passato, segna<strong>la</strong>ndo <strong>la</strong> distanza tra il momento del<strong>la</strong><br />

narrazione e il momento dei fatti senza precisar<strong>la</strong> in modo rigoroso:<br />

Molti anni fa, trovandomi a vivere in un paese lontano dove non mi riusciva di ~,prender piede, salutai<br />

come una vera fortuna <strong>la</strong> conoscenza che mi era accaduto di fare, in farmacia, col medico Antonino<br />

Corvallo, un siciliano nero come un corvo che aveva <strong>la</strong> sua condotta in un consorzio di piccoli paesi<br />

vicini. (P. Chiara, Dal fondo del<strong>la</strong> mia timidezza, in L’uovo al cianuro, Mondadori Mi<strong>la</strong>no)<br />

giocata in un continuo alternarsi di piani temporali, di modo che il tempo del<strong>la</strong><br />

narrazione si intreccia di continuo con il tempo dei fatti. È <strong>la</strong> soluzione più diffusa nei testi<br />

narrativi moderni e contemporanei, <strong>per</strong>ché <strong>per</strong>mette di fondere insieme il piano del<strong>la</strong><br />

narrazione con quello del<strong>la</strong> riflessione sugli eventi narrati. Si veda, ad esempio, come nel<br />

<strong>testo</strong> seguente il tempo presente del<strong>la</strong> narrazione e il tempo passato dei fatti si mescolino di<br />

modo che avvenimenti e riflessioni si confondono fino a sovrapporsi nell'interiorità del<br />

narratore, in una <strong>per</strong>fetta corrispondenza non solo tra passato e presente, ma anche tra<br />

es<strong>per</strong>ienze reali ed es<strong>per</strong>ienze interiori, tra esterno e interno del<strong>la</strong> coscienza:<br />

La durata<br />

Ricordavo come, un'ora prima dell'attimo in cui <strong>la</strong> nonna si era chinata così, in vestaglia, sui miei<br />

stivaletti, mentre vagavo nell'afa soffocante del<strong>la</strong> strada, davanti al<strong>la</strong> pasticceria m'era sembrato, tanto<br />

forte sentivo <strong>la</strong> necessità d'abbracciar<strong>la</strong>, che non dovesse passar ma quell'ora che mi toccava ancora di<br />

trascorrere senza di lei. E adesso, che questa stessa necessità rinasceva, sapevo che potevo aspettare ore<br />

e ore, ma non sarebbe stata mai più accanto a me; lo venivo scoprendo <strong>per</strong>ché avevo appreso,<br />

sentendo<strong>la</strong> <strong>per</strong> <strong>la</strong> prima volta viva, vera, che mi gonfiava il cuore fino a spezzarlo, ritrovando<strong>la</strong> infine,<br />

avevo appreso d'aver<strong>la</strong> <strong>per</strong>duta <strong>per</strong> sempre. Perduta <strong>per</strong> sempre. (M: Proust, Al<strong>la</strong> ricerca del tempo<br />

<strong>per</strong>duto, Einaudi, Torino)<br />

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In tutti i testi narrativi, i vari eventi, indipendentemente dall'ordine stesso in cui si<br />

succedono e dal<strong>la</strong> loro stessa collocazione nel tempo, hanno una loro durata narrativa,<br />

che non coincide quasi mai con <strong>la</strong> loro durata reale, cioè con <strong>la</strong> durata che essi avrebbero<br />

nel<strong>la</strong> realtà. Del<strong>la</strong> divaricazione esistente tra <strong>la</strong> durata reale di un evento e <strong>la</strong> sua durata<br />

nel<strong>la</strong> narrazione sono ben consapevoli tutti i narratori. L'anonimo autore del seguente<br />

<strong>testo</strong> tratto dal Novellino, una raccolta di novelle risalenti al<strong>la</strong> fine del XII secolo, sfrutta<br />

addirittura tale divaricazione <strong>per</strong> costruire una spiritosissima novel<strong>la</strong>:<br />

Messere Azzolino di Romano avea un suo favo<strong>la</strong>tore, al quale facea favo<strong>la</strong>re <strong>la</strong> notte quando erano le<br />

notti grandi di verno. Una notte avenne che 'I favo<strong>la</strong>tore avea grande talento di dormire, et Azzolino il<br />

pregava che favo<strong>la</strong>sse.<br />

E '1 favoliere incominciò una favo<strong>la</strong> d'uno vil<strong>la</strong>no che avea suoi cento bisanti, il quale andò a uno<br />

mercato a com<strong>per</strong>are berbici, et ebbene due <strong>per</strong> bisanto. Tornato con le pecore sue, uno fiume ch'avea<br />

passato era molto cresciuto <strong>per</strong> una grande pioggia che venuta era. Stando al<strong>la</strong> riva, brigossi d'accivire in<br />

questo modo: che un povero pescatore avea un suo piccolo burchiello (si a dismisura piccolo, che non vi<br />

capea più che 'I vil<strong>la</strong>no e una pecora <strong>per</strong> volta); allora il vil<strong>la</strong>no cominciò a passare. lì fiume era <strong>la</strong>rgo.<br />

Misesi con una berbice nel burchiello e cominciò a vogare. Voga e passa.<br />

E lo favo<strong>la</strong>tore fue ristato, e non dicea più. Messere Azzolino disse:<br />

«Andè oltra».<br />

E 'I favo<strong>la</strong>tore disse:<br />

«Messere, <strong>la</strong>sciate passare le pecore, poi conteremo il fatto».<br />

Le pecore non sarebbero passate in uno anno, sicché intanto potea bene ad agio dormire. (Da <strong>Il</strong><br />

Novellino)<br />

Un’uguaglianza, <strong>per</strong> quanto di tipo convenzionale, tra tempo reale e tempo del<br />

racconto si realizza solo nei dialoghi o scene dialogate, in cui le battute e le brevi azioni<br />

che ad esse si accompagnano possono essere raccontate in tempo reale. Talora,<br />

specialmente nel<strong>la</strong> narrativa contemporanea, l'autore, proprio <strong>per</strong> dare l'impressione che il<br />

suo racconto dei fatti coincide <strong>per</strong>fettamente con i fatti senza frattura alcuna tra tempo<br />

reale e tempo del racconto, risolve il racconto in una scena dialogata. Si veda, ad esempio,<br />

il seguente <strong>testo</strong>:<br />

George dette un'occhiata all'orologio appeso al muro che stava dietro al banco.<br />

«Sono solo le cinque.»<br />

«L'orologio fa le cinque e venti» disse il secondo.<br />

«Va avanti venti minuti.»<br />

«Oh, al diavolo l'orologio» disse il primo. «Si può sa<strong>per</strong>e cosa hai di pronto?»<br />

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«Vi posso dare dei panini di ogni specie» rispose George » e poi uova al prosciutto, uova al <strong>la</strong>rdo,<br />

fegato e <strong>la</strong>rdo, una bracio<strong>la</strong> ai ferri.»<br />

«Dammi delle crocchette di pollo con piselli, salsa di crema e purè di patate.»<br />

«Ma anche questo è <strong>per</strong> il pranzo.»<br />

«Tutto quello che vogliamo è <strong>per</strong> il pranzo, eh? È così che fai il tuo mestiere?»<br />

«Posso darvi uova al prosciutto, uova al <strong>la</strong>rdo, fegato... »<br />

«Vada <strong>per</strong> le uova al prosciutto» disse l'uomo chiamato Al. Portava <strong>la</strong> bombetta e un soprabito nero a<br />

doppio petto. <strong>Il</strong> suo viso era piccolo e pallidissimo, con le <strong>la</strong>bbra sottili. Aveva un fazzoletto di seta al<br />

collo e i guanti.<br />

«Io le voglio con il <strong>la</strong>rdo» disse l'altro. Aveva circa <strong>la</strong> stessa statura di Al. I loro volti erano diversi ma<br />

vestivano come gemelli. Avevano tutti e due dei soprabiti troppo stretti e stavano lì seduti, sporti in<br />

avanti, con i gomiti sul banco.<br />

«C'è niente da bere?» chiese Al.<br />

Birra, bibite, ginger-ale» rispose George.<br />

«Voglio dire se c'è niente da bere.»<br />

«Ve l'ho già detto.»<br />

«Ma in che diavolo di città siamo capitati?» disse l'altro.<br />

«Si può sa<strong>per</strong>e come si chiama?»<br />

«Summit.»<br />

«L'hai mai sentita nominare?» chiese Al al suo amico.<br />

«No» rispose questo.<br />

«Che si fa qui <strong>la</strong> notte?» domandò Al.<br />

«Si mangia» rispose l'amico. «Vengono qui e mangiano come porci.» (H. Hemingway, Gli uccisori, in<br />

I quarantanove racconti)<br />

<strong>Il</strong> modello di una tale soluzione narrativa va ricercato nel teatro o nel<strong>la</strong> cinematografia, due<br />

generi che sviluppano appunto il loro discorso in forma dialogica.<br />

Un massimo di aderenza tra tempo reale e tempo <strong>narrativo</strong> è <strong>per</strong>seguito anche dagli<br />

scrittori realisti e dagli autori dei cosiddetti romanzi-verità, volti a fotografare <strong>la</strong> realtà nei<br />

suoi partico<strong>la</strong>ri a scopo quasi documentario.<br />

<strong>Il</strong> limite estremo di questa tendenza a far coincidere tempo reale e tempo <strong>narrativo</strong>, <strong>per</strong>ò, è stato toccato<br />

in certi romanzi, di carattere decisamente s<strong>per</strong>imentale, del<strong>la</strong> scuo<strong>la</strong> francese del nouveau roman ('nuovo<br />

romanzo'), i cui autori, ad esempio A. Robbe-Grillet, considerano <strong>la</strong> realtà da narrare come pura materia<br />

di osservazione ottica e quindi <strong>la</strong> riproducono in un susseguirsi di <strong>per</strong>cezioni.<br />

La scena dialogata, dunque, può essere definita l'unica struttura narrativa "in cui il tempo<br />

del<strong>la</strong> storia coincide con il tempo del racconto" (G. Genette). Ma <strong>la</strong> maggior parte dei testi<br />

narrativi è costruita sul<strong>la</strong> non coincidenza tra i due tempi in questione. Di fatto, tipico del<strong>la</strong><br />

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narrazione è proprio alterare <strong>la</strong> dimensione temporale dei fatti di<strong>la</strong>tandone o contraendone<br />

liberamente <strong>la</strong> durata: il narratore non può raccontare tutto e quindi non solo provvede a<br />

riassumere gli eventi che narra, condensandoli opportunamente, ma anche a scegliere tra i<br />

tanti quelli che a suo parere sono più significativi, omettendo gli altri. Tutti i narratori lo<br />

sanno: lo sa il semplice narratore orale che racconta in pochi minuti quanto, nel<strong>la</strong> realtà, gli è<br />

capitato nell'arco di un'intera giornata di <strong>la</strong>voro o in una lunga ora di vita d'ufficio e lo sa il<br />

narratore di professione. Guy de Maupassant, ad esempio, fa dire a un suo narratore:<br />

Raccontare tutto sarebbe impossibile, <strong>per</strong>ché <strong>per</strong> enumerare <strong>la</strong> moltitudine di incidenti insignificanti<br />

che riempiono le nostre giornate, ci vorrebbe almeno un volume al giorno.<br />

Così, ad azioni di uguale durata reale (misurabili in anni, mesi, giorni, ore, minuti ecc.)<br />

possono essere assegnati spazi narrativi (misurabili in capitoli, capoversi, paragrafi, frasi,<br />

parole ecc.) di dimensioni molto diverse. Gli espedienti di cui il narratore si avvale <strong>per</strong><br />

o<strong>per</strong>are <strong>la</strong> trasposizione dei fatti dal tempo reale al tempo <strong>narrativo</strong> sono di vario tipo, ma si<br />

possono ridurre a quattro:<br />

l'ellissi: interi <strong>per</strong>iodi di tempo, anche molto lunghi, ma considerati privi di interesse<br />

dal narratore, possono essere tra<strong>la</strong>sciati. <strong>Il</strong> più delle volte il narratore non spiega né<br />

giustifica il salto di tempo e il lettore se ne accorge <strong>per</strong>ché, <strong>per</strong> lo più all'inizio di un<br />

nuovo capitolo o dopo uno spazio bianco più ampio del solito, <strong>la</strong> narrazione continua con<br />

i <strong>per</strong>sonaggi che sono diventati vecchi o hanno radicalmente mutato situazione. Qualche<br />

volta il salto è segna<strong>la</strong>to da marche temporali, come "L'anno successivo", "Venti anni<br />

dopo" e simili. Talora, infine, il narratore provvede <strong>per</strong>sonalmente a chiarire le ragioni<br />

dell'ellissi cronologica, come fa ad esempio il narratore dei Promessi Sposi che, al<strong>la</strong> fine<br />

del cap. XXVII, spiega il motivo <strong>per</strong> cui tra<strong>la</strong>scia di raccontare i fatti compresi tra <strong>la</strong> fine<br />

del 1628 e tutto l'autunno del 1629, affermando che ai suoi <strong>per</strong>sonaggi in tutto quell'arco<br />

di tempo non successe "cosa degna d'esser riferita":<br />

Fino all'autunno del seguente anno 629 [i nostri <strong>per</strong>sonaggi] rimasero tutti, chi <strong>per</strong> volontà, chi <strong>per</strong><br />

forza, nello stato a un di presso in cui gli abbiamo <strong>la</strong>sciati, senza che ad alcuno accadesse, né che alcun<br />

altro potesse far cosa degna d'esser riferita.<br />

il sommario: <strong>per</strong>iodi di tempo molto lunghi possono essere riassunti in poche righe: si<br />

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hanno in questo caso una contrazione del tempo e una concentrazione del ritmo del<br />

racconto. In questo modo, tra l'altro, il narratore può rappresentare, senza dedicarvi<br />

troppo spazio e senza risultare dis<strong>per</strong>sivo, avvenimenti che ritiene indispensabile far<br />

conoscere al lettore, ma che non meritano una trattazione diffusa, magari <strong>per</strong>ché sono<br />

complementari di altri già narrati o <strong>per</strong>ché fanno riferimento a eventi storici ben noti al<br />

lettore. Si veda, ad esempio, il seguente <strong>testo</strong>, tratto da un romanzo di H. de Balzac:<br />

<strong>Il</strong> signor Grandet, chiamato ancora da certa gente papà Grandet, ma il numero di questi vecchi diminuiva<br />

sensibilmente, era, nel 1789, un mastro bottaio che stava assai bene, che sapeva leggere, scrivere e far di<br />

conto. Quando <strong>la</strong> Repubblica Francese mise in vendita, nel circondano di Saumur, i beni del clero, il<br />

bottaio, che aveva allora quarant'anni, aveva appena sposato <strong>la</strong> figlia di un ricco mercante di legname.<br />

Munito del proprio patrimonio liquido e del<strong>la</strong> dote, munito di duemi<strong>la</strong> luigi d'oro, Grandet andò al<br />

distretto, dove, mediante duecento doppi luigi offerti da suo suocero al truce repubblicano che vigi<strong>la</strong>va<br />

<strong>la</strong> vendita dei beni di Stato, ebbe <strong>per</strong> un boccon di pane, legalmente, se non legittimamente, i più bei<br />

vigneti del circondano, una vecchia abbazia e qualche fattoria. (H. de Balzac, Eugenie Grandet,<br />

Garzanti, Mi<strong>la</strong>no)<br />

l'analisi: a <strong>per</strong>iodi di tempo brevi o anche brevissimi può essere dedicato uno spazio<br />

<strong>narrativo</strong> molto esteso, con una di<strong>la</strong>tazione del tempo e, quindi, un rallentamento del<br />

ritmo del<strong>la</strong> narrazione. In questo modo è possibile rappresentare in partico<strong>la</strong>re <strong>la</strong><br />

dimensione interiore di un <strong>per</strong>sonaggio nel suo divenire. Di fatto, questo espediente è<br />

partico<strong>la</strong>rmente utilizzato nel<strong>la</strong> narrativa contemporanea in cui il tempo esteriore del<strong>la</strong><br />

realtà e il tempo interiore del <strong>per</strong>sonaggio possono diventare dimensioni incomunicabili.<br />

Si veda, ad esempio, il racconto Eveline di J. ioyce. All'inizio del racconto, Eveline, <strong>la</strong> protagonista, è<br />

presentata mentre è seduta "al<strong>la</strong> finestra e sta osservando <strong>la</strong> sera che ca<strong>la</strong> sul viale, "con <strong>la</strong> testa<br />

appoggiata alle tendine e nelle narici l'odore del cretonne polveroso. Nello spazio breve del<strong>la</strong> sera che<br />

scende, <strong>la</strong> mente del<strong>la</strong> donna spazia oltre il tempo reale e oltre il tempo del<strong>la</strong> sua stessa esistenza, <strong>per</strong>-<br />

dendosi tra il ricordo del passato di cui è prigioniera e il sogno di un futuro al<strong>la</strong> cui realizzazione è<br />

incapace di contribuire. <strong>Il</strong> racconto si chiude sul<strong>la</strong> consapevolezza che Eveline è incapace di cogliere le<br />

occasioni che <strong>la</strong> vita le ha offerto. La disamina del processo psicologico del<strong>la</strong> donna ha toccato ampiezze<br />

vertiginose e ha spaziato attraverso tempi vastissimi, ma al<strong>la</strong> fine del racconto Eveline è ancora "lì<br />

seduta accanto al<strong>la</strong> finestra con <strong>la</strong> testa appoggiata alle tendine, che respira l'odore del cretonne<br />

polveroso".<br />

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le digressioni: il tempo del<strong>la</strong> narrazione è interrotto e nel ritmo <strong>narrativo</strong> viene inserita<br />

una pausa. Per lo più <strong>la</strong> digressione serve a fornire al lettore informazioni e dati necessari<br />

<strong>per</strong> meglio comprendere partico<strong>la</strong>ri situazioni o <strong>per</strong>sonaggi e quindi ha una funzione<br />

narrativa essenziale, anche se interrompe <strong>la</strong> successione cronologica dei fatti. Talora essa<br />

può avere una funzione distensiva, specialmente dopo una accelerazione del ritmo<br />

<strong>narrativo</strong> o un accumulo di tensione, oppure può costituire un espediente <strong>per</strong> ritardare l'a-<br />

zione, aumentando l'attesa del lettore. La digressione può essere introdotta nel tessuto<br />

<strong>narrativo</strong> direttamente come semplice spiegazione di un nome o di un fatto citati poco<br />

prima. Ma il più delle volte il narratore deve giustificare <strong>la</strong> digressione, anche se essa si<br />

inserisce <strong>per</strong>fettamente nell'economia del racconto. Così, nel capitolo IV dei Promessi<br />

Sposi, <strong>la</strong> digressione sul<strong>la</strong> vita di Ludovico-fra Cristoforo è inserita opportunamente nel<br />

momento in cui si racconta che fra Cristoforo si sta recando dal convento di Pescarenico<br />

a casa di Lucia, ma il narratore è costretto a motivare tale inserimento. Scrive infatti:<br />

Ma <strong>per</strong>ché [il padre Cristoforo] si prendeva tanto pensiero di Lucia? E <strong>per</strong>ché, al primo avviso, s'era<br />

mosso con tanta sollecitudine, come a una chiamata del padre provinciale? E chi era questo padre<br />

Cristoforo? Bisogna soddisfare a tutte queste domande.<br />

Poi, finita <strong>la</strong> digressione, il narratore deve rientrare nel tempo <strong>narrativo</strong> normale e anche in<br />

questo caso è costretto a ricorrere a partico<strong>la</strong>ri accorgimenti tecnici. Ad esempio, sempre nel<br />

capitolo IV dei Promessi Sposi, il narratore, dopo aver spiegato al lettore chi era fra<br />

Cristoforo, rientra nel<strong>la</strong> narrazione con questa frase che fa da sutura tra il punto del<strong>la</strong><br />

narrazione interrotta e il punto del<strong>la</strong> narrazione ripresa simu<strong>la</strong>ndo una <strong>per</strong>fetta coincidenza tra<br />

<strong>la</strong> durata del<strong>la</strong> narrazione e <strong>la</strong> durata del<strong>la</strong> digressione:<br />

Ma intanto che noi siamo stati a raccontare i fatti del padre Cristoforo, è arrivato, s'è affacciato all'uscio; e le<br />

donne [Agnese e Lucia], <strong>la</strong>sciando il manico dell'aspo che facevan girare e stridere, si sono alzate, dicendo a<br />

una voce: «Oh, padre Cristoforo! sia benedetto!».<br />

Naturalmente, tutti gli espedienti di cui il narratore si avvale nel corso del racconto <strong>per</strong><br />

o<strong>per</strong>are eventuali trasposizioni dei fatti manipo<strong>la</strong>ndo il rapporto tra tempo reale e tempo<br />

<strong>narrativo</strong> non sono mai fini a se stessi, ma sono volta a volta funzionali alle esigenze<br />

narrative, cioè agli effetti che il narratore si propone di conseguire e alle reazioni che vuole<br />

suscitare nel lettore. Infatti, ogni manipo<strong>la</strong>zione del tempo <strong>narrativo</strong> implica variazioni nel<br />

ritmo del racconto: <strong>la</strong> condensazione in poche righe di eventi che durano giorni mesi anni<br />

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produce un ritmo <strong>narrativo</strong> rapido; invece, ogni adeguazione tra tempo reale e tempo<br />

<strong>narrativo</strong> comporta un ritmo <strong>narrativo</strong> lento, tanto più lento quanto più ampio è lo spazio che<br />

il narratore impiega <strong>per</strong> descrivere un evento di durata limitata; infine, le digressioni, come si<br />

è visto, possono interrom<strong>per</strong>e il ritmo <strong>narrativo</strong>, sia <strong>per</strong> creare delle pause nel<strong>la</strong> narrazione sia<br />

<strong>per</strong> creare una sospensione che stimo<strong>la</strong> l'attesa del lettore. Analizzando il racconto, <strong>per</strong>tanto,<br />

il lettore deve sa<strong>per</strong> riconoscere questi espedienti e deve valutare volta <strong>per</strong> volta il valore che<br />

hanno nell'ambito del<strong>la</strong> narrazione.<br />

La dimensione spaziale: <strong>la</strong> funzione dello spazio nel racconto. Gli avvenimenti di un<br />

racconto si svolgono sempre in uno o più luoghi e gli stessi <strong>per</strong>sonaggi o<strong>per</strong>ano sempre in<br />

luoghi o ambienti. Reali o immaginari, verosimili o fantastici, descritti minutamente o solo<br />

evocati attraverso pochi tratti, i luoghi e gli ambienti in cui il narratore inserisce vicende e<br />

<strong>per</strong>sonaggi non sono mai un fatto casuale o accessorio, ma il frutto di scelte ben precise,<br />

funzionali, come tutte le scelte narrative, all'economia generale del racconto. Anche lo spazio<br />

nel quale si sviluppano le vicende, dunque, assume un suo significato partico<strong>la</strong>re che varia da<br />

racconto a racconto e che è opportuno individuare e valutare.<br />

La funzione più elementare che il narratore attribuisce allo spazio nel racconto è,<br />

naturalmente, quel<strong>la</strong> di fare da sfondo agli eventi. Anche in questa sua funzione <strong>primaria</strong>,<br />

<strong>per</strong>ò, lo spazio non funge da semplice cornice, ma interagisce strettamente con le situazioni<br />

narrative e serve a connotare in modo partico<strong>la</strong>re tanto le situazioni che vi si svolgono quanto<br />

i <strong>per</strong>sonaggi che vi o<strong>per</strong>ano.<br />

Così, in un racconto di fantascienza sono principalmente i luoghi in cui <strong>la</strong> vicenda è ambientata a connotare<br />

in senso fantascientifico il racconto e a trasferire il lettore dal piano del<strong>la</strong> realtà contemporanea a quello del<strong>la</strong><br />

dimensione narrativa. Si veda, ad esempio, come nel seguente <strong>testo</strong>, tratto dall'inizio di un racconto di R.<br />

Bradbury, <strong>la</strong> descrizione dei luoghi dove <strong>la</strong> vicenda si svolgerà, serva a delineare, fin dalle prime battute, il<br />

carattere fantascientifico del racconto:<br />

Avevano una casa a colonne di cristallo, ai margini di un mare vuoto, e ogni mattina si poteva vedere <strong>la</strong><br />

signora K mangiare i frutti d'oro che crescevano sulle pareti di cristallo, o ripulire <strong>la</strong> casa con manate di<br />

polvere magnetica che, assorbita ogni sporcizia, si dissolveva sulle calde ali del vento. (R: Bradbury, Ylle,<br />

in cronache marziane, Mondadori, Mi<strong>la</strong>no)<br />

Allo stesso modo, in un romanzo storico, <strong>la</strong> descrizione dei luoghi e degli ambienti ha chiaramente lo scopo<br />

di ricostruire non solo luoghi e ambienti, ma le stesse coordinate storiche del<strong>la</strong> vicenda, agevo<strong>la</strong>ndo<br />

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l'ingresso del lettore nel<strong>la</strong> finzione narrativa:<br />

<strong>Il</strong> primo lunedì del mese di aprile del 1625, il borgo di Meung sembrava essere in completa rivoluzione,<br />

proprio come se gli Ugonotti fossero giunti <strong>per</strong> fare di esso una seconda Rochelle. In quel tempo ci si<br />

spaventava con molta tacilità e quasi tutti i giorni una città o l'altra registrava nei propri archivi fatti di questo<br />

genere. C'erano i signori che guerreggiavano fra loro; c'era il Re che faceva guerra al Cardinale e c'era lo<br />

Spagnolo che faceva guerra al Re. Poi, oltre queste guerre ce<strong>la</strong>te o pubbliche, segrete o palesi, c'erano i <strong>la</strong>dri,<br />

i mendicanti, gli Ugonotti, i lupi e i servi che facevano guerra a tutti. I cittadini si armavano sempre <strong>per</strong><br />

difendersi dai <strong>la</strong>dri, dai lupi, dai servi, spesso dai signori e dagli Ugonotti, qualche volta dal Re, mai <strong>per</strong>ò dal<br />

Cardinale o dagli Spagnoli. Da questa abitudine ormai inveterata, risultò che il già detto primo lunedì del<br />

mese di aprile del 1625, gli abitanti di Meung, sentendo rumore e non vedendo nè <strong>la</strong> bandiera gial<strong>la</strong> e rossa,<br />

né <strong>la</strong> livrea del duca di Richelieu, si precipitarono verso l'osteria del Franc-Meunier dal<strong>la</strong> quale proveniva il<br />

chiasso. E non appena arrivati, poterono appurarne <strong>la</strong> causa. (A. Dumas, I tre moschettieri, Mondadori,<br />

Mi<strong>la</strong>no)<br />

Sempre a livello di cornice degli eventi, i luoghi hanno nel racconto una diversa funzione<br />

connotativa a seconda che siano luoghi a<strong>per</strong>ti o luoghi chiusi. Lo spazio a<strong>per</strong>to, infatti, è <strong>per</strong><br />

lo più lo sfondo di avvenimenti mossi e vari e si presenta come lo spazio tipico dei racconti di<br />

avventura o, più in generale, dei testi di ampio respiro <strong>narrativo</strong>, come i romanzi di E. Salgari<br />

e di J. Conrad. Invece, gli spazi chiusi, come gli interni domestici, le stanze e i salotti, le<br />

stamberghe e i pa<strong>la</strong>zzi, sono gli ambienti privilegiati <strong>per</strong> i racconti di intrigo o <strong>per</strong> i racconti<br />

in cui i protagonisti consumano le loro piccole viltà e i loro piccoli egoismi quotidiani o<br />

vivono le loro tragedie interiori, come nei romanzi d'ambiente borghese.<br />

L'opposizione spazio a<strong>per</strong>to/spazio chiuso può anche improntare singole sequenze dello stesso racconto e<br />

non soltanto interi testi narrativi. Si veda, in proposito, il diverso significato che l'ambientazione spaziale ha,<br />

ad esempio, nei Promessi Sposi a seconda che gli eventi si svolgano "sotto il cielo di Lombardia" o nei tuo-<br />

ghi chiusi costituiti volta <strong>per</strong> volta dal pa<strong>la</strong>zzotto di don Rodrigo, dalle strade del<strong>la</strong> città ostile, dal pa<strong>la</strong>zzo<br />

del Conte zio o dal castello dell'Innominato.<br />

Ma lo spazio in un racconto non ha solo <strong>la</strong> funzione di cornice degli eventi: spesso il<br />

narratore gli conferisce un chiaro valore simbolico attribuendogli il compito di rappresentare<br />

qualcosa - un concetto o una idea - in rapporto al<strong>la</strong> situazione narrativa e ai <strong>per</strong>sonaggi.<br />

Così, <strong>la</strong> "casa del nespolo" nel romanzo I Ma<strong>la</strong>voglia di G. Verga e il grande mulino galleggiante in cui, nel<br />

romanzo <strong>Il</strong> mulino sul Po di R. Bacchelli, si succedono quattro generazioni, non sono semplici luoghi dove è<br />

ambientata l'azione narrativa, ma assurgono a simbolo stesso dell'unità e del<strong>la</strong> solidarietà familiare, quasi<br />

l'unico luogo dove ci si può salvare dalle asprezze del<strong>la</strong> vita. Oltre che simboli di una partico<strong>la</strong>re concezione<br />

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del<strong>la</strong> famiglia e del<strong>la</strong> vita, <strong>la</strong> "casa del nespolo" e il mulino del Po diventano nei due romanzi il punto di<br />

riferimento costante dei vari <strong>per</strong>sonaggi: essi non sono solo luoghi e neppure solo simboli, ma anche veri e<br />

propri luoghi dello spirito, luoghi in cui si materializza e nel contempo si sublima il nucleo tematico<br />

dominante dei due romanzi.<br />

Luoghi e ambienti, inoltre, possono anche, in determinate circostanze, assumere un rilievo<br />

determinante <strong>per</strong> <strong>la</strong> comprensione del racconto e costituire <strong>la</strong> ragione stessa del racconto.<br />

Ad esempio, nei romanzi dell'orrore i luoghi e gli ambienti hanno un ruolo fondamentale nel creare <strong>la</strong><br />

partico<strong>la</strong>re atmosfera che caratterizza le varie situazioni narrative. Si veda ad esempio come nel <strong>testo</strong><br />

seguente, tratto da un racconto di E.A. Poe, i luoghi descritti assurgano quasi a protagonisti del racconto, in<br />

quanto bastano di <strong>per</strong> sé a creare l'atmosfera del racconto e a far presagire subito al lettore di quale tipo<br />

saranno le vicende che vi si svolgeranno:<br />

Per tutta una fosca giornata, oscura e sorda d'autunno, col cielo greve e basso di nuvole, avevo cavalcato da<br />

solo traverso a una campagna singo<strong>la</strong>rmente lugubre fino a che mi trovai, mentre già cadeva l'ombra del<strong>la</strong><br />

sera, in vista del<strong>la</strong> malinconica casa degli Usher. Non so come, ma appena l'ebbi guardata una sensazione<br />

d'insopportabile tristezza mi prese l'anima. Insopportabile, dico, già che non le si univa il sentimento poetico<br />

e <strong>per</strong>ciò quasi piacevole che accompagna in genere le immagini naturali anche quando siano le più cupe del<strong>la</strong><br />

deso<strong>la</strong>zione e del terrore. Guardavo <strong>la</strong> scena che mi stava davanti: e lo spettacolo del<strong>la</strong> casa e del paesaggio<br />

all'intorno, le fredde mura, le finestre come vuote orbite, i radi fi<strong>la</strong>ri di giunchi e alcuni bianchi tronchi<br />

risecchiti, mi davano un avvilimento così estremo che potrei paragonarlo soltanto allo stato del mangiatore<br />

d'oppio durante l'amaro ritorno al<strong>la</strong> realtà quotidiana, l'orribile momento in cui il velo dilegua. Era un gelo<br />

nel cuore; e una oppressione, un malessere, e nel<strong>la</strong> mente un invincibile orrore che <strong>la</strong> rendeva inerte ad ogni<br />

stimolo del<strong>la</strong> fantasia. (E. A. Poe, La rovina del<strong>la</strong> casa degli Usher, in Racconti e arabeschi, Mondadori,<br />

Mi<strong>la</strong>no)<br />

<strong>Il</strong> narratore, infine, può utilizzare i luoghi e gli ambienti <strong>per</strong> sottolineare, <strong>per</strong> analogia o <strong>per</strong><br />

contrasto, momenti partico<strong>la</strong>ri del<strong>la</strong> vicenda o partico<strong>la</strong>ri situazioni o, soprattutto, partico<strong>la</strong>ri<br />

stati d'animo dei <strong>per</strong>sonaggi. In questo caso, i luoghi non sono più soltanto lo spazio dove si<br />

svolge l'azione, ma hanno un preciso ruolo nell'economia del<strong>la</strong> narrazione, in quanto:<br />

interpretano ed esprimono in immagini i sentimenti, le emozioni e gli stati d'animo<br />

dei <strong>per</strong>sonaggi. Si pensi, ad esempio, al ruolo del paesaggio nell'episodio del<strong>la</strong> fuga di Renzo<br />

da Mi<strong>la</strong>no: il "bosco" in cui il giovane si inoltra <strong>per</strong> cercare rifugio, con le sue forme contorte,<br />

le sue ombre e i suoi rumori, "racconta", attraverso immagini, <strong>la</strong> paura e l'angoscia del povero<br />

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fuggitivo; poi, poco oltre, un altro luogo, caratterizzato dal "mormorio dell'acqua corrente" e<br />

dal<strong>la</strong> visione dell'Adda che luccica nel buio del<strong>la</strong> notte, esprime in immagini <strong>la</strong> ritrovata<br />

franchezza da parte del <strong>per</strong>sonaggio:<br />

A poco a poco, si trovò tra macchie più alte, di pruni, di quercioli, di marruche. Seguitando a andare avanti e<br />

allungando il passo, con più impazienza che voglia, cominciò a veder tra le macchie qualche albero sparso; e<br />

andando ancora, sempre <strong>per</strong> Io stesso sentiero, s'accorse d'entrare in un bosco. Provava un certo ribrezzo a<br />

inoltrarvisi; ma lo vinse, e contro voglia andò avanti; ma più che s'inoltrava, più il ribrezzo cresceva, più<br />

ogni cosa gli dava fastidio. Gli alberi che vedeva in lontananza, gli rappresentavan figure strane, deformi,<br />

mostruose; l'annoiava l'ombra delle cime leggermente agitate, che tremo<strong>la</strong>va sul sentiero illuminato qua e là<br />

dal<strong>la</strong> luna; Io stesso scrosciar delle foglie secche che calpestava o muoveva camminando, aveva <strong>per</strong> il suo<br />

orecchio un non so che d'odioso. Le gambe provavano come una smania, un impulso di corsa, e nello stesso<br />

tempo pareva che durassero fatica a regger <strong>la</strong> <strong>per</strong>sona. Sentiva <strong>la</strong> brezza notturna batter più rigida e maligna<br />

sul<strong>la</strong> fronte e sulle gote; se <strong>la</strong> sentiva scorrer tra i panni e le carni, e raggrinzarle, e penetrar più acuta nelle<br />

ossa rotte dal<strong>la</strong> stanchezza, e spegnervi quell'ultimo rimasuglio di vigore. A un certo punto, quell'uggia,<br />

quell'orrore indefinito con cui l'animo combatteva da qualche tempo, parve che a un tratto lo soverchiasse.<br />

Era <strong>per</strong> <strong>per</strong>dersi affatto; ma atterrito, più che d'ogni altra cosa, del suo terrore, richiamò al cuore gli antichi<br />

spiriti, e gli comandò che reggesse. Così rinfrancato un momento, si fermò su due piedi a deliberare; e<br />

risolveva d'uscir subito di lì <strong>per</strong> <strong>la</strong> strada già fatta, d'andar diritto all'ultimo paese <strong>per</strong> cui era passato, di<br />

tornare tra gli uomini, e di cercare un ricovero, anche all'osteria. E stando così fermo, sospeso il fruscio de'<br />

piedi nel fogliame, tutto tacendo d'intorno a lui, cominciò a sentire un rumore, un mormorio, un mormorio<br />

d'acqua corrente. Sta in orecchi; n'è certo; esc<strong>la</strong>ma: «è l'Adda! » Fu il ritrovamento d'un amico, d'un fratello,<br />

d'un salvatore. La stanchezza quasi scomparve, gli tornò polso, sentì il sangue scorrer libero e tepido <strong>per</strong><br />

tutte le vene, sentì crescer <strong>la</strong> fiducia de' pensieri, e svanire in gran parte quell'incertezza e gravità delle cose;<br />

e non esitò a internarsi sempre più nel bosco, dietro all'amico rumore. (A. Manzoni, I promessi sposi)<br />

fungono da proiezione tangibile del<strong>la</strong> situazione psicologica dei <strong>per</strong>sonaggi. Si veda,<br />

ad esempio, come nel brano seguente l'asprezza e lo squallore del paesaggio riflettano <strong>la</strong><br />

solitudine e <strong>la</strong> dis<strong>per</strong>azione del narratore-protagonista prossimo ormai al suicidio:<br />

Alfine eccomi in pace! - Che pace? stanchezza, sopore di sepoltura. Ho vagato <strong>per</strong> queste montagne.<br />

Non v'è albero, non tugùn.o, non erba. Tutto è bronchi: aspri e lividi macigni; e qua e là molte croci che<br />

segnano il sitO de' viandanti assassinati. - Là giù è il Roia, un torrente che quando si disfanno i ghiacci<br />

precipita dalle viscere delle Alpi, e <strong>per</strong> gran tratto ha spaccato in due queste immense montagne. V'è un<br />

ponte presso al<strong>la</strong> marina che ricongiunge il sentiero. Mi son fermato su quel ponte, e ho spinto gli occhi sin<br />

dove può giungere <strong>la</strong> vista; e <strong>per</strong>correndo due argini di altissime rupi e di burroni cavernosi, appena si<br />

vedono imposte su le cervici dell'Alpi altre Alpi di neve che s'immergono nel cielo, e tutto biancheggia e si<br />

confonde: - da quelle spa<strong>la</strong>ncate Alpi ca<strong>la</strong> e passeggia ondeggiando <strong>la</strong> tramontana, e <strong>per</strong> quelle fauci<br />

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invade il Mediterraneo. La Natura siede qui solitaria e minacciosa, e caccia da questo suo regno tutti i<br />

viventi. (U. Foscolo, Le ultime lettere di Jacopo Ortis, Le Monnier, Firenze)<br />

partecipano in sordina alle vicende dei <strong>per</strong>sonaggi:<br />

- Addio - ripeté 'Ntoni. - Vedi che avevo ragione di andarmene! Qui non posso starci. Addio<br />

<strong>per</strong>donatemi tutti. E se ne andò col<strong>la</strong> sua sporta sottO il braccio; poi, quando fu lontano, in mezzo al<strong>la</strong> piazza<br />

scura e deserta, che tutti gli usci erano chiusi, si fermò a ascoltare se chiudessero <strong>la</strong> porta del<strong>la</strong> casa del nespolo,<br />

mentre il cane gli abbaiava dietro e gli diceva col suo abbaiare che era solo in mezzo al paese. Soltanto il mare<br />

gli bronto<strong>la</strong>va <strong>la</strong> solita storia fl sotto, in mezzo ai Fariglioni, <strong>per</strong>ché il mare non ha paese nemmen lui, ed è di<br />

tutti quelli che lo stanno ad ascoltare, di qua e di là, dove nasce e muore il sole, anzi ad Aci Trezza ha un modo<br />

tutto suo di bronto<strong>la</strong>re, e si riconosce subito al gorgogliare che fa tra quegli scogli nei quali si rompe, e par <strong>la</strong><br />

voce di un amico. Allora 'Ntoni si fermò in mezzo al<strong>la</strong> strada a guardare il paese tutto nero, come non gli<br />

bastasse il cuor di staccarsene, adesso che sapeva ogni cosa; sedette sul muricciuolo del<strong>la</strong> vigna di Massaro<br />

Filippo. Così stette un gran pezzo, pensando a tante cose, guardando il paese nero, e ascoltando il mare che gli<br />

bronto<strong>la</strong>va lì sotto. E ci stette fin quando cominciarono ad udirsi certi rumori ch'ei conosceva e delle voci che si<br />

chiamavano dietro gli usci, e sbatter d'imposte, e dei passi <strong>per</strong> le strade buie. Sul<strong>la</strong> riva, in fondo al<strong>la</strong> piazza,<br />

coniinciarono a formico<strong>la</strong>re dei lumi. Egli levò il capo a guardare i Tre Re che luccicavano, e <strong>la</strong> Puddàra che<br />

annunziava l'alba, come l'aveva vista tante volte. Allora tornò a chinare il capo sul petto, e a pensar a tutta <strong>la</strong> sua<br />

storia. A poco a poco il mare cominciò a farsi bianco e i Tre Re ad impallidire, e le case spuntavario ad una ad<br />

una nelle vie scure, cogli usci chiusi, che si conoscevano tutte, e solo davanti al<strong>la</strong> bottega di Pizzuto c'era il<br />

lumici no, e Rocco Spatu colle mani nelle tasche che tossiva e sputacchiava. (G. Verga, I Ma<strong>la</strong>voglia)<br />

L'utilizzo dello spazio in funzione narrativa è tipico soprattutto del<strong>la</strong> narrativa romantica e,<br />

con scopi e intenzioni diversi, del<strong>la</strong> narrativa realista e verista. La narrativa moderna e<br />

contemporanea, invece, preferisce attribuire agli ambienti e ai luoghi in cui inserisce gli<br />

eventi una funzione simbolica o, più spesso, una funzione neutra, di pura cornice. Del tutto<br />

abbandonata, almeno a partire dall'Ottocento, è invece <strong>la</strong> rappresentazione dello spazio in cui<br />

agiscono i <strong>per</strong>sonaggi in modo stereotipato, cioè secondo moduli convenzionali a seconda dei<br />

diversi generi letterari: si pensi <strong>per</strong> esempio alle selve solitarie o ai prati verdeggianti o adorni<br />

di fiori variopinti e rinfrescati da melodiosi ruscelli che caratterizzano i paesaggi di molti testi<br />

epico-cavallereschi e di vari romanzi settecenteschi.<br />

I <strong>per</strong>sonaggi, gli eventi, il tempo e lo spazio costituiscono <strong>la</strong> struttura di base di ogni <strong>testo</strong><br />

<strong>narrativo</strong>, cioè gli ingredienti fondamentali senza i quali non può esistere un racconto. Un<br />

racconto, infatti, come ormai sappiamo, narra gli eventi - grandi o piccoli, pubblici o privati,<br />

veri o inventati - che coinvolgono uno o più <strong>per</strong>sonaggi inquadrandoli in epoche e in luoghi<br />

adeguatamente scelti. Fino ad ora abbiamo analizzato questi elementi nelle loro carat-<br />

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teristiche e nelle loro funzioni, e li abbiamo considerati come portatori di contenuti, cioè di<br />

informazioni e di notizie. Ora dobbiamo approfondire l'analisi esaminando il modo in cui tali<br />

elementi vengono presentati al lettore, cioè le diverse tecniche con cui il racconto viene<br />

costruito <strong>per</strong> trasmettere i suoi contenuti.<br />

Questo aspetto dell'analisi del racconto è molto importante. Infatti, tutto il meccanismo su cui<br />

si fonda un <strong>testo</strong> <strong>narrativo</strong>, quello che fa sì che il lettore (o l'ascoltatore) entri nel<strong>la</strong> "storia" e<br />

se ne <strong>la</strong>sci coinvolgere come se fosse non una situazione narrativa ma una vicenda vera,<br />

raccontata da qualcuno che vi ha assistito o che ne è stato protagonista, è il frutto del modo<br />

partico<strong>la</strong>re con cui l'autore ha organizzato <strong>la</strong> narrazione, cioè del modo in cui ha risolto il<br />

problema di come far arrivare i fatti al lettore. L'analisi di questo aspetto del racconto investe,<br />

quindi, <strong>la</strong> tecnica narrativa e si incentra sul tipo di rapporto che, nel racconto, intercorre tra il<br />

narratore e il racconto stesso: chi narra il racconto? Quel<strong>la</strong> di scegliere da chi far narrare i<br />

fatti e, quindi, da che punto di vista narrarli è <strong>la</strong> prima o<strong>per</strong>azione che deve compiere colui<br />

che vuole costruire un <strong>testo</strong> <strong>narrativo</strong>. L'importanza di tale scelta <strong>per</strong> <strong>la</strong> realizzazione del <strong>testo</strong><br />

è evidente: altrettanto importante,<br />

<strong>per</strong>ò, è ai fini del<strong>la</strong> sua comprensione da parte del lettore, <strong>per</strong>ché da essa dipende il modo<br />

stesso con cui il lettore si accosta agli eventi narrati.<br />

Normalmente si crede che colui che racconta i fatti in un <strong>testo</strong> <strong>narrativo</strong> ne sia l'autore, e di<br />

fatto i termini autore e narratore nel<strong>la</strong> lingua comune sono <strong>per</strong> lo più usati come sinonimi.<br />

In realtà le cose non stanno così: l'autore è colui che materialmente compone il <strong>testo</strong> <strong>narrativo</strong><br />

e il narratore è <strong>la</strong> voce cui l'autore affida il compito di narrare <strong>la</strong> vicenda.<br />

A seconda del diverso tipo di rapporto che il narratore, <strong>per</strong> scelta dell'autore, ha con i fatti che<br />

racconta, il narratore può essere:<br />

presente nel<strong>la</strong> storia come <strong>per</strong>sonaggio che narra in prima <strong>per</strong>sona (io narrante) i fatti di<br />

cui è (o è stato) protagonista o testimone. E detto anche narratore omodiegetico, cioè<br />

narratore "parallelo al<strong>la</strong> narrazione".<br />

Così, nelle Confessioni di un italiano di Ippolito Nievo, il narratore Carlo Altoviti, è il protagonista<br />

che, ormai ottuagenario, racconta al lettore <strong>la</strong> propria vita. Invece nel romanzo Moby Dick, di Herman<br />

Melville, il narratore che racconta sempre in prima <strong>per</strong>sona il duello tra il capitano Achab e <strong>la</strong> balena<br />

bianca, è un testimone dei fatti, il giovane lshmael, l'unico sopravvissuta al<strong>la</strong> terribile avventura.<br />

estraneo al<strong>la</strong> vicenda che narra: in questo caso descrive in terza <strong>per</strong>sona, tenendosi fuori<br />

del<strong>la</strong> storia, ciò che i <strong>per</strong>sonaggi dicono, fanno o pensano. Èdetto anche narratore<br />

eterodiegetico, cioè narratore "diverso dal<strong>la</strong> narrazione<br />

41


<strong>Il</strong> narratore esterno, dunque, si mantiene estraneo ai fatti e li espone, in maniera oggettiva, limitandosi<br />

a registrarli. <strong>Il</strong> grado di oggettività con cui registra i fatti, <strong>per</strong>ò, è molto vario e configura in modo<br />

diverso il rapporto di mediazione tra i fatti e il lettore compiuto dal narratore. Così, da una parte si ha il<br />

narratore che tende al massimo dell'oggettività, come i narratori delle o<strong>per</strong>e realiste di E. Zo<strong>la</strong> e, entro<br />

certi limiti, di G. Verga, che mirano a essere im<strong>per</strong>sonali e che, quindi, non intervengono nel<strong>la</strong><br />

descrizione dei fatti e del comportamento dei <strong>per</strong>sonaggi. Dall'altra, si ha il narratore che, come quello<br />

dei Promessi Sposi, è sì estraneo alle vicende che racconta, ma continuamente interviene a commentare<br />

o a criticare i fatti e gli eventi.<br />

A questi due tipi fondamentali di narratore, che possiamo definire di primo grado, si<br />

affiancano poi due altri tipi partico<strong>la</strong>ri di narratore, detti di secondo grado:<br />

il narratore interno di 2° grado, cioè il <strong>per</strong>sonaggio che il narratore di 1° grado, <strong>per</strong> lo<br />

più esterno, introduce a un certo punto del suo racconto in terza <strong>per</strong>sona, a narrare in<br />

prima <strong>per</strong>sona gli eventi di cui è stato protagonista o testimone.<br />

L'esempio piu tipico e costituito dal caso di Enea, che a un certo punto dell'Eneide viene introdotto dal<br />

narratore di 1° grado a raccontare in prima <strong>per</strong>sona le sue vicende, o Ulisse, che nell' Odissea viene<br />

inserito dal narratore a raccontare ai Feaci le sue <strong>per</strong>ipezie.<br />

il narratore esterno di 2° grado, cioè il <strong>per</strong>sonaggio che il narratore esterno di 1° grado<br />

introduce a raccontare in terza <strong>per</strong>sona singo<strong>la</strong>re vicende a cui èestraneo.<br />

È il caso dei giovani che nel Decamerone sono volta a volta introdotti dal narratore di 1° grado a<br />

raccontare le novelle che costituiscono il Decamerone.<br />

Individuare e c<strong>la</strong>ssificare i diversi tipi di narratore non è difficile, ma ai fini dell'analisi<br />

del racconto, non basta. "Ciò che importa, infatti, è rendersi conto che ciascuno dei<br />

rapporti tra narratore e racconto influisce in modo chiaro sulle scelte stilistiche e sul<strong>la</strong><br />

strutturazione dell'intreccio da parte dell'autore e sul tipo di approccio e di coinvolgimento<br />

del lettore" (Bellini-Mazzoni).<br />

Così <strong>la</strong> scelta di un narratore interno che racconta i fatti in prima <strong>per</strong>sona non <strong>per</strong>mette spostamenti di<br />

tempo, se non lungo l'asse del<strong>la</strong> memoria, attraverso il ricordo, e non presenta i diversi punti di vista dei<br />

<strong>per</strong>sonaggi, in quanto filtra tutta quanta <strong>la</strong> vicenda attraverso l"io narrante': tutto questo comporta un<br />

partico<strong>la</strong>re tipo di coinvolgimento da parte del lettore: più che una vera identificazione con l'io narrante,<br />

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si instaura un rapporto dialettico tra chi legge e chi narra" (BelliniMazzoni). Invece, <strong>la</strong> scelta di un<br />

narratore esterno che racconta i fatti in terza <strong>per</strong>sona fa sì che il lettore abbia l'impressione di trovarsi di<br />

fronte a un racconto oggettivo e <strong>per</strong>mette all'autore di giocare liberamente con i diversi punti di vista da<br />

cui i fatti possono essere raccontati, come vedremo nel prossimo paragrafo.<br />

°°°<br />

La scelta del punto di vista. Se il narratore è <strong>la</strong> voce che l'autore utilizza <strong>per</strong> raccontare gli<br />

eventi, il punto di vista del narratore è il partico<strong>la</strong>re atteggiamento che egli assume nei<br />

confronti degli eventi che racconta e dei <strong>per</strong>sonaggi che ne sono protagonisti. La scelta<br />

del punto di vista è legata strettamente al<strong>la</strong> scelta del tipo di narratore - esterno o interno - e<br />

influisce non poco sulle scelte stilistiche ed espressive dell'autore. In generale, secondo G.<br />

Genette, si danno tre possibilità, cioè tre possibili tipi di rapporto tra il narratore e i fatti che<br />

narra e quindi tre categorie di racconti:<br />

il narratore ne sa più dei <strong>per</strong>sonaggi o, comunque, è in grado di raccontare non solo<br />

quello che essi vedono, sentono o sanno, ma anche quanto essi non possono sa<strong>per</strong>e:<br />

conosce i loro intimi pensieri senza che essi li esprimano, vede quello che essi non<br />

vedono, sa spiegare quello che essi non sanno spiegare; conosce tutto del passato e delle<br />

vicende dei <strong>per</strong>sonaggi, arriva a conoscere in tempi reali eventi che accadono<br />

contemporaneamente in luoghi diversi e può addirittura anticipare i fatti di cui i<br />

<strong>per</strong>sonaggi saranno informati soltanto a distanza di tempo. È un narratore onnisciente<br />

(che sa tutto) e il suo punto di vista è illimitato o, come si dice, a focalizzazione zero.<br />

Esempi di racconti a focalizzazione zero, con narratore onnisciente, sono in genere i romanzi<br />

ottocenteschi, come I Promessi Sposi. <strong>Il</strong> narratore del romanzo manzoniano, infatti, sa già fin dall'inizio<br />

tutto quello che succederà: descrive i luoghi e gli ambienti dall' “alto", con visioni panoramiche<br />

d'insieme che solo lui può avere, oppure conosce e registra anche i pensieri più segreti dei suoi<br />

<strong>per</strong>sonaggi (come nel passo famoso dell' “Addio monti..”, quando esprime il pensiero di Lucia), anticipa<br />

i fatti, mette in guardia il lettore circa quello che stanno facendo o stanno <strong>per</strong> fare i vari <strong>per</strong>sonaggi,<br />

prospettandone le conseguenze, commenta il comportamento dei <strong>per</strong>sonaggi orientando il giudizio dei<br />

lettori ecc. <strong>Il</strong> racconto a focalizzazione zero, <strong>per</strong>tanto, è un racconto mosso, in cui l'azione può variare<br />

continuamente sia quanto al tempo (<strong>per</strong> mezzo di anticipazioni e di f<strong>la</strong>sh-bach) sia quanto agli ambienti,<br />

in cui si possono accaval<strong>la</strong>re eventi re<strong>la</strong>tivi a più <strong>per</strong>sonaggi.<br />

il narratore sa solo quanto sanno i <strong>per</strong>sonaggi o il <strong>per</strong>sonaggio di cui adotta il punto<br />

di vista: <strong>la</strong> conoscenza che il narratore ha degli eventi e dei <strong>per</strong>sonaggi è parziale e<br />

limitata ed egli apprende le cose a mano a mano che succedono, insieme al <strong>per</strong>sonaggio<br />

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cui succedono. L'esempio più semplice di questo tipo di narratore è quello offerto dal<br />

narratore che racconta, in prima <strong>per</strong>sona, <strong>la</strong> propria storia o i fatti di cui è stato testimone,<br />

cioè il narratore interno di o<strong>per</strong>e come <strong>Il</strong>fu Mattia Pascal di L. Pirandello o l’ lshmael del<br />

romanzo Moby Dick di H. Melville: in queste o<strong>per</strong>e, infatti, <strong>la</strong> conoscenza dei fatti da<br />

parte del narratore procede con <strong>la</strong> narrazione stessa e coincide con <strong>la</strong> conoscenza da parte<br />

degli altri <strong>per</strong>sonaggi. La stessa condizione si può anche avere con un narratore esterno<br />

che adotti il punto di vista di un determinato <strong>per</strong>sonaggio: in questo caso, infatti, il<br />

narratore può conoscere solo gli eventi, i luoghi e gli ambienti di cui viene a conoscenza,<br />

diretta o indiretta, questo <strong>per</strong>sonaggio ed è invece costretto a ignorare tutto ciò che è al di<br />

fuori del<strong>la</strong> sua es<strong>per</strong>ienza. È quello che succede ad esempio nel seguente <strong>testo</strong>, tratto dal<br />

romanzo La certosa di Parma di Stendhal, in cui il narratore conosce, vede, sente e<br />

capisce solo ciò che conosce, vede, sente e capisce Fabrizio, il <strong>per</strong>sonaggio di cui ha<br />

adottato il punto di vista:<br />

Venti passi più avanti, Fabrizio vide un campo coltivato; <strong>la</strong> terra era smossa in maniera strana, i solchi<br />

erano pieni d'acqua e dalle creste di terra umida schizzavano tanti piccoli frammenti neri che<br />

arrivavano fino a tre o quattro piedi d'altezza. Fabrizio notò passando lo strano fenomeno, poi<br />

ricomincio a pensare al<strong>la</strong> gloria del maresciallo. Senti un grido secco vicino a lui: due ussari erano ca-<br />

duti, colpiti dalle pallottole; quando si voltò <strong>per</strong> guardarli, era già lontano da loro una ventina di passi,<br />

insieme al<strong>la</strong> scorta. Una cosa soprattutto gli fece orrore: era un cavallo sanguinante, che si dibatteva<br />

<strong>per</strong> terra con le zampe impigliate nelle budel<strong>la</strong>; voleya seguire gli altri, e il sangue co<strong>la</strong>va dal fianco.<br />

"Ah, finalmente sono in mezzo a una battaglia!" pensò. "Ho visto sparare!" ripeteva soddisfatto.<br />

"Adesso si che sono davvero un militare!"<br />

<strong>Il</strong> punto di vista incentrato su un determinato <strong>per</strong>sonaggio è un punto di vista a<br />

focalizzazione interna. I racconti costruiti in questo modo, siano essi in prima <strong>per</strong>sona o<br />

in terza <strong>per</strong>sona, sono caratterizzati da uno sviluppo abbastanza ordinato: <strong>la</strong><br />

focalizzazione interna, infatti, come abbiamo visto in generale <strong>per</strong> <strong>la</strong> narrazione in prima<br />

<strong>per</strong>sona del narratore interno, non consente spostamenti di tempo se non attraverso il<br />

recu<strong>per</strong>o memoriale del <strong>per</strong>sonaggio. Inoltre, <strong>la</strong> focalizzazione interna, riducendo il tutto<br />

al punto di vista di un <strong>per</strong>sonaggio, porta il lettore a identificarsi con tale <strong>per</strong>sonaggio o a<br />

instaurare con chi narra un partico<strong>la</strong>re "rapporto dialettico" (Bellini-Mazzoni).<br />

In o<strong>per</strong>e di una certa complessità, il narratore può adottare via via il punto di vista di<br />

<strong>per</strong>sonaggi diversi, a seconda delle situazioni. È quello che ad esempio succede nei<br />

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Promessi Sposi e, in generale, nei romanzi ottocenteschi, ove il narratore onnisciente a<br />

focalizzazione zero che caratterizza l'o<strong>per</strong>a talora adotta <strong>la</strong> prospettiva di un suo<br />

<strong>per</strong>sonaggio (ora Renzo, ora Lucia, ora don Rodrigo) costruendo intere sequenze a<br />

focalizzazione interna. Si veda, ad esempio, come nel seguente <strong>testo</strong>, il narratore, di<br />

solito onnisciente, adotti il punto di vista di don Rodrigo:<br />

Don Rodrigo, tornato sotto, l'accompagnava [il Griso] con l'immaginazione al<strong>la</strong> casa del Chiodo,<br />

contava i passi, calco<strong>la</strong>va il tempo. Ogni tanto ritornava a guardare il suo bubbone; ma voltava subito <strong>la</strong><br />

testa dall'altra parte, con ribrezzo. Dopo qualche tempo, cominciò a stare in orecchi, <strong>per</strong> sentire se il<br />

chirurgo arrivava: e quello sforzo d'attenzione sospendeva il sentimento del male, e teneva in sesto i<br />

suoi pensieri. Tutt'a un tratto, sente uno squillo lontano, ma che gli par che venga dalle stanze, non dal<strong>la</strong><br />

strada. Sta attento; lo sente più forte, più ripetuto, e insieme uno stropiccio di piedi: un orrendo sospetto<br />

gli passa <strong>per</strong> <strong>la</strong> mente. Si rizza a sedere, e si mette ancor più attento; sente un rumor cupo nel<strong>la</strong> stanza<br />

vicina, come d'un peso che venga messo giù con riguardo; butta le gambe fuor del letto, come <strong>per</strong><br />

alzarsi, guarda all'uscio, lo vede aprirsi, vede presentarsi e venire avanti due logori e sudici vestiti rossi,<br />

due facce scomunicate, due monatti, in una paro<strong>la</strong>; vede mezza <strong>la</strong> faccia del Griso che, nascosto dietro<br />

un battente socchiuso, rimane a spiare.<br />

In questo <strong>testo</strong> manzoniano, l'adozione del punto di vista del <strong>per</strong>sonaggio è evidente e ha una<br />

funzione narrativa del tutto partico<strong>la</strong>re, in quanto contribuisce a creare un'atmosfera di<br />

suspence. <strong>Il</strong> narratore, infatti, assumendo il punto di vista di don Rodrigo, vive insieme a lui<br />

<strong>la</strong> progressiva sco<strong>per</strong>ta del<strong>la</strong> drammatica verità: in questo modo fa condividere anche al<br />

lettore "l'ansia dell'attesa, il dubbio, il sospetto e <strong>la</strong> terribile certezza provati dal <strong>per</strong>sonaggio:<br />

tutto il passo è fondato sulle sue progressive <strong>per</strong>cezioni (si noti <strong>la</strong> serie di verbi di<br />

<strong>per</strong>cezione), tutto viene filtrato dall'udito, dal<strong>la</strong> vista, dal<strong>la</strong> sensibilità di don Rodrigo" (H.<br />

Grosser).<br />

il narratore sa meno o comunque dice meno di quanto ne sappia il <strong>per</strong>sonaggio che in<br />

quel momento è al centro del<strong>la</strong> narrazione. <strong>Il</strong> narratore, <strong>per</strong> lo più estraneo al<strong>la</strong> storia, si<br />

limita a registrare i fatti come accadono, senza entrare nei pensieri dei <strong>per</strong>sonaggi e senza fare<br />

previsioni su ciò che succederà poi o su ciò che sta accadendo altrove: <strong>per</strong> lo più egli registra<br />

i dialoghi e descrive i gesti dei <strong>per</strong>sonaggi e i luoghi. Questa tecnica di narrazione, detta a<br />

focalizzazione esterna <strong>per</strong>ché il punto di vista del narratore è rigorosamente esterno ai fatti,<br />

è tipica dello stile di E. Hemingway basata appunto su lunghi dialoghi, come appare dal<br />

seguente <strong>testo</strong>:<br />

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Manuel Garcia salì le scale fino all'ufficio di Don Miguel Retana. Posò in terra <strong>la</strong> valiga e bussò al<strong>la</strong> porta.<br />

Nessuno rispose. Manuel, in piedi sul pianerottolo, sentì tuttavia che nel<strong>la</strong> stanza c'era qualcuno. Lo sentì<br />

attraverso <strong>la</strong> porta.<br />

«Retana» disse, e stette in ascolto. Nessuno rispose.<br />

"C'è" Manuel pensò. "Certamente c'è."<br />

«Retana» chiamò di nuovo, e picchiò al<strong>la</strong> porta.<br />

« Chi è? » chiese dall'interno qualcuno. «lo, Manolo» Manuel disse. «Cosa vuoi?» disse <strong>la</strong> voce. «Lavoro,<br />

voglio» disse Manuel.<br />

Sentì <strong>la</strong> chiave girare più volte nel<strong>la</strong> serratura e <strong>la</strong> porta si aprì. Manuel entrò, reggendo <strong>la</strong> valigia. Un<br />

ometto sedeva dietro una scrivania, all'altra estremità del<strong>la</strong> stanza. Sopra l'ometto stava appesa una testa di<br />

toro, imbalsamata da uno specialista di Madrid; sui muri c'erano foto in cornice e manifesti di corride.<br />

L'ometto stava seduto guardando Manuel.<br />

«Credevo che ti avessero ammazzato» disse.<br />

Manuel batté le nocche sul tavolo. L'ometto seduto lo fissava attraverso <strong>la</strong> scrivania.<br />

«Quante corride hai fatto quest'anno?» chiese Retana.<br />

«Una» Manuel disse.<br />

«Quel<strong>la</strong> soltanto?» l'ometto chiese.<br />

« Soltanto. »<br />

«Lessi il resoconto sui giornali» disse Retana. Si appoggiò al<strong>la</strong> spalliera del<strong>la</strong> seggio<strong>la</strong> e guardò Manuel.<br />

(E. Hemingway, L’invito, in I quarantanove racconti, Einaudi, Torino)<br />

La tecnica del<strong>la</strong> focalizzazione esterna è usata anche dagli scrittori di racconti polizieschi,<br />

come R. Chandler, "<strong>per</strong>ché consente di tacere informazioni che debbono venir rive<strong>la</strong>te solo al<br />

momento dello scioglimento" (H. Grosset). A tale tecnica narrativa, <strong>per</strong>ò, hanno fatto spesso<br />

ricorso anche i romanzieri dell'Ottocento (Scott, Balzac, Dumas) tutte le volte che volevano<br />

presentare i loro <strong>per</strong>sonaggi in modo neutro, attraverso i fatti, creando loro intorno un alone<br />

di mistero. Infine, racconti a focalizzazione esterna sono anche quelli con cui gli scrittori<br />

realisti e veristi hanno <strong>per</strong>seguita il massimo del<strong>la</strong> oggettività, limitandosi a registrare il<br />

par<strong>la</strong>to dei loro <strong>per</strong>sonaggi.<br />

Le tecniche di rappresentazione delle parole e dei pensieri dei <strong>per</strong>sonaggi. Un altro aspetto<br />

dei rapporti tra il narratore e i suoi <strong>per</strong>sonaggi è costituito dal<strong>la</strong> scelta del modo in cui il<br />

narratore riporta i discorsi dei suoi <strong>per</strong>sonaggi. In ogni <strong>testo</strong> <strong>narrativo</strong>, infatti, il narratore<br />

deve risolvere il probiema di come far par<strong>la</strong>re i suoi <strong>per</strong>sonaggi e, a seconda del punto di<br />

vista che ha adottato nei loro confronti e del<strong>la</strong> distanza che vuole mettere tra sé e<br />

loro, può scegliere tra le seguenti tecniche:<br />

il discorso diretto: il narratore riferisce le parole del <strong>per</strong>sonaggio diretta mente, "tra<br />

virgolette" In questo caso, egli cede a tutti gli effetti <strong>la</strong> paro<strong>la</strong> al <strong>per</strong>sonaggio e lo fa par<strong>la</strong>re,<br />

46


limitandosi a introdurre il suo discorso con un verbo dichiarativo e, tutt'al più, precisando il<br />

tono con cui par<strong>la</strong> o il nome del<strong>la</strong> <strong>per</strong>sona cui si rivolge:<br />

Allora il marchese, rivolgendosi a Laura, disse con un tono che non ammetteva repliche: «lo non intendo<br />

tollerare oltre un simile comportamento e quindi le chiedo di <strong>la</strong>sciare immediatamente questa casa».<br />

Questo è il modo di presentare le parole dei <strong>per</strong>sonaggi adottato nel<strong>la</strong> maggior parte dei<br />

romanzi di tutti i tempi: un modo immediato, nel<strong>la</strong> sua semplicità, che riduce ai minimi<br />

termini <strong>la</strong> distanza tra il narratore e i suoi <strong>per</strong>sonaggi. Talvolta, il discorso diretto non è<br />

neppure introdotto dai verbi dichiarativi e, quindi, si ha un effetto di ancora maggiore<br />

immediatezza (discorso diretto libero):<br />

«Signor marchese, mi ascolti! »<br />

«Se ne vada, Laura.»<br />

«Perché, di grazia?»<br />

«Non sono più disposto a tollerare oltre i suoi modi.»<br />

«La prego, signor marchese... »<br />

«Se ne vada!»<br />

<strong>Il</strong> discorso diretto è, ovviamente, tipico delle sequenze dialogate, ma è frequente anche in<br />

altre occasioni in cui il narratore riporta le parole di un <strong>per</strong>sonaggio, come nei monologhi e<br />

nei soliloqui.<br />

il discorso indiretto: il narratore riferisce le parole del <strong>per</strong>sonaggio o il dialogo tra due<br />

<strong>per</strong>sonaggi non direttamente e letteralmente, ma indirettamente, facendole dipendere da un<br />

verbo dichiarativo come dire, rispondere, chiedere, pensare e simili:<br />

Allora il marchese si rivolse a Laura e in un tono che non ammetteva repliche le disse che non era più<br />

disposto a tollerare oltre un simile comportamento e che quindi era costretto a chiederle di <strong>la</strong>sciare<br />

immediatamente <strong>la</strong> sua casa.<br />

<strong>Il</strong> discorso indiretto è il caso più tipico di discorso trasposto: il narratore se ne avvale tutte le<br />

volte che non intende dare <strong>la</strong> paro<strong>la</strong> direttamente al <strong>per</strong>sonaggio. Dal punto di vista<br />

espressivo segna una presa di distanza del narratore dal <strong>per</strong>sonaggio ed è indubbiamente<br />

meno immediato del discorso diretto. Dal punto di vista stilistico, poi, risulta piuttosto<br />

faticoso, <strong>per</strong>ché implica l'adozione dei modi e dei tempi delle proposizioni subordinate.<br />

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il discorso indiretto libero: il narratore riferisce i discorsi o i pensieri del <strong>per</strong>sonaggio<br />

indirettamente, ma con le stesse parole del <strong>per</strong>sonaggio e senza introdurle con i consueti verbi<br />

dichiarativi:<br />

***<br />

Allora il marchese si rivolse a Laura e le parlò in un tono che non ammetteva repliche: non era più disposto a<br />

tollerare oltre un simile comportamento e quindi le chiedeva di <strong>la</strong>sciare immediatamente <strong>la</strong> sua casa.<br />

Questa tecnica espressiva, che fonde insieme le caratteristiche di immediatezza del<br />

discorso diretto e il carattere mediato del discorso indiretto, <strong>per</strong>met- ~ te di evitare <strong>la</strong><br />

pesantezzà delle subordinazioni del discorso indiretto e ha il vantaggio di porre in primo<br />

piano le parole di chi par<strong>la</strong> senza interrom<strong>per</strong>e <strong>la</strong> continuità del <strong>testo</strong> con <strong>la</strong> formu<strong>la</strong><br />

introduttiva del discorso diretto. Per <strong>la</strong> sua vivacità e oggettività, esso è stato adottato<br />

nel<strong>la</strong> seconda metà deil'Ottocento dai romanzieri veristi, specialmente da G. Verga e poi,<br />

con intendimenti diversi, da I. Svevo e L. Pirandello e da altri narratori novecenteschi.<br />

Nel discorso indiretto libero, tra l'altro, è spesso avvertibile <strong>la</strong> presenza simultanea del<br />

narratore e del <strong>per</strong>sonaggio. Anzi, talora risulta difficile distinguere se si è di fronte a un<br />

discorso del <strong>per</strong>sonaggio, pronunciato o interiore, o al<strong>la</strong> voce narrante del narratore. Si<br />

veda, ad esempio, il <strong>testo</strong> seguente:<br />

Smise di suonare. Perché suonare? chi l'avrebbe ascoltata? Non valeva <strong>la</strong> pena di tediarsi a studiare,<br />

ché non avrebbe mal potuto, in veste di velluto con le maniche corte, in un concerto, toccando con le<br />

dita leggere i tasti d'avorio d'un pianoforte d'Érard, sentirsi circo<strong>la</strong>re attorno, come una brezza, un<br />

mormorio d'estasi. Lasciò chiusi nell'armadio i fogli da disegno e il te<strong>la</strong>io da ricamo. A che servivano?<br />

A che? Cucire <strong>la</strong> indisponeva. (G.F<strong>la</strong>ubert, Madame Bovary)<br />

il discorso raccontato: il narratore si limita a riassumere genericamente il contenuto<br />

dei discorsi o dei pensieri del <strong>per</strong>sonaggio, così da trasmette lo le informazioni<br />

fondamentali:<br />

Allora il marchese, rivolgendosi a Laura in un tono che non ammetteva repliche, <strong>la</strong> invitò a <strong>la</strong>sciare <strong>la</strong><br />

casa <strong>per</strong>ché non intendeva sopportare oltre un simile comportamento.<br />

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<strong>Il</strong> discorso raccontato è chiaramente un tipo di discorso trasposto e costituisce il modo più<br />

distaccato di riferire le parole di un <strong>per</strong>sonaggio, ma è anche quello più <strong>narrativo</strong>, come<br />

risulta dal seguente esempio, in cui l'espressione "borbotta una maledizione" risolve in<br />

narrazione le parole del <strong>per</strong>sonaggio:<br />

La <strong>la</strong>ncetta dei minuti ha azionato il meccanismo del<strong>la</strong> quinta sveglia: Antonio tappezziere borbotta<br />

una maledizione. E <strong>la</strong> prima voce che rompe il silenzio. (Vasco Pratolini,Cronache di poveri amanti,<br />

Mondadori, Mi<strong>la</strong>no)<br />

Come è ovvio, le varie tecniche narrative non si escludono mai a vicenda ma possono essere<br />

alternate le une alle altre in uno stesso <strong>testo</strong> <strong>narrativo</strong> con effetti espressivi sempre nuovi e<br />

originali.<br />

Le scelte stilistico-espressive. Scelta <strong>la</strong> fabu<strong>la</strong> da narrare, organizzato l'intreccio, individuati i<br />

<strong>per</strong>sonaggi, il tempo e lo spazio in cui inserire gli eventi, deciso il tipo di narratore cui affi-<br />

dare il compito di raccontare i fatti e scelto il punto di vista da cui farglieli raccontare con le<br />

re<strong>la</strong>tive tecniche espositive, l'autore ha costruito il traliccio del <strong>testo</strong> <strong>narrativo</strong> che si accinge a<br />

comporre. Ora, <strong>per</strong>ò, deve produrlo, deve cioè camporlo (scriver<strong>la</strong>) in modo tale da poterlo<br />

trasmettere al lettore. Per fare questo, deve usare <strong>la</strong> lingua e, naturalmente, all'interno del<br />

vasto re<strong>per</strong>torio di possibilità che <strong>la</strong> lingua gli offre, deve scegliere il materiale volta a volta<br />

necessario alle sue esigenze espressive. Come fa?<br />

<strong>Il</strong> punto di partenza delle scelte stilistico-espressive dell'autore è costituito da un principio di<br />

carattere generale ben preciso: ogni contenuto richiede l'adozione di un tipo partico<strong>la</strong>re di<br />

forma, cioè: se vuole raccontare una storia triste, l'autore deve usare certe parole piuttosto che<br />

altre e deve organizzare tali parole in un modo diverso da quello che userebbe se volesse<br />

raccontare una storia allegra. <strong>Il</strong> punto di partenza di ogni analisi degli aspetti stilistico-<br />

espressivi di un racconto o anche semplicemente il punto di partenza di una comprensione<br />

non su<strong>per</strong>ficiale di un racconto, invece, si fonda, <strong>per</strong> forza di cose, sul rovesciamento di tale<br />

principio: l'adozione di certi espedienti stilistico-espressivi piuttosto che di altri è legata al<br />

contenuto: se l'autore ha scelto di raccontare un avvenimento utilizzando un <strong>per</strong>iodare fitto e<br />

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eve, rotto da continue sospensioni del discorso, evidentemente voleva comunicare l'idea<br />

che l'avvenimento in questione, come risulta anche dai luoghi in cui è ambientato e dalle<br />

situazioni stesse, è un avvenimento drammatico.<br />

Perciò, <strong>la</strong> scelta delle parole da usare e del modo di organizzarle in frasi e in <strong>per</strong>iodi e, anche,<br />

<strong>la</strong> scelta dei vari espedienti stilistici con cui <strong>la</strong> lingua acquista un valore connotativo (figure<br />

retoriche di parole e figure retoriche di pensiero) sono, <strong>per</strong> l'autore, un fatto estremamente<br />

importante, decisivo <strong>per</strong> quello che sarà il suo racconto, e non meno importante è <strong>per</strong> il<br />

lettore capire le ragioni di tale scelta.<br />

Vediamo attraverso <strong>la</strong> campionatura di un congruo numero di casi come, sul piano stilistico-<br />

espressivo, le scelte dell'autore siano sempre in funzione del<strong>la</strong> situazione narrativa e dello<br />

scopo che egli si propone di conseguire, cioè del tipo di messaggio che vuole far <strong>per</strong>venire al<br />

lettore e delle reazioni che si propone di suscitare in lui.<br />

L'autore vuole creare un ritmo ampio e avvolgente, adatto a una sequenza descrittiva o<br />

riflessiva o a una sequenza narrativa di vasto respiro, che coinvolge il lettore <strong>per</strong> <strong>la</strong><br />

ricchezza dei partico<strong>la</strong>ri e <strong>la</strong> varietà delle considerazioni <strong>per</strong>sonali dell'autore: in questo<br />

caso, utilizza un <strong>per</strong>iodare ampio, caratterizzato da strutture sintattiche subordinate e<br />

frequenti incisi, e un lessico ricco e vario. Così, nel<strong>la</strong> Ricerca del tempo <strong>per</strong>duto di M.<br />

Proust, al <strong>la</strong>birinto di riflessioni, di divagazioni e di variazioni sul medesimo tema che<br />

costituiscono i modi tipici del<strong>la</strong> "ricerca", corrisponde, dal punto di vista espressivo, una<br />

prosa lentissima, costruita in lunghe frasi ondeggianti e avvolgenti che si diramano in<br />

continue digressioni, a loro volta ricche di esempi, di precisazioni e di similitudini:<br />

E quando ebbi riconosciuto il gusto del pezzetto di madeleine che <strong>la</strong> zia inzuppava <strong>per</strong> me nel tiglio,<br />

subito (benché non sapessi ancora - e dovessi rimandare a ben più tardi il momento del<strong>la</strong> sco<strong>per</strong>ta -<br />

<strong>per</strong>ché quel ricordo mi rendesse tanto felice) <strong>la</strong> vecchia casa grigia verso strada, di cui faceva parte <strong>la</strong><br />

sua camera, venne come uno scenario di teatro a saldarsi al piccolo padiglione prospiciente il giardino e<br />

costruito sul retro <strong>per</strong> i miei genitori (cioè all'unico iso<strong>la</strong>to lembo da me rivisto fino a quel momento); e,<br />

insieme al<strong>la</strong> casa, <strong>la</strong> città, da mattina a sera e con ogni sorta di tempo, <strong>la</strong> piazza dove mi mandavano<br />

prima di pranzo, le vie dove facevo qualche éommissione, le strade <strong>per</strong>corse quando il tempo era bello.<br />

E come in quel gioco, che piace ai giapponesi, di buttare in una cioto<strong>la</strong> di porcel<strong>la</strong>na piena d'acqua dei<br />

pezzettini di carta a tutta prima indefinibili che, non appena immersi, si stirano, assumono contorni e<br />

colori, si differenziano diventando fiori, case, figure consistenti e riconoscibili, così, ora, tutti i fiori del<br />

nostro giardino e quelli del parco di casa Swann, e le ninfee del<strong>la</strong> Vivonne, e <strong>la</strong> brava gente del vil<strong>la</strong>ggio<br />

e le loro piccole abitazioni e <strong>la</strong> chiesa e tutta Combray e <strong>la</strong> campagna circostante, tutto questo che sta<br />

prendendo forma e solidità è uscito, città e giardini, dal<strong>la</strong> mia tazza di tè. (M. Proust, Al<strong>la</strong> ricerca del<br />

tempo <strong>per</strong>duto)<br />

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L'autore vuole suggerire l'idea di una condizione emotiva partico<strong>la</strong>rmente intensa, in<br />

modo da coinvolgere il lettore sul piano sentimentale: in questo caso utilizza una prosa<br />

oratoria ed enfatica, incisa da frequenti frasi esc<strong>la</strong>mative e da vocativi, ripete<br />

insistentemente le medesime parole, inserisce nelle pagine un gran numero di immagini<br />

figurate, invoca, <strong>per</strong>sonificandoli, oggetti o aspetti del<strong>la</strong> natura e giustappone parole e<br />

frasi <strong>per</strong> asindeto o <strong>per</strong> polisindeto. <strong>Il</strong> più delle volte, il discorso è in prima <strong>per</strong>sona<br />

singo<strong>la</strong>re, affidato a un io narrante interno al<strong>la</strong> storia che par<strong>la</strong> di sé, come nel brano<br />

seguente in cui Jacopo Ortis comunica al<strong>la</strong> donna di cui è innamorato tutto il suo amore:<br />

Ho visitato le mie montagne, ho visitato il <strong>la</strong>go de' cinque fondi, ho salutato <strong>per</strong> sempre le selve, i<br />

campi, il cielo. O mie solitudini! O riva, che mi hai <strong>la</strong> prima volta insegnato <strong>la</strong> casa di quel<strong>la</strong> fanciul<strong>la</strong><br />

celeste! Quante volte ho sparpagliato i fiori su le tue acque che passavano sotto le sue finestre! Quante<br />

volte ho passeggiato con Teresa <strong>per</strong> le tue sponde, mentr'io inebbriandomi del<strong>la</strong> voluttà di adorar<strong>la</strong>,<br />

vuotava a gran sorsi il calice del<strong>la</strong> morte. Sacro gelso! Ti ho pure adorato. Ti ho pure <strong>la</strong>sciati gli ultimi<br />

gemiti e gli ultimi ringraziamenti. Mi sono prostrato, o mia Teresa, presso a quel tronco. Beata sera!<br />

Come tu sei stampata nel mio petto! lo stavo seduto al tuo fianco, o Teresa, e il raggio del<strong>la</strong> luna<br />

penetrando tra i rami illuminava il tuo angelico viso! lo vidi scorrere su le tue guance una <strong>la</strong>crima; e <strong>la</strong><br />

ho succhiata, e le nostre <strong>la</strong>bbra, e i nostri respiri si sono confusi, e l'anima mia si trasfondeva nel tuo<br />

petto... T'amai dunque t'amai, e t'amo ancor di un amore che non si può concepire che da me solo.<br />

L'autore vuole creare un'atmosfera ossessiva, caratterizzata dall'idea di qualcosa di<br />

ineluttabile che incombe sui <strong>per</strong>sonaggi senza che essi possano fare nul<strong>la</strong> <strong>per</strong> liberarsene:<br />

in questo caso adotta un <strong>per</strong>iodare rapido e fitto che, con frasi brevi e concise, rende il<br />

ritmo del<strong>la</strong> pagina veloce e incalzante e descrive luoghi e oggetti con un minuzioso<br />

realismo che si sofferma su tutti i partico<strong>la</strong>ri, anche quelli più incongrui e assurdi. Si<br />

veda, ad esempio, il <strong>testo</strong> seguente, tratto da un racconto di J.L. Borges: <strong>la</strong> prosa, ricca ed<br />

essenziale, costituita da <strong>per</strong>iodi brevi che si succedono rapidamente l'uno all'altro e le<br />

minuzie delle descrizioni producono un ritmo ora rapido e serrato, ora lento e pausata,<br />

ma sempre in linea con l'atmosfera ossessiva che l'autore vuole creare:<br />

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<strong>Il</strong> primo sentimento di H<strong>la</strong>dik fu di mero terrore. Pensò che non l'avrebbero terrorizzato <strong>la</strong> forca, né<br />

l'ascia, né <strong>la</strong> ghigliottina, ma che morire fuci<strong>la</strong>to era intollerabile. Invano si ripeté che il tremendo era<br />

l'atto puro e generale del morire, non le circostanze concrete. Non si stancava d'immaginare queste<br />

circostanze: assurdamente, cercava di esaurirne tutte le variazioni. Anticipava infinitamente il processo,<br />

dall'alba insanne al<strong>la</strong> misteriosa scarica. Prima del giorno fissato da Julius Rothe, morì centinaia di<br />

morti, in cortili le cui forme e i cui angoli esaurivano <strong>la</strong> geometria, mitragliata da soldati variabili, in<br />

numero cangiante, che a volte lo finivano da lontano, altre da molto vicino. Affrontava con vero timore<br />

(forse con vero coraggio) queste esecuzioni immaginarie, ogni finzione durava pochi secondi; chiuso il<br />

cerchio, Jaromir interminabilmente tornava alle tremanti vigilie del<strong>la</strong> sua morte. Poi rifletté che <strong>la</strong><br />

realtà non suole coincidere con le previsioni; con logica <strong>per</strong>versa ne dedusse che prevedere un dettaglio<br />

circostanziale è impedire che esso accada. Fedele a questa debole magia, inventava, <strong>per</strong>ché non<br />

succedessero, partico<strong>la</strong>ri atroci; naturalmente, finì <strong>per</strong> temere che questi partico<strong>la</strong>ri fossero profetici.<br />

(J.L. Borges, <strong>Il</strong> miracolo, in Finzioni, Einaudi, Torino)<br />

L'autore vuole costruire <strong>per</strong>sonaggi e ambienti raffinati ed eleganti e suggerire l'idea<br />

di un'elevatezza spirituale tanto sofisticata quanto fredda. In questo caso orienta le<br />

sue scelte stilistiche in modo tale da nobilitare e impreziosire <strong>per</strong>sonaggi e situazioni:<br />

adotta <strong>per</strong>ciò un lessico preciso e minuzioso, costituito da parole rare a disusate, da<br />

forme graficamente antiquate, e dà corpo a un <strong>per</strong>iodare costruito su frasi brevi, di<br />

carattere fortemente sentenzioso, e; ricco di immagini idealizzanti. Si veda, in proposito,<br />

il seguente <strong>testo</strong>:<br />

<strong>Il</strong> conte Andrea S<strong>per</strong>elli-Fieschi d'Ugenta era, in verità, l'ideal tipo del giovine signore italiano nel XIX<br />

secolo, il legittimo campione d'una stirpe di gentiluomini e di artisti eleganti, l'ultimo discendente d'una<br />

razza intellettuale.<br />

Egli era, <strong>per</strong> così dire, tutto impregnato di arte. La sua adolescenza, nutrita di studii vari e profondi, parve<br />

prodigiosa. Egli alternò, fino a' venti anni, le lunghe letture coi lunghi viaggi in compagnia del padre e poté<br />

compiere <strong>la</strong> sua straordinaria educazione estetica sotto <strong>la</strong> cura paterna, senza restrizioni e constrizioni di<br />

pedagoghi. Dal padre appunto ebbe il gusto delle cose d'arte, il culto passionato del<strong>la</strong> bellezza, il paradossale<br />

disprezzo de' pregiudizii, l'avidità del piacere...<br />

L'educazione d'Andrea era dunque, <strong>per</strong> così dire, viva, cioè fatta non tanto su i libri quanto in conspetto<br />

delle realtà umane. Lo spirito di lui non era soltanto corrotto dall'alta cultura ma anche dall'es<strong>per</strong>imento; e in<br />

lui <strong>la</strong> curiosità diveniva più acuta come più si al<strong>la</strong>rgava <strong>la</strong> conoscenza. Fin dal principio egli fu prodigo di sé;<br />

poiché <strong>la</strong> grande forza sensitiva, ond'egli era dotato, non si stancava mai di fornire tesori alle sue prodigalità.<br />

Ma l'espansion di quel<strong>la</strong> sua forza era <strong>la</strong> distruzione in lui di un'altra forza, del<strong>la</strong> forza morale che il padre<br />

stesso non aveva ritegno a deprimere. Ed egli non si accorgeva che <strong>la</strong> sua vita era <strong>la</strong> riduzion progressiva<br />

delle sue facoltà, delle sue s<strong>per</strong>anze, del suo piacere, quasi una progressiva rinunzia; e che il circolo gli si<br />

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estringeva sempre più d'intorno, me sorabilmente sebben con lentezza. (G. d’Annunzio, <strong>Il</strong> piacere)<br />

L'autore vuole riferire una situazione o ricostruire un ambiente in modo oggettivo, senza<br />

far troppo trasparire <strong>la</strong> sua presenza di regista dell'azione. In questo caso utilizza una lingua<br />

vivace e immediata e sintatticamente mossa, ricca di immagini realistiche, <strong>per</strong> lo più tratte<br />

dalle reali es<strong>per</strong>ienze di vita dei <strong>per</strong>sonaggi e affida il compito di narrare i fatti al<strong>la</strong> somma<br />

delle voci dei <strong>per</strong>sonaggi. Si veda, in proposito, come nel seguente <strong>testo</strong>, tratto dai Ma<strong>la</strong>vo-<br />

glia di G. Verga, l'episodio del<strong>la</strong> morte di Bastianazzo, un membro del<strong>la</strong> famiglia<br />

Ma<strong>la</strong>voglia, sia ricostruito attraverso le battute e i gesti dei <strong>per</strong>sonaggi, in una lingua tanto<br />

popo<strong>la</strong>re quanto realisticamente efficace:<br />

Maruzza <strong>la</strong> Lenga non diceva nul<strong>la</strong>, com'era giusto, ma non poteva star ferma un momento, e andava sempre<br />

di qua e di là, <strong>per</strong> <strong>la</strong> casa e pei cortile, che pareva una gallina quando sta <strong>per</strong> far l'uovo. Gli uomini erano<br />

all'osteria, e nel<strong>la</strong> bottega di Pizzuto, a sotto <strong>la</strong> tettoia del beccaio, a veder piovere, col naso in aria. Sul<strong>la</strong> riva<br />

c'era soltanto padron 'Ntoni, <strong>per</strong> quel carico di lupini che ci aveva in mare col<strong>la</strong> Provvidenza e suo figlio<br />

Bastianazzo <strong>per</strong> giunta, e il figlio del<strong>la</strong> Locca, il quale non aveva nul<strong>la</strong> da <strong>per</strong>dere lui, e in mare non ci aveva<br />

altro che suo fratello Menico, nel<strong>la</strong> barca dei lupini. Padron Fortunato Cipol<strong>la</strong>, mentre gli facevano <strong>la</strong> barba,<br />

nel<strong>la</strong> bottega di Pizzuto, diceva che non avrebbe dato due baiocchi di Bastianazzo e di Menico del<strong>la</strong> Lacca,<br />

col<strong>la</strong> Provvidenza e il carico dei lupini.<br />

«Adesso tutti vogliono fare i negozianti, <strong>per</strong> arricchire!» diceva stringendosi nelle spalle; «e poi quando<br />

hanno <strong>per</strong>so <strong>la</strong> mu<strong>la</strong> vanno cercando <strong>la</strong> cavezza.»<br />

Nel<strong>la</strong> betto<strong>la</strong> di suor Mariange<strong>la</strong> <strong>la</strong> Santuzza c'era fol<strong>la</strong>: quell'ubriacone di Rocca Spatu, il quale vociava e<br />

sputava <strong>per</strong> dieci; compare Tino Piedipa<strong>per</strong>a, mastro Turi Zuppiddu, compare Mangiacarrube, dan Michele<br />

il brigadiere delle guardie doganali, coi calzoni dentro gli stivali, e <strong>la</strong> pisto<strong>la</strong> appesa al ventre, quasi dovesse<br />

andare a caccia di cantrabbandieri con quel tempaccio, e compare Mariano Cinghialenta. Quell'elefante di<br />

mastro Turi Zuppiddu andava distribuendo <strong>per</strong> ischerzo agli amici dei pugni che avrebbero accoppata un<br />

bue, ca me se ci avesse ancora in mano <strong>la</strong> ma<strong>la</strong>bestia di ca<strong>la</strong>fato, e allora compare Cmghialenta si metteva a<br />

gridare e bestemmiare, <strong>per</strong> far vedere che era uomo di fegato e carrettiere.<br />

Lo zio Santo ro, raggomito<strong>la</strong>to sotto quel Pa' di tettoia, davanti all'uscio, aspettava col<strong>la</strong> mano stesa che<br />

passasse qualcheduno <strong>per</strong> chiedere <strong>la</strong> carità. «Tra tutte e due, padre e figlia» disse compare Turi Zuppiddu<br />

«devono buscarne dei bei soldi, con una giornata come questa, e tanta gente che viene all'osteria. «<br />

«Bastianazzo Ma<strong>la</strong>voglia sta peggio di lui, a quest'ora», rispose Piedipa<strong>per</strong>a "e mastro Cirino ha un bel<br />

suonare <strong>la</strong> messa; ma i Ma<strong>la</strong>voglia non ci vanno oggi in chiesa; sono in collera con Domeneddio, <strong>per</strong> quel<br />

carico di lupini che ci hanno in mare».<br />

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L'autore vuole costruire un'atmosfera grigia e stagnante, <strong>per</strong>vasa da un senso di attesa<br />

che frustra ogni volontà di azione. In questo caso adotta una lingua neutra e monocorde,<br />

fatta di parole ed espressioni del medesimo registro <strong>narrativo</strong>, artico<strong>la</strong>ta in <strong>per</strong>iodi ora<br />

brevi ora lunghi ma sempre monoverbali e sempre uguali a se stessi, sia che si trovino in<br />

sequenze descrittive sia che si trovino in sequenze narrative o in brani dialogici. Si veda,<br />

in proposito, come nel seguente brano D. Buzzati suggerisca, attraverso un'uniformità<br />

espressiva che sfiora <strong>la</strong> banalità, il senso di grigiore e di tristezza che accompagna <strong>la</strong> vita<br />

squallida e monotona dei militari che, alle soglie del deserto, attendono da sempre<br />

un'invasione nemica:<br />

«Una volta,» disse Drogo «una volta ci avrei creduto anch'io. Ma adesso mi sembri proprio un illuso. Se<br />

io fossi in te me ne starei zitto, finiranno <strong>per</strong> riderti dietro.»<br />

«Una strada fanno» replicò Simeoni guardando Drogo con compatimento. «Ci metteranno dei mesi, si<br />

capisce, ma questa è <strong>la</strong> volta buona. »<br />

«Ma anche se fosse,» disse Drogo «anche se fosse come dici tu, credi che se facessero veramente una<br />

strada <strong>per</strong> portare le artiglierie dal nord, <strong>la</strong>scerebbero <strong>la</strong> Fortezza sguarnita? Lo saprebbero subito allo<br />

Stato Maggiore, l'avrebbero saputo già da anni.»<br />

«Lo Stato Maggiore non <strong>la</strong> prende mai sul serio <strong>la</strong> Fortezza Bastiani; fin che non l'avranno bombardata,<br />

nessuno ci crederà a queste storie... Se ne <strong>per</strong>suaderanno troppo tardi. »<br />

«Di' quel che vuoi» ripeté Drago. «Se questa strada si facesse sul serio, lo Stato Maggiore sarebbe<br />

informatissimo, sta' pur certo.»<br />

«Lo Stato Maggiore ha mille informazioni, ma su mille una so<strong>la</strong> buona, e così non credono a nessuna.<br />

Del resto è inutile discutere, vedrai se non succederà come dico.»<br />

Erano soli, sul ciglio del cammino di ronda. Le sentinelle, molto più distanziate di una volta,<br />

camminavana su e giù <strong>per</strong> il tratto rispettivamente fissato. Drogo guardò ancora verso il settentrione; le<br />

rocce, il deserto, le nebbie in fondo, tutto pareva vuoto di senso. (D: Buzzati, <strong>Il</strong> deserto dei tartari)<br />

Questa campionatura potrebbe continuare all'infinito, ma ormai dovrebbe essere chiaro lo<br />

stretto rapporto che esiste tra ciò che uno scrittore vuole dire e il modo in cui lo dice. Un<br />

utile esercizio, a questo punto, può essere quello di verificare l'esattezza di questo principio<br />

basi<strong>la</strong>re del<strong>la</strong> narrativa attraverso <strong>la</strong> lettura diretta e l'analisi dei testi narrativi.<br />

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