Nulla - Sardegna Cultura

[contra]
Si lasciò convincere, perché era una persona senza malizia.
E aveva sofferto, ma aveva fatto quello che aveva
fatto: valige, trasferimento, separazione, avvocati ecc. ecc.,
per la bambina. Il 16 Settembre dell’anno scorso, nonostante
il parere contrario del suo avvocato andò di persona
a riprendere la figlia dalla casa dei suoceri pur sapendo
che c’era anche lui.
Si è lasciata convincere dalla madre, mettiti una mano
sulla coscienza, le ha detto, parlatevi un’ultima volta,
non è da cristiani tutto questo astio, anche se non è stato
un buon marito questo glielo devi.
E lei c’è andata. Con tutte le buone intenzioni possibili,
cercando di dimenticare gli anni d’inferno che lui le
aveva fatto passare.
Fortunatamente non aveva smesso di lavorare, neanche
dopo la nascita della bambina, perché con la gestione
allegra del denaro di lui ci sarebbe stato poco da stare
allegri. Diceva che era sfortunato, che ce l’avevano con
lui perché era uno che ci sapeva fare. Ma a Nulla c’erano
troppi invidiosi. Gente che lo ostacolava per invidia,
diceva. Lo sport cittadino. Il peccato più diffuso. Comunque,
prometteva, è una crisi passeggera, ho un paio di
questioni in ballo.
Intanto lei pagava le tratte con i suoi risparmi, per
non fare scandali.
Gli aveva voluto bene, l’aveva amato. Aveva superato
prove terribili prima del matrimonio, proprio per il
matrimonio a cui si opponevano i genitori e la sorella di
lui. Perché lei non sembrava abbastanza degna di quel
fiore carnoso e un po’ selvatico di figlio e di fratello. Ammettevano
che sì per essere bella era bella. Ma la bellezza
dicevano, non basta. Non è massaia, dicevano. Eppure
lo sapevano che campione avevano allevato. Abituato
bene a farsi fare tutto, ad avere le schiave per casa, incapace
di friggersi un uovo, troppo signore per dare una
mano in cucina, troppo maschio per portare i calzini fino
al cesto della biancheria sporca.
Non sono la tua domestica, abbiamo gli stessi diritti,
le aveva detto una volta.
Non vorrai che mi metta a fare le faccende, aveva risposto
lui, non vorrai che mi faccia ridere dietro da tutti.
Se vuoi una domestica te la paghi, aveva detto lei.
Ma si alzava lo stesso all’alba per preparare tutto prima
di entrare in servizio e teneva la casa come un gioiello.
La bambina poi non c’era niente che potesse bastare
per lei. Non c’era sacrificio che non avrebbe affrontato
per quella creatura.
Lui la viziava e basta per quel poco che la vedeva. Ma
la maggior parte delle volte non voleva essere disturbato,
e mai una notte che si fosse alzato se lei chiamava. Che
rottura, diceva, questi sono tutti i vizi che le hai dato,
diceva, se dipendesse da me: un paio di sculaccioni…
Insisteva che con la nascita della bambina si erano
isolati, che non uscivano più. Perché lui era uno da uscite,
bevute, amici, carte ecc. ecc.
Quando lei rispondeva di no, che non si poteva fare le
ore piccole tutte le notti, che non si poteva affidare la
bambina sempre ai nonni, lui sbottava, soffoco, urlava,
mi hai messo il guinzaglio, urlava, ho bisogno d’aria.
Lui la portava con sé solo perché faceva figura e si
faceva grosso con gli amici perché aveva la moglie bella.
La voleva sempre perfetta senza un capello fuori posto, le
sceglieva i vestiti e le scarpe, per quello non badava a
spese. Lei si prestava, per il quieto vivere e la mattina
dopo arrivava in ufficio con certe occhiaie.
Smetti, diceva lui, smetti di lavorare, mi fai fare la
figura del mantenuto, sembra che non riesco a camparvi
col mio lavoro.
Ma lei con quel pensiero fisso dei debiti come poteva
fare. Anche dopo il periodo di maternità aveva pensato
seriamente di mettersi in aspettativa per restare a casa
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