Nulla - Sardegna Cultura

tipo: ho un appuntamento; esco a prendere un po’ d’aria;
vado per le sigarette…
Ora no, ora sapevano entrambi qual’era il motivo,
quale appuntamento, quale aria, quali sigarette.
E allora lei prese a dire ne ho bisogno, è l’ultima
volta, non posso uscirne di colpo, non ce la faccio, se mi
vuoi bene non puoi chiedermi questo.
Volerle bene! Non bastavano nemmeno le parole. Da
quando era rimasto vedovo, sembrava poco dire voler bene.
Tutto, bisognava dire. Sei tutto. Ti voglio bene? Il Bene
sei!
Allora si piegava, diceva che sarebbe stata l’ultima
volta perché non la poteva vedere così, in quello stato,
che povera figlia era finita in mano a chissachì, maledetti,
assassini, delinquenti…
Lì, in quel momento, aveva tradito.
Tutti i principi più sani con i quali era cresciuto, se
li stava bevendo come vinello fresco, tutte le promesse
che aveva fatto alla moglie prima che se ne andasse gli
si stavano spegnendo davanti agli occhi come lumicini
senz’olio.
E le chiedeva quanto occorreva.
E lei rispondeva trecentomila. Così li aveva ritirati dal
libretto di risparmio. Quello per l’avvenire. Quello che
non si sa mai cosa può capitare. Con una cifretta messa
da parte per il suo funerale e per questa figlia di ventisette
anni, che non aveva ancora avuto l’occasione giusta,
che aveva inciampato in una cosa più grande di lei,
che denunciarla sarebbe stata la fine di tutto.
Poi altre trecentomila e altre trecentomila e altre ancora.
Fino a prosciugare il conto. Fino al mutuo.
Proprio tornando dalla stipula se lo disse, con chiarezza:
ho tradito. E ci volle poco per capire che sessantadue
anni non erano abbastanza per dirsi adulti. Non se si
diventava complici di una situazione tanto spaventosa.
Una volta, che lei appariva particolarmente debole e
disperata, aveva pensato persino di andarci lui, in qualche
vicolo verso la città nuova, ma aveva avuto paura e
la figlia diceva che no, che a lui non l’avrebbero data,
che quella gente non si fidava di chi non conosceva, che
così rovinava tutto.
Così non è amare. Così non è amare, così non è amare,
così non è amare, ripetè fino a che non sentì la testa girargli.
Al suo ritorno dalla banca lei l’aveva accolto scodinzolante
come un cane pastore. Li hai presi, i soldi?
No. Semplicemente. No. Soldi non ce ne sono più.
Allora lei si era rannicchiata nella sua camera a guaire.
Non ce la faccio, è l’ultima volta, ti prego, se mi vuoi
bene, disse per l’ultima volta.
Ma lui aveva chiuso a chiave la sua stanza e si era messo
la chiave in tasca. Aveva preso un libro e si era messo in
poltrona.
Dapprima silenzio totale, poi, in crescendo urla indistinte
dalla stanza chiusa. Anche insulti. Cose che se fosse
stata viva la madre… Per fortuna che se ne era andata.
E la scrittura gli correva davanti agli occhi ostinata
di lettere e frasi.
Ancora silenzio dalla stanza. Due ore di silenzio assoluto.
Babbo fammi uscire, sto male, ne ho bisogno… Aveva
spezzato il silenzio e la concentrazione proprio su quella
frase: Aveva tradito l’unica cosa che voleva immortalare e
magnificare.
Serrò gli occhi fino a farsi male. Mise la mano in tasca
per sentire la consistenza della chiave. Si alzò, fece qualche
passo verso la stanza, ora pareva che un ciclone stesse
rivoltandone l’interno. Oggetti in frantumi, mobili in
frantumi, vetri in frantumi. Tutta un’esistenza che si
spappolava, senza un motivo, per un poco di polvere
bianca, talmente candida da sembrare qualcosa di pulito.
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