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Nulla - Sardegna Cultura

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E diventava tutto difficile. Sarebbe stato perfetto, come<br />

era stato, ma la vita parlava un altro linguaggio, corretto<br />

senza strafalcioni. Diceva di grandi scienziate, attrici meravigliose,<br />

scrittrici, donne.<br />

Prepara la tavola per i tuoi fratelli. Che ti guardano<br />

appena. E si portano addosso mondi straordinari e raccontano<br />

storie piccanti a tavola per farti correre via in imbarazzo.<br />

A pensarci bene, non erano nemmeno loro, o quello<br />

che dicevano, il problema. Piuttosto tua madre che fingeva<br />

di rimproverarli e poi ti guardava alzando le spalle.<br />

La vita, figlia mia, poteva andare peggio, per fortuna<br />

i tempi sono cambiati… bisogna prendersi carico delle<br />

croci che ci dà il Signore.<br />

Per fortuna, ti ripeti guardando fuori dalla finestra.<br />

Un gatto si è accovacciato fra il muro e una scala di<br />

cemento, per sfuggire alla cattura dei ragazzini. Una<br />

bambina sta da parte, comincia a piangere. Per questo<br />

spalanchi la finestra gridi contro il cielo grigio, che sa di<br />

fumo. Si distraggono quanto basta perché la bestiola<br />

riesca a fuggire. Un attimo appena di sconcerto per le tue<br />

urla. Ma ci mettono un istante a capire e si voltano verso<br />

la tua finestra per ricordarti chi sei: la pazza cicciona!<br />

L’importante è che sia bastato per salvare il gatto.<br />

La bambina ha smesso di piangere.<br />

Ora scappa verso casa.<br />

Pazza cicciona! Bette grassa! Grassa che poledda! Prena<br />

che ovu!<br />

Ora tua madre è entrata in cucina, ancora odore di<br />

sugo ben cotto. Ora ti dice che non devi farlo più, che sei<br />

la vergogna della famiglia. Gridare a quel modo contro i<br />

ragazzini del vicinato. Che con i vicini non c’è mai stato<br />

niente! Che se sei proprio matta ti rinchiudono in manicomio!<br />

Deo chin su bichinau mancu punta ’e pilu!<br />

Si ses macca ti juchimus a Rizzeddu!<br />

Che sei la vergogna di quella casa onorata!<br />

Dallo specchio arriva l’immagine della pazza cicciona<br />

in tutta la sua strabiliante verità di cosce abrase a furia di<br />

sfregarsi l’un l’altra e polsi larghi come le mani e piedi<br />

che debordano dalle pantofole.<br />

Dallo specchio arriva l’immagine di un patetico fantoccio.<br />

Sotto la fronte, tentando di emergere dalle palpebre,<br />

gli occhi sono di un nero febbrile. L’abito è un camicione<br />

senza forme.<br />

Che cosa dice il medico?<br />

Bisogna costringerla a muoversi, deve fare gli esercizi,<br />

il cuore soffre…<br />

Nelle notti che non vogliono passare, tua madre veglia.<br />

Per aspettare qualcuno dei suoi eroi che ha fatto<br />

tardi. Ciondolando in cucina dove il mobile letto si lamenta<br />

ad ogni movimento della cicciona. Tanto lei<br />

quando dorme non la sveglia nessuno.<br />

Non è tanto il disturbo. È quell’ansia. Che si placa solo<br />

quando riconosce il rombo del motore o i passi. E sente<br />

dal respiro che il figlio di turno, un pezzo del suo futuro,<br />

un pezzo della sua carne, ha bevuto troppo. Si è riempito<br />

di vino facendo la Via Crucis tra un bar e l’altro.<br />

Non c’è niente da fare per i giovani qui. Itte poden<br />

fáchere. Ripete alle volte. Non si accontentano più, pensa<br />

fingendo di non accorgersi che il figlio, uno dei pilastri,<br />

traballa, che magari diventa violento.<br />

E non lo zittisce se lui alza la voce. Cand’ est bíbiu<br />

non cumprèndete su chi narat. Continui pure a biascicare,<br />

lasciamolo sragionare, che tanto la cicciona dorme,<br />

e quando dorme, la cicciona, non la sveglia nessuno.<br />

E poi agli sbronzi e ai pazzi si dà sempre ragione.<br />

Questo metti in conto.<br />

Le notti in bianco di tua madre. La sua cecità, che<br />

non vede i tuoi occhi spalancati.<br />

Oppure quando ti salutano a distanza, se ti salutano,<br />

perché sudi e puzzi.<br />

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