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Fino a preparare ogni cosa con una perfezione vicina<br />
alla crudeltà.<br />
Chi l’ha detto? Lui lo diceva.<br />
Molti altri l’hanno accennato nella cabala delle possibilità.<br />
Nella giostra delle licenze.<br />
Lui lo diceva. Che aveva attraversato il mare e aveva scoperto<br />
una terra troppo grande, e lui troppo piccolo per<br />
viverci. Che aveva attraversato la città di fiume ed era stato<br />
invisibile.<br />
Che avrebbe voluto un altro amore, un’altra città, un<br />
altro lavoro e, pensate un po’, un altro viso.<br />
Chi lascia tutto questo, chi non vuole piegare il capo,<br />
chi sembra aspettare, chi tormenta lo spirito dei morti,<br />
per rifiutare il dolore…<br />
Lui che non avrebbe potuto contare le chiome sulle<br />
quali aveva passato le dita. E faceva confusione con i nomi.<br />
Per chiunque avesse subìto il suo sorriso: quella canna<br />
puntata sulla fronte, quel bacio freddo per l’addio, quell’istante<br />
per l’infinito.<br />
Ed arrivare alla perfezione attraverso l’ultimo, definitivo<br />
abbrutimento. E farsi trovare riverso sul suo letto,<br />
quando sarebbe stato impossibile assumere una posizione<br />
accettabile, senza coreografia, tranne la vita che se ne<br />
era scappata chi sa dove, forse oltre il mare.<br />
Ma la camicia restata linda, di purezza crudele contro<br />
il rosso del sangue, quella la dice lunga, su come fosse<br />
perfetto il suo agire. E le etichette degli abiti appena<br />
comprati per l’occasione, per la partenza. E le scarpe col<br />
fondo intatto, che non avevano mai calpestato il suolo.<br />
Per questo: per essere pronto da chiudere nella bara<br />
senza il timore di doverlo spogliare. Perché non si vedesse<br />
quale cibo sublime veniva apparecchiato per i vermi.<br />
Dubbi per chi continua e sollievo per gli invidiosi.<br />
Nessuno è al sicuro.<br />
Tre<br />
In quell’istante ebbe terrore di ciò che aveva fatto. […]<br />
Volle rialzarsi, buttarsi indietro, ma una massa enorme, inflessibile,<br />
la colpì sulla testa e la rovesciò sulla schiena.<br />
Lev Tolstoj, Anna Karenina<br />
19 anni - 20 anni<br />
Hai tutte le promesse ancora in corpo, nel buio, fra la<br />
gola e il torace come se le avessi inghiottite in fretta, durante<br />
la vita appena trascorsa; come se non avessi fatto in<br />
tempo a metabolizzarle. Insomma quelle promesse non<br />
masticate, ingerite a bocconi grossolani, come carne di<br />
pecora, nell’oscurità attutita dalle poche luci dell’abitato,<br />
muovendo passi incerti nella campagna, che pare di<br />
essere nel traballare di un’auto che si piega seguendo la<br />
sinuosità della strada sterrata, ti salgono in mente.<br />
– Siamo in anticipo. – Dice tuo fratello afferrandoti<br />
per il braccio come se strattonasse le redini di un cavallo.<br />
Sei impegnato a trattenere il respiro, a farlo ciondolare<br />
nell’anticamera delle fauci prima di dargli via libera.<br />
Per risposta ti esce un sibilo fatto con i denti.<br />
– Stai male? – Chiede tuo fratello distogliendo per la<br />
prima volta lo sguardo dal punto in cui dovrebbe correre<br />
la strada.<br />
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