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senza luna. Mi staccai riportandoti alla luce: hai paura?<br />
Ho chiesto respirandoti sulle labbra. Un poco, hai detto<br />
riproponendo il bacio. Mimavi un dolore acuto, una specie<br />
di sofferenza calda, ma era desiderio di ritornare al<br />
buio. Che ci sono cose che noi donne sappiamo da sempre<br />
e voi maschi da sempre ignorate. Dev’essere capitato<br />
così, appena ci siamo visti, nei corridoio della scuola,<br />
facendo le vasche al Corso, alla sala giochi, al cinema<br />
parrocchiale, chi lo sa? Dev’essere capitato così: io sapevo<br />
chi eri. Ti conoscevo da sempre, conoscevo ogni singolo<br />
millimetro della tua pelle appena esposta alla vita.<br />
Sapevo di te cose che persino tu ignoravi. Sapevo fissarti<br />
non vista, aspettando che il mio sguardo ti avvolgesse.<br />
Sapevo che ti saresti voltato cercandomi fra la gente.<br />
Sapevo che ti saresti rivolto al tuo amico a chiedere: la<br />
conosci quella? Quella ero io. Quella era una luna piena<br />
che ti succhiava luce. E tu astro nascente. La prima volta<br />
che ti ho stretto la mano, tu hai guardato avanti continuando<br />
a camminare, non facevi nulla, lasciavi fare a me.<br />
Rispondevi docile alla pressione delle mie dita. Io ti osservavo:<br />
eri bello di una bellezza tutta tua. Eri bello come<br />
può essere bella l’origine del mondo. Niente di più.<br />
Non è per questo che ti ho scelto. Avresti potuto fermarmi<br />
se fossi stato un uomo, ma non lo sei, non lo sei mai<br />
stato e chissà se lo diventerari a questo punto.<br />
Sono nata in una notte luminosissima, ho lottato perchè<br />
sapevo. Non volevo uscire: troppa luce, troppa fatica,<br />
troppo terrore. E tutti avevano un’aria straordinariamente<br />
felice: che bambina magnifica, che occhi espressivi, che<br />
mani lunghe. Il resto si vive nel silenzio, perchè la mia<br />
vita è stata brace sotto la cenere. La mia vita è stata cercare<br />
di essere; è stata un’indigestione; è stata vedere e sentire<br />
qualcosa che non riuscivo ad afferrare.<br />
Hai troppa fretta, dicevano, vedrai col tempo... E<br />
quante volte ho gridato senza aprir bocca alla mia immagine<br />
davanti allo specchio: ti odio, ti odio, ti odio! Questo<br />
gridavo, che la vita mi sembrava un paio di scarpe strette.<br />
Così imploravo le notti: ti odio, fammi morire.<br />
Ma tutto proseguiva ostinato, giorno dopo giorno. Il<br />
tempo se ne andava per i fatti suoi nella prolissa scansione<br />
dei giorni. Avevo un pensiero costante: volevo che finisse.<br />
Avevo paura di quel <strong>Nulla</strong> travestito da tutto. E<br />
temevo di diventare come mia madre. Che era un modello<br />
terribile, che era sofferenza e gioia insieme, che era<br />
patimento e sacrificio, che era dolcezza, che era una luna<br />
crescente, luminosa, piena di aspettative. Lei avrebbe capito<br />
e sarebbe stata disposta a morire per me. Come quella<br />
volta che, d’improvviso, sentii quel dolore al ventre. E<br />
sangue. Così si compiva quello che sapevo da sempre.<br />
Allora corsi in camera da mia madre e piansi. E mamma<br />
sorrise di un sorriso rotondo. Quello che disse me lo ricordo<br />
bene. È come morire un poco, disse, perchè le<br />
donne custodiscono il mistero della morte: è il prezzo<br />
che devono pagare per dare la vita.<br />
Crebbero i seni, poi fu fingere. Ma forse era solo lasciarsi<br />
vivere. A scuola, in palestra, in parrocchia. A mangiarsi<br />
le sere, a fumarsi i pomeriggi, a bersi le mattine.<br />
A saggiare il limite. A urlare alla notte. Pronta al sacrificio<br />
di me stessa. Che già stavo morendo un poco, da<br />
tempo. E lei, mia madre, era già morta, solo che non lo<br />
sapeva. Mio padre no, lui era sole caldissimo, un mezzogiorno<br />
costante e impietoso. Potenza pura, verità e giustizia.<br />
Lontano, chissà dove. Perchè non sono lui? Perchè<br />
non sono sua? Perchè non ho quello sguardo appagato,<br />
pacificato? Perché se n’è andato? Lui avrebbe potuto<br />
amarmi, ma, come tutti gli uomini, aveva paura. Perchè<br />
il potere degli uomini è non avere nessun potere: è così<br />
che vincono su tutto. Ci fanno credere che la loro debolezza<br />
dipenda da noi, ma loro sono deboli e basta. Seméplice.<br />
Uccidere lui non sarebbe stato necessario. Tempo<br />
perso. Ancora.<br />
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