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Quando, co<strong>me</strong> dicevamo, per puro caso, si trovò a sgominare una ban<strong>da</strong> di<br />
quasi affiliati a un clan camorrista (una botta di culo grandiosa, dovuta al<br />
fatto che uno dei componenti la ban<strong>da</strong> si era cantato pratica<strong>me</strong>nte tutto il<br />
cantabile su questo mondo e quell’altro e aveva portato i carabinieri a<br />
scoprire qualcosa co<strong>me</strong> trenta chili di cocaina e hashish e un vero e<br />
proprio arsenale), scoprì che adorava letteral<strong>me</strong>nte comparire sui giornali<br />
e nelle tv locali. Non era abituato agli elogi sperticati dei giornalisti<br />
cittadini, né alla quantità di fotografie e filmati che lo ritraevano co<strong>me</strong> un<br />
eroe, una specie di prefetto Mori dei giorni nostri, però stare sotto i<br />
riflettori gli piaceva <strong>da</strong> morire.<br />
Mano a mano che cresceva la sua figura pubblica, cominciò a crescere il<br />
suo terrore di possibili ritorsioni <strong>da</strong> parte dei clan che si era trovato, quasi<br />
senza volere, a combattere, ignorando il fatto che i clan coinvolti in quello<br />
che i giornali avevano chiamato il maxisequestro avevano, a un certo<br />
punto delle in<strong>da</strong>gini, deciso di sacrificare quel business a favore di un<br />
affare molto più grosso, circa trecento chili, che avevano in ballo con certi<br />
colombiani. Quello che gli uomini del dottor Vegni avevano sequestrato<br />
era, in realtà, uno specchietto per le allodole: gli affiliati non erano<br />
affiliati, ma balordi di provincia che dei veri affari del clan non sapevano<br />
una beneamata mazza: la droga era per lo più hashish, e di qualità<br />
scadente, e quello che i giornali locali avevano pomposa<strong>me</strong>nte chiamato<br />
l’arsenale della morte una specie di discarica di scacciacani modificate e<br />
vecchie beretta difettose e pronte a scoppiare in faccia al primo cretino<br />
tossico che avesse provato a usarle per qualcosa che non fosse una<br />
semplice minaccia <strong>da</strong> guappo. Queste cose i carabinieri le sapevano<br />
benissimo, ma lasciavano che i giornali e le tv locali ingigantissero<br />
l’operazione per creare comunque un clima di fiducia e tener alto il morale<br />
della caserma e della procura; e queste cose avrebbe dovuto saperle<br />
benissimo anche il prode dottor Vegni, che invece, a forza di vedere la sua<br />
foto in prima pagina, <strong>da</strong> una parte si esaltava, convincendosi via via di<br />
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