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statti attento da me - Amlo

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comunale, una volta addirittura vicesin<strong>da</strong>co e quasi senatore, ma lui, <strong>da</strong>l<br />

giornale, aveva ben altri poteri.<br />

Distribuiva soldi e prestigio semplice<strong>me</strong>nte assegnando una rubrica<br />

settimanale a qualcuno (vera<strong>me</strong>nte lo faceva il dottor Canzella, ma era<br />

lui a suggerirgli i culi giusti <strong>da</strong> leccare in anticipo: in questo, il suo fiuto<br />

era assoluta<strong>me</strong>nte imbattibile), e se voleva poteva rovinare la<br />

reputazione a chiunque. Altro che una quasi elezione al senato. Lui<br />

aveva un percorso ben tracciato in <strong>me</strong>nte. Prima la direzione del<br />

giornale, poi il parla<strong>me</strong>nto; un bell’incarico di governo, di qualsiasi<br />

governo, a qualsiasi costo, e solo allora, con calma, la scalata alla RAI,<br />

dopo essersi preparato con calma e gesso la sua bella rete di alleanze. Si<br />

sarebbe insediato in una como<strong>da</strong> poltrona di capostruttura e avrebbe fatto<br />

il cazzo del comodo suo.<br />

Tutto questo, aveva stabilito, prima dei cinquant’anni.<br />

Sentì la porta aprirsi, e sperò fosse la moglie, invece era la filippina<br />

(molti si erano convertiti alle ru<strong>me</strong>ne, ma per lui quelle dell’est erano<br />

otti<strong>me</strong> per i pompini e nient’altro) con Gia<strong>da</strong>, la sua figlia minore, nata<br />

sette anni prima dopo una burrascosa riconciliazione con la moglie, dopo<br />

che lei gli aveva sgamato dei <strong>me</strong>ssaggini compro<strong>me</strong>ttenti sul cellulare.<br />

“Cosa, co<strong>me</strong> ti chiami, dov’è la signora?”<br />

“Non so signore forse palestra hihihi”<br />

Aveva provato a farla s<strong>me</strong>ttere di ridere sempre a quella deficiente di<br />

filippina, ma non c’erano cazzi, pareva fosse una caratteristica della<br />

razza.<br />

“Sai la novità, la palestra. Gia<strong>da</strong>, bai un bacio a papà, vieni.”<br />

“No”, rispose Gia<strong>da</strong>, poi buttò a terra il piumino e la borsa di chissà<br />

quale corso (poteva essere di tutto, <strong>da</strong>l flauto traverso al tai chi, <strong>da</strong>l<br />

karate al teatro kabuki, a secon<strong>da</strong> dell’orienta<strong>me</strong>nto di Concita,<br />

diretta<strong>me</strong>nte dipendente <strong>da</strong> Grazia, Donna moderna e Vanity fair).<br />

“Gia<strong>da</strong>! Vieni subito a salutare papà!”<br />

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