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sordido spacciatore di morte che avvelena la nostra gioventù. Dopo la<br />
pubblicazione della sua foto sul giornale, sei anni prima, Giorgetto aveva<br />
lasciato gli studi, mollato senza una parola la fi<strong>da</strong>nzata, aveva s<strong>me</strong>sso<br />
completa<strong>me</strong>nte di uscire e giocava alla playstation accaventiquattro, e<br />
quando vide di nuovo la sua foto con la di<strong>da</strong>scalia UN TREMENDO<br />
SEGRETO NEL PASSATO DEL FIGLIUOLO DELL’EX IMPIEGATO<br />
smise anche di parlare, si coricò e non si alzò mai più <strong>da</strong>l letto. Il fondo<br />
di com<strong>me</strong>nto al tragico fatto di sangue che rappresentava l’epilogo<br />
dell’incontrollabile on<strong>da</strong>ta di violenza che si stava abbattendo<br />
sull’incolpevole city era del professor Castri, insegnante di un’oscura<br />
materia letteraria alla locale facoltà di scienza della comunicazione, e si<br />
intitolava LA CAMORRA E’ IL NUOVO LUPO CATTIVO? Nel suo<br />
pregnante articolo, il professore spiegava co<strong>me</strong> i nostri giovani venissero<br />
ghermiti <strong>da</strong>lla camorra co<strong>me</strong> una volta il lupo cattivo ghermiva Pierino e<br />
Cappuccetto Rosso: citava Perrault, i fratelli Grimm e Prokofiev<br />
passando per Benigni. Concludeva spiegando che la colpa era del<br />
consumismo, del fatto che oggi tutti i giovani volevano la macchinona e<br />
il lettore mp3 e la playstation e i vestiti di Armani e indicava la soluzione<br />
im<strong>me</strong>diata al problema in poche, semplici parole: più fondi<br />
all’Università.<br />
Composto così il giornale, il dottor Canzella si dichiarò soddisfatto e<br />
uscì per an<strong>da</strong>re a cena col Prefetto e il professor Castri alla Taverna Don<br />
Giovanni. Soddisfatto che fu il direttore, anche il quasi dottor Delli Colli<br />
tornò a essere Giacomo chiamami Giacomino, e la re<strong>da</strong>zione fu di nuovo<br />
una grande famiglia. Solo Anna restava con quel retrogusto un po’ di<br />
<strong>me</strong>r<strong>da</strong> in bocca, che attribuì senz’altro al turba<strong>me</strong>nto dovuto al fatto che<br />
si stava innamorando di Totonno (Antònio, lo chiamava lei), e non alla<br />
remota consapevolezza di essere una che valeva poco o niente in <strong>me</strong>zzo<br />
a gente che valeva quanto lei.<br />
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