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statti attento da me - Amlo

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cose <strong>da</strong> fare le faceva e basta, senza star troppo lì a farsi le pippe al<br />

cervello, co<strong>me</strong> dicevano le femmine.<br />

Invece era esatta<strong>me</strong>nte quello che stava facendo, le pippe al cervello.<br />

Stava pensando a Opale.<br />

Erano due giorni che l’aveva fissa in testa e non riusciva a man<strong>da</strong>rla via,<br />

e la cosa lo faceva abbastanza incazzare. Le cose con lei stavano<br />

procedendo, ma non nella maniera che pensava lui: anzi, stavano<br />

an<strong>da</strong>ndo in un modo che non riusciva a capire. Due sere prima, <strong>me</strong>ntre<br />

stava al locale, magnificando la corposità di un vino <strong>da</strong> due soldi però<br />

con un’etichetta <strong>da</strong>vvero carina, l’aveva vista entrare alla Taverna Don<br />

Giovanni. All’inizio non l’aveva riconosciuta neanche, figurarsi. C’era<br />

l’ira di dio di gente che aspettava per mangiare, co<strong>me</strong> al solito, e co<strong>me</strong> al<br />

solito suo padre <strong>da</strong>lla cucina gli strillava di s<strong>me</strong>ttere di fare l’idiota col<br />

vino e <strong>da</strong>re una mano ai ca<strong>me</strong>rieri per aggiungere tavoli di fortuna. Poi la<br />

vide entrare. Era con un gruppo di gente che conosceva, gente della sua<br />

età. Un paio di com<strong>me</strong>rcialisti, due imbroglioncelli che campavano per<br />

lo più con giri di fatture false e un paio di zoccole di pubblico dominio,<br />

Marco era stato a letto con una di loro e l’altra gli aveva fatto un<br />

pompino nel cesso della Taverna prima dell’orario di apertura (era<br />

an<strong>da</strong>ta lì nel tardo po<strong>me</strong>riggio per cercare di vendergli non so cosa, lui le<br />

aveva offerto un camparino, due chiacchiere, e insomma dopo <strong>me</strong>zz’ora<br />

questa già aveva sbracato e stava con le mutande in mano). Vedere Opale<br />

in compagnia di questa gente lo spiazzò, e fu per questo motivo che non<br />

la riconobbe im<strong>me</strong>diata<strong>me</strong>nte; poi capì, e si chiese cosa cazzo ci facesse<br />

una sedicenne a cena nel suo locale (va bene, non era ancora il suo<br />

locale, ma lo sarebbe diventato molto presto) con un gruppo di persone<br />

che avevano al<strong>me</strong>no vent’anni più di lei. Si avvicinò a uno dei<br />

com<strong>me</strong>rcialisti, quello che conosceva <strong>me</strong>glio.<br />

“Caro Gioggiò, che piacere”<br />

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