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statti attento da me - Amlo

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ma lui non ci cascò; in compenso fu lei a giuragli eterno amore e ad<br />

offrirsi di fargli un pompino in macchina prima di an<strong>da</strong>re alla festa,<br />

offerta che lui declinò simpatica<strong>me</strong>nte, manifestando preoccupazione per<br />

il suo rossetto, per il suo alito e per il loro ritardo. “Quanto sei caro a<br />

preoccuparti per <strong>me</strong>”, decise lei, e mise in moto. Venti minuti di<br />

chiacchiere infinite più tardi erano arrivati. Durante il tragitto, Anna lo<br />

aveva catechizzato riguardo alla festa, e aveva esordito dicendo che Luna<br />

era, se non la sua più cara amica, al<strong>me</strong>no una persona che definire<br />

<strong>me</strong>ravigliosa era dir poco, nonché collega vali<strong>da</strong>, preparatissima e<br />

competente. Detto ciò, era passata allo sputtana<strong>me</strong>nto obbligatorio dei<br />

cazzi privati della suddetta persona <strong>me</strong>ravigliosa, e Totonno aveva,<br />

nell’ordine, scoperto che: Luna in realtà si chiamava Luana, no<strong>me</strong><br />

cafonissimo impostole <strong>da</strong>l padre, noto cafone arricchito, proprietario di<br />

una concessionaria d’auto in odore di camorra, e <strong>da</strong>lla madre, che era<br />

stata a lungo l’amante di un noto docente universitario (a questo punto<br />

erano partiti gli aneddoti sugli esami che il docente in questione aveva<br />

fatto ad Anna, condendo i trenta e lode con apprezza<strong>me</strong>nti sul suo<br />

generoso decolletè). Poi era stato edotto sul nu<strong>me</strong>ro spropositato di<br />

amanti e fi<strong>da</strong>nzati di Luna-Luana, fino all’ultimo che sembrava essere il<br />

potentissimo dottor Canzella, cosa che le era valsa l’assunzione a tempo<br />

indeterminato, la qualifica di pubblicista in procinto di fare (e passare)<br />

l’esa<strong>me</strong> di professionista, e l’ambitissima posizione di cultura uno, che al<br />

giornale significava essere un gradino sotto dio.<br />

Totonno ascoltava in silenzio e annuiva. Gli sembrava di aver vissuto la<br />

stessa situazione un milione di volte, e non sapeva più se la cosa lo<br />

annoiava o gli <strong>da</strong>va il disgusto. Succedeva sempre così, porca zoccola<br />

troia. Una femmina ci <strong>me</strong>tteva non più di trenta secondi netti a sputtanare<br />

i cazzi privati di un’amica. Totonno sapeva che neanche sotto tortura<br />

avrebbe raccontato a qualcuno un fatto intimo, che so di Marco, o di<br />

Lucio; ma neanche di Alfredino ‘o nazzista, va’. Anzi. La regola<br />

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