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<strong>me</strong>zzogiorno? Perché è chiaro che se ti vedi alle dieci non arrivi dove<br />
devi an<strong>da</strong>re prima delle undici, e non torni a casa prima delle due. E poi,<br />
anche am<strong>me</strong>sso che s<strong>me</strong>ttiate di lavorare alle sei, alle sette va’,<br />
esageriamo, che catenazzo tenete <strong>da</strong> fare fino alle dieci? E se siete<br />
disoccupati, che cazzo fate fino alle dieci? Non vi rompete le palle?<br />
Co<strong>me</strong> lo fate passare il tempo?<br />
Questo avrebbe chiesto Totonno, e stava quasi per farlo, quando il<br />
telefono squillò di nuovo. Benissimo, pensò, si è scor<strong>da</strong>ta di dirmi<br />
qualcosa di cretinissimo, così adesso le dico che alla festa non ci vado, se<br />
lo può scor<strong>da</strong>re.<br />
“Pronto Anna? Senti…”, incominciò col tono più deciso che gli veniva.<br />
“No, mi scusi: il signor Antonio?”. Non era Anna; era una voce d’uomo<br />
che gli sembrava vaga<strong>me</strong>nte di conoscere.<br />
“Sì?”<br />
“Ohh, bene. Signor Antonio, sono Oreste Rivetti, il gioielliere…”<br />
“Ah, signor Oreste, buongiorno. Tutto bene? Che ho fatto? Mi sono<br />
scor<strong>da</strong>to di pagare?”, rispose Antonio, conoscendo già la risposta.<br />
“Noo, per carità. Volevo solo dirle di <strong>da</strong>re una controllata alla sua busta<br />
e vedere se per caso dentro c’è un altro pacchetto oltre al suo, non vorrei<br />
che la signorina Paola qui avesse combinato un pasticcio. Le dispiace<br />
an<strong>da</strong>re a controllare?”<br />
“Controllo subito, la busta la tengo giusto <strong>da</strong>vanti a <strong>me</strong>”, disse<br />
Totonno, e allungò la mano facendo scrocchiare la carta rigi<strong>da</strong>, ma senza<br />
aprirla.<br />
“Signor Rivetti?”<br />
“Sì? Allora?”<br />
“Allora qua vedo il mio orologio e basta”, <strong>me</strong>ntì Totonno, con la mano<br />
appoggiata sulla busta.<br />
“Ah.”<br />
“Ma è successo qualcosa? Posso esserle utile?”<br />
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