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trovano solo due donne che fanno le pulizie che cominciano a pestarli e a<br />
tirar loro scope e secchi, quando si sente in lontananza un urlo:<br />
“SCASSAMM’L ‘O MAZZ!!”<br />
“Ecco, ca<strong>me</strong>rati, il popolo è con noi!”, sembra abbia gri<strong>da</strong>to di rimando<br />
il Poncarè ai suoi prodi Littori, per la verità impegnati a difendersi le<br />
parti basse <strong>da</strong>ll’assalto dei vigorosi donnoni.<br />
Co<strong>me</strong> i Littori scoprirono a loro spese pochi secondi dopo, non si<br />
trattava delle masse opresse <strong>da</strong>l sovietismo demoplutocratico pronte a<br />
fornir loro appoggio, ma di un gruppo di braccianti di ritorno <strong>da</strong>lla<br />
giornata di lavoro, e perciò particolar<strong>me</strong>nte incazzati. Fu in<br />
quell’occasione che il Poncarè riportò la frattura multipla della gamba<br />
destra, che costrinse a usare il bastone per il resto dei suoi giorni. Voci<br />
dell’epoca, non confermate per quanto non tendenziose, affermano che i<br />
tre Littori vennero anche sodomizzati con il manico di una zappetta ed<br />
esposti così al pubblico ludibrio. La scarsezza di macchine fotografiche<br />
all’epoca nella zona non corrobora questa versione, che tuttavia né il<br />
Poncarè né i suoi seguaci riuscirono mai a tacitare del tutto. Tuttavia, la<br />
mancata adesione delle masse sembra spegnere nel Poncarè la scintilla<br />
della politica, sebbene non quella delle belle lettere, e in particolare la<br />
poesia, che egli continua a coltivare amorevol<strong>me</strong>nte e soprattutto di<br />
nascosto al padre, che invece lo vuole uomo di fatica.<br />
Di quelli anni sono le raccolte A sera, Co<strong>me</strong> l’autunno, Città mia<br />
amatissima, Verrà l’alba e Veglia o sonno?, nelle quali Augusto<br />
pietrifica la sua poetica nella bellezza della sua città: in effetti, ogni<br />
singola poesia riman<strong>da</strong> a un vicolo, un odore, un sapore della sua terra,<br />
dimostrando con ciò amore e delicatezza, e non, co<strong>me</strong> sostengono i suoi<br />
detrattori (pochi, e nessuno in città) scarsissima immaginazione.<br />
Poncarè, in barba al padre, diventa maestro e comincia ad insegnare<br />
nella locale scuola ele<strong>me</strong>ntare, e sopporta eroica<strong>me</strong>nte le derisioni dei<br />
suoi giovanissimi allievi che lo chiamano Culo ‘e zappetta e Ricchione<br />
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