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statti attento da me - Amlo

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anche Lucio (nei secoli fedele al progressive e a ogni genere di musica<br />

morta e sepolta), la botta sarebbe stata sopportabile.<br />

Invece Marco adorava il reggae. Ricor<strong>da</strong>va benissimo quando aveva<br />

sentito per la prima volta Rastaman vibration di Marley; quel disco gli<br />

aveva causato, letteral<strong>me</strong>nte, un’erezione, e più tardi era diventato la<br />

colonna sonora delle sue scopate in macchina. Con gli amici aveva<br />

cantato a squarciagola Don’t look back, un pezzo nel quale Peter Tosh<br />

riusciva perfino a fargli di<strong>me</strong>nticare il fastidio tre<strong>me</strong>ndo che gli causava<br />

la voce di Jagger. E quella volta, ah che bello, che Elena l’aveva baciato<br />

perché lui aveva <strong>me</strong>sso su Chase the devil di Max Ro<strong>me</strong>o? E i dischi di<br />

Lee Perry, e Gregory Isaacs, e Augustus Pablo? E tutte le volte che<br />

sentiva Lorraine di Linton Kwesi Johnson e gli venivano le lacri<strong>me</strong> agli<br />

occhi?<br />

Poi era arrivato il reggae italiano, e tutto era finito. Per Marco era stato<br />

co<strong>me</strong> vedere una persona che amava <strong>da</strong> morire girare vestita <strong>da</strong> pollo e<br />

con uno scopillo <strong>da</strong> cesso infilato nel culo. Per molti della sua<br />

generazione le delusioni musicali erano cocenti quanto se non più di<br />

quelle senti<strong>me</strong>ntali; lui conosceva gente che aveva pianto ascoltando le<br />

note de<strong>me</strong>nti di Cut the crap, il disco dei Clash senza Mick Jones. Quelle<br />

sì che erano pietre miliari, mo<strong>me</strong>nti che nessuno voleva aver vissuto.<br />

Co<strong>me</strong> l’arrivo del reggae italiano, appunto. Bande di idioti che si<br />

lasciavano crescere i dreadlocks (motivo per il quale, al bar, venivano<br />

chiamati con estremo disprezzo, i trezzelle), si ammazzavano di canne e<br />

si vestivano co<strong>me</strong> <strong>me</strong>ndicanti <strong>da</strong>ltonici. I gruppi poi, Marco li avrebbe<br />

presi a bottigliate sulle arcate sopraccigliari: quello che lui aveva amato<br />

dei grandi autori reggae, vale a dire la contaminazione col rhythm and<br />

blues di Marley, col rock di Tosh e col pop di altri, nel reggae italiano<br />

spariva. Gente nata a Busto Arsizio o a Montecorvino Rovella che si<br />

arrogava il diritto di conservare la tradizione musicale delle periferie di<br />

Kingston. A parte i testi, che un qualunque alunno non completa<strong>me</strong>nte<br />

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