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“Non ci pensare proprio, guar<strong>da</strong>, Patrizia, offro io”<br />
“Ma no <strong>da</strong>i che tengo un sacco di buoni drink, non ti preoccupare, sul<br />
serio guar<strong>da</strong>”<br />
“Ma se ti ho detto che ci tengo, Patri’, fammi fare iamm”<br />
“Sei vera<strong>me</strong>nte un signore. Aspetta che ti presento gli amici. Ragazzi,<br />
questo è Lucio, Lucio, i ragazzi”.<br />
Venne fuori che i ragazzi erano cinque maschi dell’età di Lucio, che<br />
cominciarono subito a guar<strong>da</strong>rlo in cagnesco. Dopo che ebbero ordinato<br />
<strong>da</strong> bere e scoperto che al Fritz, nel rum e coca riuscivano ad annacquare,<br />
oltre il rum, pure la coca, la situazione si chiarì ai loro occhi in tutta la<br />
sua tragicità. Era evidente che ognuno di loro aveva pensato la stessa<br />
cosa, cioè di essere il solo invitato personal<strong>me</strong>nte <strong>da</strong> Patrizia, co<strong>me</strong> era<br />
altresì scontato che nessuno di loro era un vero amico della socievole<br />
com<strong>me</strong>ssa. Erano soltanto sei raccolti per caso e invitati in discoteca a<br />
sentire un diggei che non avevano mai sentito nominare e a fare gruppo.<br />
Patrizia disse:<br />
“Allora ragazzi, voi fate amicizia che io torno subito, eh?”, e sparì nel<br />
nulla. Si sedettero tutti e sei in uno dei salottini vicino al bar e, consci<br />
della situazione, non provarono neanche ad accennare a una<br />
conversazione. Si limitavano a guar<strong>da</strong>rsi: i più fessi con reciproci sguardi<br />
di sfi<strong>da</strong>, co<strong>me</strong> cani che non hanno ancora capito che l’osso se lo è fregato<br />
il dobermann del vicino; i più scafati (vale a dire i più massacrati <strong>da</strong>lla<br />
vita) avevano già capito di cosa, esatta<strong>me</strong>nte, erano stati vitti<strong>me</strong> stavolta,<br />
vale a dire, di una quasi pr.<br />
All’inizio, c’erano solo le PR, le ragazze che facevano pubbliche<br />
relazioni; a dire la verità, a differenza del resto d’Italia, dove fare<br />
pubbliche relazioni significava essere cortesi con la gente, se non al<strong>me</strong>no<br />
fingere di fare amicizia, in città, se volevi essere una PR, dovevi essere<br />
dotata di una scorta di scostumatezza e alterigia incredibile. In effetti, il<br />
loro lavoro sembrava basarsi sulla psicologia inversa fatta male, tipo<br />
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