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I ricordi di Lucio riguardo alle discoteche si erano fermati per sempre ai<br />
tempi dei mak p del liceo. A quell’epoca, i favolosi anni settanta, le cose<br />
erano un po’ co<strong>me</strong> dire, diverse. Le discoteche non erano ancora<br />
discoteche, semmai rappresentavano una curiosa mutazione dei night<br />
club. I dj non erano tipi strapagati e noti al pubblico: general<strong>me</strong>nte erano<br />
degli sfigati che <strong>me</strong>ttevano i dischi perché incapaci di socializzare (più o<br />
<strong>me</strong>no l’equivalente di quelli che suonavano la chitarra e i bonghetti alle<br />
feste e ai falò <strong>me</strong>ntre quelli che sapevano campare si ammoccavano quasi<br />
subito con le femmine). La febbre del sabato sera, ai tempi d’oro di<br />
Lucio, non era ancora esplosa. Certo, il film con relativa colonna sonora<br />
era già uscito, ma all’epoca le mode, per arrivare in città, dovevano farsi<br />
co<strong>me</strong> minimo un paio d’anni di quarantena; questo, per la gente normale.<br />
Perché se ne accorgessero i gestori delle tre discoteche cittadine ci<br />
voleva ancora un bel po’, visto che più che imprenditori, in genere erano<br />
dei vecchi gagà o ex camorristi che non riuscivano ad accettare il fatto<br />
che i tempi d’oro di Buscaglione fossero ormai morti e sepolti.<br />
Inutile dire che anche la musica risentiva di questa strana situazione di<br />
passaggio; general<strong>me</strong>nte in discoteca ti capitava di sentire la hit parade di<br />
Lelio Luttazzi papale papale, con in più qualche veloce incursione dei<br />
gusti musicali dei dj; questo voleva dire spaziare, nell’arco di una stessa<br />
serata, <strong>da</strong> Marta di Ciro Sebastianelli a Cuba dei Gibson Brothers fino a<br />
agli E<strong>me</strong>rson Lake and Pal<strong>me</strong>r (temutissimi, perché i loro pezzi erano<br />
pratica<strong>me</strong>nte impossibili <strong>da</strong> ballare e duravano un’eternità). Beniamino<br />
delle serate era, natural<strong>me</strong>nte, Carlos Santana: il suo tattaratta-<br />
tarattaùùùù segnò l’inizio di molte storie d’amore, per di più tristissi<strong>me</strong> e<br />
destinate al falli<strong>me</strong>nto, poiché se è vero che <strong>da</strong>lla <strong>me</strong>r<strong>da</strong> spesso nasce<br />
qualcosa, molto spesso è qualcosa che puzza di <strong>me</strong>r<strong>da</strong>. Insomma, la<br />
discoteca era sostanzial<strong>me</strong>nte una bella copia della festa in casa, tipo<br />
quella famigerata dell’incidente che aveva segnato la vita di Lucio,<br />
niente di più. Le uniche droghe che giravano erano le canne, ma mai<br />
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