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Si concesse, forse per la prima volta nella sua vita, un puttan tour.<br />
Oddio, il vero puttan tour, a quanto ne sapeva lui, consisteva nel fermarsi<br />
a chiacchierare con le zoccole, chiedere loro quanto si prendevano per la<br />
bocca, per la fica o per il culo e poi, nel caso, trattare anche sul prezzo,<br />
co<strong>me</strong> a Forcella. Invece lui si limitò a percorrere a trenta all’ora il<br />
vialone alberato che ospitava le nigeriane e quello più interno dove<br />
lavoravano le russe più giovani. Si sentiva un toro, si sentiva in gamba,<br />
più in gamba di quei due analfabeti che avrebbero dovuto proteggerlo.<br />
Accese la radio e cominciò a cantare, imitando le parole spagnole di<br />
quello che gli sembrò un mambo, poi la spia arancione sul cruscotto lo<br />
distrasse.<br />
Era a riserva fissa, chissà <strong>da</strong> quanto tempo, cazzo, e doveva<br />
assoluta<strong>me</strong>nte fermarsi a fare benzina, se non voleva rischiare di<br />
rimanere a secco, solo, di notte, in <strong>me</strong>zzo alle puttane. E soprattutto, se<br />
non voleva rischiare di dover spiegare che cosa ci faceva lì, senza scorta.<br />
Doveva fare benzina, subito, adesso. Doveva assoluta<strong>me</strong>nte trovare un<br />
benzinaio aperto: porca puttana, forse ce n’era uno, sì, ce n’era uno lì<br />
vicino. Girò il volante e fece inversione a U tra le gri<strong>da</strong> delle puttane, con<br />
negli occhi l’accecante arancione della spia della riserva. Gli tremavano<br />
le mani. Non si sentiva più le gambe. Cominciò a piangere.<br />
Doveva assoluta<strong>me</strong>nte trovare un cazzo di benzinaio.<br />
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