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statti attento da me - Amlo

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Michelone aveva scelto la stra<strong>da</strong> più breve: colpirne uno per educarne<br />

cento. Sapeva che due schiaffi <strong>da</strong>ti bene di fronte agli amici potevano<br />

essere molto utili. C’era, certo, il rischio che uno di loro o uno della<br />

comitiva che li accompagnava tirasse fuori il ferro o il coltello, ma era, in<br />

fondo, un rischio calcolato; questi qua avevano fatto decine di chilo<strong>me</strong>tri<br />

per venire al Fritz, e non erano disposti a farsi buttare fuori prima ancora<br />

che la serata cominciasse. Erano fatti di bamba, e dovevano sfogare, e<br />

volevano sfogare ballando, anzi abballando, co<strong>me</strong> dicevano loro. Fece<br />

cenno agli amici dei due scemi di entrare,e, co<strong>me</strong> aveva previsto,<br />

nessuno di loro reagì: entrarono di corsa, pecoroni svelti e anfetaminici.<br />

Poi si rivolse ai due che aveva preso a schiaffi e adesso lo guar<strong>da</strong>vano<br />

torvi, senza il coraggio di an<strong>da</strong>rsene né le palle per saltargli addosso<br />

co<strong>me</strong> si deve.<br />

“A posto, guaglio’?”<br />

“A posto ‘o cazz!”, urlò quello che aveva pigliato più schiaffi, ma<br />

l’altro lo trattenne, avendo notato nel tono di Michelone un’improvvisa e<br />

pro<strong>me</strong>ttente mansuetudine.<br />

“A posto cumpa’, ‘ttappost”, rispose il <strong>me</strong>diatore, <strong>me</strong>ntre teneva<br />

l’amico per il braccio, stringendoglielo co<strong>me</strong> a dire <strong>statti</strong> zitto mo’ e fai<br />

fare a <strong>me</strong>.<br />

“Sicuro ‘ttappost? Sicuro sicuro sicuro ‘ttapost?”, ripeté Michelone,<br />

che era scemo, ma conosceva tutte le sfumature delle risse, compresa la<br />

difficilissima arte di ricomporre un conflitto senza umiliare<br />

eccessiva<strong>me</strong>nte l’avversario ormai battuto.<br />

“’Aìmm capit’ cumpa’. Sta tutto a posto, è overo? Iamm Terens,<br />

diciancello che sta tutto a posto, all’amico, iamm”.<br />

E Terens, che si chiamava Terence non per Terence Hill ma per Candy<br />

Candy, guardò con fierezza Michelone e ammise:<br />

“Sisì. Tutto a posto, tutto a posto.”<br />

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