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statti attento da me - Amlo

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stato elegantissimo. Uscì di casa fresco e vaporoso, scatenando nel petto<br />

della zia uno tsunami di angosce e preoccupazioni varie.<br />

Davanti al Fritz, però, non c’era anima viva. Strano, pensò, <strong>da</strong>ta l’ora<br />

tar<strong>da</strong>. In realtà lui sapeva benissimo che la gente, in città, incominciava a<br />

scendere solo verso le undici: e questo, nei locali e nei ristoranti, <strong>me</strong>ntre<br />

nelle discoteche si partiva <strong>da</strong>ll’una in poi. Il fatto era che lui si era fi<strong>da</strong>to<br />

della parola di Patrizia, e sicco<strong>me</strong> lei aveva detto presto, lui aveva capito<br />

presto. Solo che per lui presto significava le sei, massimo le sette di sera,<br />

va’. Aveva fatto la tara a sé stesso e a Patrizia, e le aveva concesso <strong>da</strong>lle<br />

tre alle quattro ore di fuso orario.<br />

E, ovvia<strong>me</strong>nte, aveva sbagliato.<br />

Da molto tempo lui e molti altri vivevano orari del tutto differenti <strong>da</strong><br />

quelli della gente che si portava. In città an<strong>da</strong>re a mangiare al ristorante<br />

prima delle dieci, dieci e <strong>me</strong>zza significava trovare ancora i ca<strong>me</strong>rieri che<br />

apparecchiavano i tavoli: era troppo presto (l’unica eccezione era la<br />

Taverna don Giovanni, che te lo dico a fare). Nei locali si an<strong>da</strong>va al<strong>me</strong>no<br />

a <strong>me</strong>zzanotte. In teoria erano aperti <strong>da</strong>lle otto, ma nessuno sarebbe<br />

an<strong>da</strong>to mai a bere un aperitivo in un locale dove si an<strong>da</strong>va a bere<br />

dopocena. C’erano gli appositi bar <strong>da</strong> aperitivo (tipo il Gazebar), e<br />

c’erano i bar della movi<strong>da</strong>, dove tutti prendevano lo stesso drink. C’era<br />

stato il periodo dei B52, che si accendevano col cerino e le femmine<br />

urlavano manco gli stesse an<strong>da</strong>ndo a fuoco il buco del culo; poi ‘fanculo<br />

‘ste cose cremose, e tutti a sorseggiare whiskies scozzesi e magnificarne<br />

il retrogusto di acqua sorgiva e fienagione (in questo Marco, doveva<br />

am<strong>me</strong>ttere Lucio, era il maestro incontrastato del vocabolo desueto e<br />

dell’aggettivo improbabile).<br />

Dopo la follia per la Scozia erano tornate le grappe <strong>da</strong> <strong>me</strong>ditazione, poi<br />

i ron (guai a chiamarlo rum o rumma, c’era gente capace di uccidere per<br />

questo) invecchiati al<strong>me</strong>no sei o settecento anni e solo in botti di un<br />

legno che non esisteva più, sennò non c’era gusto. Adesso il popolo della<br />

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