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statti attento da me - Amlo

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si-mi!” Se io mi <strong>me</strong>tto vendere la robba di mac’ocazz co<strong>me</strong> dici tu la<br />

pago trenta centesimi e la devo vendere a due euro! Hai capito? E poi<br />

co<strong>me</strong> ci gua<strong>da</strong>gno, ‘ue scemo che sei? E i soldi a te chi te li <strong>da</strong> eh? Eh?<br />

Eeh?”<br />

“Ma non è questione di soldi papà, è che la gente vuole mangiare<br />

diverso, al passo coi tempi!”<br />

Questo era il mo<strong>me</strong>nto in cui don Giovanni di solito diventava<br />

paonazzo e cominciava a tirare addosso al figlio tutto quello che gli<br />

capitava a portata di mano. Stavolta però girò sui tacchi e lo lasciò lì a<br />

bocca aperta. E’ che era preoccupato. Marco era una bella capa di cazzo,<br />

ma in genere il suo lavoro di intrattenitore in sala lo faceva. E poi era nu<br />

bello guaglione, e pure se era fesso, la sua figura la faceva, alle femmine<br />

piaceva assai e ai mariti stava simpatico; gli faceva buttare l’ira di dio dei<br />

soldi nella cantina, co<strong>me</strong> cazzo la chiamava lui, ma insomma anche<br />

quella era una perdita (secca, perché don Giovanni sapeva che il ricarico<br />

che riesci a <strong>me</strong>ttere sul vino della casa è secondo solo al coperto),<br />

diciamo così, calcolata.<br />

E poi gli faceva gioco avere un figlio bello e incravattato, elegante e<br />

sempre a posto coi capelli. Alla gente il fatto di poter dire toh guar<strong>da</strong><br />

com’è caruccio il figlio del cafone, a vederlo sembra quasi uno normale,<br />

uno di noi, piaceva molto, e lui aveva la possibilità di giocare su due<br />

tavoli e vincere sempre e comunque. Invece ultima<strong>me</strong>nte Marco era<br />

strano. La cravatta, tanto per dirne una, quasi non la <strong>me</strong>tteva più, e<br />

troppo spesso aveva dovuto obbligarlo (a Marco, così fanatico per i<br />

vestiti) a indossarla per trattare con i clienti.<br />

“Ma se tu non la <strong>me</strong>tti mai, papà! Manco ce l’hai, una giacca, e dici che<br />

io <strong>me</strong> la devo <strong>me</strong>ttere per forza!”<br />

“Tu miettiti ‘a giacca e <strong>statti</strong> zitto, ‘e capit?”<br />

E poi manco la barba si faceva più: però non era co<strong>me</strong> se la stesse<br />

lasciando crescere, era piuttosto una barbetta costante, sempre uguale.<br />

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