Marzabotto non dimentica Walter Reder PDF
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sbaragliare nel combattimento, i tedeschi sfogarono i loro turpi istinti contro le inermi popolazioni. Un patriota della Brigata «Stella Rossa», che si batté su queste montagne, facendo il vuoto nelle file naziste, ci racconta i particolari di quei giorni funesti. Poco più che ventenne, audace come tutti i suoi compagni, fiero d'amor di Patria, Mario Degli Esposti parla. C'era stato, nel maggio del '44 un primo rastrellamento. Ma l'episodio più orribile, quello che doveva segnare la sorte di tutto un Comune, si svolse alla fine del settembre successivo. Erano arrivati, poco dopo l'agosto, sette od otto soldati della S.S. Verificavano i documenti, infastidivano gli abitanti, facevano qualche razzia. Nulla lasciava supporre ciò che sarebbe seguito. Dopo uno scontro con i reparti della «Stella Rossa» i tedeschi, che subirono gravi perdite, passarono alle rappresaglie. Piombarono a Marzabotto, simili a nubi di falchi rapaci, due Divisioni di «Schutz Staffel». Il 29 settembre cominciarono la loro raccappricciante azione. Conclusero una serie paurosa di odiosi delitti nei successivi giorni 30 settembre e 1° ottobre. Quando partirono anche la terra sembrò essersi spenta. Questo il frutto dell'odio. Questa una piaga che non potrà mai più chiudersi. Ora il sindaco di Marzabotto, aiutato da un gruppo di appassionati, da quei pochi che hanno fatto ritorno, che tentano di poter vivere fra tanta desolazione, cerca di cicatrizzare le piaghe. Sono molte. Profonde. Occorreranno molti aiuti, molta comprensione; e si confida tanto sulla collaborazione generosa degli Alleati. Bisognerà lavorare, a poco a poco, rimovendo mattone per mattone, ferro per ferro. Ed è un'altra impresa che solo un grande amore per la propria terra e per il rispetto della dignità umana, così tragicamente avvilita, può istradare sulla via della riedificazione. Solo un grande amore, diciamo. Poi che è questa l'ultima risposta che un popolo, perseguitato, annientato, può dare: febbre di fratellanza, bisogno di ricostruire il distrutto, volontà di riportare in alto ciò che fu tanto abbassato. Se così non fosse, dovremmo piangere ancor più dolorosamente e silenziosamente. Compiangere la fine, negli uomini, d'ogni suprema speranza. (Da: Corriere dell'Emilia, 13 maggio 1945). 65
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sbaragliare nel combattimento, i tedeschi sfogarono i loro turpi istinti<br />
contro le inermi popolazioni. Un patriota della Brigata «Stella<br />
Rossa», che si batté su queste montagne, facendo il vuoto nelle<br />
file naziste, ci racconta i particolari di quei giorni funesti. Poco più<br />
che ventenne, audace come tutti i suoi compagni, fiero d'amor di Patria,<br />
Mario Degli Esposti parla. C'era stato, nel maggio del '44 un<br />
primo rastrellamento. Ma l'episodio più orribile, quello che doveva<br />
segnare la sorte di tutto un Comune, si svolse alla fine del settembre<br />
successivo. Erano arrivati, poco dopo l'agosto, sette od otto soldati<br />
della S.S. Verificavano i documenti, infastidivano gli abitanti, facevano<br />
qualche razzia. Nulla lasciava supporre ciò che sarebbe seguito.<br />
Dopo uno scontro con i reparti della «Stella Rossa» i tedeschi, che<br />
subirono gravi perdite, passarono alle rappresaglie. Piombarono a<br />
<strong>Marzabotto</strong>, simili a nubi di falchi rapaci, due Divisioni di «Schutz<br />
Staffel». Il 29 settembre cominciarono la loro raccappricciante azione.<br />
Conclusero una serie paurosa di odiosi delitti nei successivi giorni<br />
30 settembre e 1° ottobre. Quando partirono anche la terra sembrò<br />
essersi spenta.<br />
Questo il frutto dell'odio. Questa una piaga che <strong>non</strong> potrà mai più<br />
chiudersi. Ora il sindaco di <strong>Marzabotto</strong>, aiutato da un gruppo di appassionati,<br />
da quei pochi che hanno fatto ritorno, che tentano di poter<br />
vivere fra tanta desolazione, cerca di cicatrizzare le piaghe. Sono<br />
molte. Profonde. Occorreranno molti aiuti, molta comprensione; e si<br />
confida tanto sulla collaborazione generosa degli Alleati. Bisognerà<br />
lavorare, a poco a poco, rimovendo mattone per mattone, ferro per<br />
ferro. Ed è un'altra impresa che solo un grande amore per la propria<br />
terra e per il rispetto della dignità umana, così tragicamente avvilita,<br />
può istradare sulla via della riedificazione. Solo un grande amore, diciamo.<br />
Poi che è questa l'ultima risposta che un popolo, perseguitato,<br />
annientato, può dare: febbre di fratellanza, bisogno di ricostruire il<br />
distrutto, volontà di riportare in alto ciò che fu tanto abbassato. Se<br />
così <strong>non</strong> fosse, dovremmo piangere ancor più dolorosamente e silenziosamente.<br />
Compiangere la fine, negli uomini, d'ogni suprema speranza.<br />
(Da: Corriere dell'Emilia, 13 maggio 1945).<br />
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