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Marzabotto non dimentica Walter Reder PDF

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glierli. Abbiamo visto gli scheletri; le mani dei bimbi. Abbiamo visto<br />

tanta miseria umana e, più ancora dello spettacolo tetro che ci s'offriva,<br />

ci doleva nel cuore la ribellione, ci martellava nel cervello un<br />

senso d'incomprensione; mancava alla nostra muta domanda una<br />

qualsiasi risposta. La guerra: sta bene. L'odio che abbruttisce: purtroppo,<br />

sappiamo. Ma questo orrore, tutto questo orrore, contro popolazioni<br />

inermi, contro gente pacifica. Perché?<br />

E la domanda che ancora si fanno quei pochi che sono potuti<br />

sfuggire ai massacri, aiutati da quell'elemento imponderabile che accompagna<br />

ogni nostra avventura, ogni nostra giornata. Quattro o<br />

cinque superstiti fra i quasi duemila uccisi. Si alzano il mattino, dopo<br />

una notte popolata di terrori e di spiriti amici che chiamano e chiamano,<br />

che hanno ancora l'accento dell'ultimo grido, dell'ultima inutile<br />

invocazione strozzata in gola. Si svegliano nelle cantine umide, che è<br />

tutto quanto rimane oggi di un intero paese. Guardano il sole, caldo<br />

come è sempre in questa stagione. E gli domandano: perché? Camminano<br />

ancora storditi, con sempre davanti agli occhi quella visione<br />

che <strong>non</strong> permetterà loro di ridere mai più. E si domandano: perché?<br />

Se ricordano l'abbraccio d'una moglie carbonizzata dai lanciafiamme,<br />

se tentano di tracciare nell'aria il segno d'una carezza al bimbo più<br />

piccolo, che <strong>non</strong> è stato ancora sepolto, e marcisce fra le rovine, in<br />

un'aureola di riccioli biondi, è sempre, è eternamente questa domanda<br />

che hanno dentro. Anche se <strong>non</strong> parlano, se ti guardano sbigottiti.<br />

Nessuno piange, nessuno può più piangere, ormai. Il pianto è un dono<br />

fortunato, è una liberazione. Ma essi sono condannati, per tutta la<br />

vita, al loro macerante dolore.<br />

Cosi Pio Borgia, che abitò coi suoi sul fondo Casona, presso Pioppe<br />

di Salvaro. La sera del 1° ottobre, una domenica, la sua casa fu<br />

circondata dai tedeschi. La sua famiglia fu imprigionata in una chiesetta,<br />

con altri quarantotto paesani, fra cui due preti. Dopo tre giorni<br />

e tre notti di supplizio, senza poter sedere, né mangiare, il triste drappello<br />

fu accompagnato dalla scorta fino alla riva del Reno. Accanto<br />

al fiume, a Pioppe, c'era una fabbrica di tessuti, ora distrutta. Fra<br />

l'edificio e l'acqua un canale forma una «botte»: tutti dovettero togliersi<br />

le scarpe, tutti furono depredati d'ogni avere, piccoli oggetti<br />

cari, poco denaro. Le mitragliatrici crepitarono sinistramente su quel-<br />

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