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Marzabotto non dimentica Walter Reder PDF

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come questa, così spietatamente espressiva; quelle della storia che è<br />

tanto angosciosa ma anche luminosa ed è insegnamento e monito per le<br />

future generazioni. Dirò cosi che <strong>non</strong> c'è una casa che <strong>non</strong> sia distrutta,<br />

annientata, bruciata dalle fiamme e sgretolata dai proiettili, <strong>non</strong><br />

c'è più gente, o quasi, poi che i primi a ritornare <strong>non</strong> trovano né un<br />

riparo, né un'ombra. Campi e sentieri sono crivellati di buche e folti<br />

di mine, più mine che alberi. Non c'è un ponte, <strong>non</strong> resta che una<br />

passerella. L'acqua manca e quel po' che filtra dalla montagna passa<br />

attraverso troppe tombe frettolosamente scavate, lambisce, troppi<br />

morti <strong>non</strong> ancora sepolti.<br />

Tutto questo dice già molto. Ma ancor più evidente l'aspetto di desolazione<br />

di un luogo sarà apparente, se aggiungeremo che in tutto<br />

il territorio del Comune <strong>non</strong> resta una bicicletta, <strong>non</strong> si può trovare<br />

uno scalpello, un martello, una vanga, un utensile qualsiasi. Anche<br />

il bestiame è scomparso: poco ne fu trasportato lontano, per<br />

mancanza di mezzi di locomozione.<br />

I tedeschi uccidevano i buoi, sgozzavano asini e muli, facevano<br />

ecatombe di oche e galline. Anche i gatti, tutti i gatti del paese sono<br />

stati uccisi, nel beffardo e raccapricciante gioco di distruzione. Due<br />

di queste bestiole, sfuggite per chissà quale circostanza al massacro<br />

sono ritornate allo stato selvaggio e, nelle notti prive di ogni lume, i<br />

quattro occhi fosforescenti errano di campo in campo, con parvenze<br />

fiabesche, quasi fossero luci soprannaturali. Infestano, invece, la regione<br />

e i sotterranei delle case sventrate, battaglioni di topi, famelici,<br />

rabbiosamente distruttori. Adesso, che <strong>non</strong> c'è più nulla da distruggere.<br />

S'alzano, attorno al paese, a quello che fu un paese, i colli: dovunque,<br />

su ogni poggio o prato o picco o ripiano, è la stessa desolazione.<br />

Aria tetra di morte a cancellare la quale <strong>non</strong> sono bastati i mesi.<br />

Ogni casa quelle che furono le case dei contadini — e scoppiettavano<br />

di schiocchi e di grida festose, di lieti incitamenti al bestiame impigrito<br />

— ogni casa ha abbracciato i suoi morti, tutti i suoi morti e li tiene<br />

stretti, <strong>non</strong> sai se con maggior terrore o disperazione. Li stringe<br />

fra i tavolati dei pavimenti fracidi, fra le travi scheggiate, fra i mattoni<br />

crollati in rovina. Li custodisce forzatamente pietosa, perché gli<br />

uomini, pur altrettanto pietosi, <strong>non</strong> possono ancora andare a racco-<br />

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