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Marzabotto non dimentica Walter Reder PDF

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le deposizioni Benni e Cincinnati) ha in Cerpiano abusato e consentito<br />

ai suoi uomini e ufficiali di abusare di donne che da poco tempo<br />

erano state estratte di sotto ai mucchi dei cadaveri dei propri amici,<br />

genitori, parenti trucidati in massa».<br />

Ebbe due condanne: l'ergastolo per gli omicidi e 30 anni per gli incendi<br />

e le distruzioni. Fu esclusa la strage — reato passibile della pena<br />

di morte — <strong>non</strong>ostante una sentenza del 1948, pronunciata a Perugia<br />

contro i fascisti che avevano partecipato agli eccidi in Versilia<br />

con <strong>Reder</strong>: furono tutti condannati per strage.<br />

<strong>Reder</strong> venne riconosciuto responsabile di quattro dei nove eccidi.<br />

Quelli di Bardine, Valla, Vinca e <strong>Marzabotto</strong>. Per gli altri ebbe l'assoluzione.<br />

La sentenza divenne definitiva il 16 marzo 1954 quando fu<br />

sostanzialmente confermata dal Tribunale supremo militare.<br />

Il 31 ottobre 1951, mentre i giudici militari si trovavano in camera<br />

di consiglio, chiesi al maggiore Piero Stellacci di azzardare una previsione.<br />

Il magistrato con stellette aveva sostenuto la pubblica accusa e<br />

chiesto per <strong>Reder</strong> la fucilazione alla schiena.<br />

Mi disse: «Dubito che questa corte abbia il coraggio di accogliere<br />

la mia richiesta». E aggiunse: «Se Bologna fosse meno caratterizzata<br />

politicamente...». Interruppe la frase a mezzo, quasi avesse detto<br />

troppo, anche se lasciò intendere un certo imbarazzo tra i giudici,<br />

preoccupati di <strong>non</strong> farsi coinvolgere in un gioco politico.<br />

Dovevano avere le antenne veramente molto sensibili se avevano<br />

già cominciato ad avvertire i primi segnali della vasta campagna di<br />

stampa che sarebbe iniziata dopo la condanna di <strong>Reder</strong>. È vero che<br />

sia prima che durante il processo si erano avute delle pressioni<br />

perché l'ufficiale nazista <strong>non</strong> venisse giudicato in una città «rossa»<br />

come Bologna. Ma i più avevano giudicato che si trattasse di pretattica<br />

degli avvocati difensori, tra i quali vi era il bolognese Mevio Magnarmi<br />

che, in quella circostanza, era uscito dal PSDI.<br />

Poco dopo la sentenza del Tribunale militare, sui giornali austriaci<br />

e tedeschi cominciarono ad apparire, sempre più frequentemente, articoli<br />

in difesa del «valoroso soldato» che era stato condannato ingiustamente,<br />

perché aveva eseguito gli ordini ricevuti, in una città dove i<br />

comunisti erano in maggioranza. Lettere di analogo tenore arrivarono<br />

in gran numero anche al sindaco di <strong>Marzabotto</strong>, con scopo chiara-<br />

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