Marzabotto non dimentica Walter Reder PDF
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loro due «pezzi» su uno stesso giornale, disinformati in altri casi, quasi sempre poco chiari sulla questione centrale: concedere o no la libertà al Reder, già condannato dal Tribunale militare territoriale di Bologna all'ergastolo il 31 ottobre 1951 e dal tribunale militare di Bari (il 14 luglio 1980), messo in libertà condizionale per cinque anni che scadranno il prossimo 14 luglio 1985. Qualche articolista attribuisce a Reder delle colpe per stragi che i tribunali militari non gli hanno addossate e così offrono il pretesto per smentite, dello stesso o dei suoi avvocati. Un'agenzia dell'ANSA delle 13.30 del 2 gennaio 1985, infatti, precisa che il Reder è «stufo» di essere accusato di responsabilità per la morte di qualche centinaia in più di uomini, donne e bambini, rispetto a quelli indicati nelle sentenze! Qualche altro articolista, a corto di memoria e con poche letture storiche, scopre che gli eccidi nazifascisti furono molti altri oltre a quello consumato su Monte Sole e nel territorio che si stende tra la ferrovia della Direttissima e la strada Porrettana sulla quale é Marzabotto. Quattro decenni di cronache partigiane e antifasciste e tanti interventi del Presidente Sandro Pertini (in questi ultimi sei anni e mezzo) stanno, invece, a provare che non sono stati dimenticati né i piccoli eccidi, né «il più vile sterminio di popolo» — come Salvatore Quasimodo chiamò quello di Marzabotto. Sul «Corriere» si è anche ricordato un eccidio — quello di Monchio, nel modenese; 130 vittime — dove i familiari (diversamente da quelli di Marzabotto)... hanno perdonato i carnefici. Qui i paracadutisti della divisione Hermann Goering che compirono l'eccidio il 18 marzo 1944, restarono sempre anonimi e nessun responsabile ha dovuto rispondere alla giustizia di fronte ad un tribunale, ma i fascisti che aiutarono l'impresa furono successivamente colpiti dai partigiani. Tanti altri sono stati gli eccidi compiuti in Emilia-Romagna, ma nessuno può essere paragonato ad un altro, a quello di Marzabotto, per operare delle analogie o — peggio — delle contrapposizioni fra i superstiti e cittadini che oggi sono chiamati a manifestare una propria opinione sul caso Reder. Nella regione gli eccidi di civili — non le fucilazioni di partigiani e neppure le fucilazioni di ostaggi — dopo Monchio, insanguinarono 185
ogni provincia: Cervarolo e Bettola nel reggiano, Fragheto e Tavolicci nel forlivese, Neviano degli Arduini e Strela nel parmense, San Piero in Bagno in Romagna, Sassoleone nell'imolese, Ronchidos di Gaggio Montano, Sabbiuno sui colli di Bologna. I loro responsabili in molti casi non hanno pagato; in qualche caso furono raggiunti dalla giustizia patriottica nel corso della stessa lotta di liberazione e, in altri casi, a seguito di regolari processi — celebrati dai tribunali ordinari — dopo la liberazione, con la condanna anche alla fucilazione (che in alcuni casi venne eseguita). Nell'enorme caso di Marzabotto, fu individuato un colpevole — un «determinatore» ed un partecipante agli atti compiuti dal suo battaglione, come recita il testo della sentenza del '51 — il maggiore Walter Reder in servizio presso la 16 a Divisione Corazzata Granatieri SS. Detenuto nel carcere militare di Bologna dal 13 maggio 1948, dopo un lungo processo, venne condannato con motivazioni documentatissime che furono riconfermate anche in sede di ricorso dal Tribunale Supremo militare nel 1954 (si veda la pubblicazione, a cura dell'Ufficio Stampa del ministero della Difesa nel 1961, allora retto da Giulio Andreotti, in risposta ad una campagna di revanscismo nazista, Reder nel giudizio della Magistratura militare). Fare del caso di Marzabotto un tutt'uno con i numerosi altri dolorosi eccidi è allo stesso tempo una diminuzione del più grande eccidio di tutti i tempi e una riduzione della memoria di tutti gli altri eccidi compiuti dai nazifascisti nel corso delle lotte di liberazione in tutta Europa. Una memoria che, anche nel caso di Reder, non bisogna perdere. (Da: l'Unità, 3 gennaio 1985). 186
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nel forlivese, Neviano degli Arduini e Strela nel parmense, San Piero<br />
in Bagno in Romagna, Sassoleone nell'imolese, Ronchidos di Gaggio<br />
Montano, Sabbiuno sui colli di Bologna. I loro responsabili in<br />
molti casi <strong>non</strong> hanno pagato; in qualche caso furono raggiunti dalla<br />
giustizia patriottica nel corso della stessa lotta di liberazione e, in altri<br />
casi, a seguito di regolari processi — celebrati dai tribunali ordinari<br />
— dopo la liberazione, con la condanna anche alla fucilazione (che<br />
in alcuni casi venne eseguita). Nell'enorme caso di <strong>Marzabotto</strong>, fu individuato<br />
un colpevole — un «determinatore» ed un partecipante agli<br />
atti compiuti dal suo battaglione, come recita il testo della sentenza<br />
del '51 — il maggiore <strong>Walter</strong> <strong>Reder</strong> in servizio presso la 16 a<br />
Divisione<br />
Corazzata Granatieri SS. Detenuto nel carcere militare di Bologna<br />
dal 13 maggio 1948, dopo un lungo processo, venne condannato con<br />
motivazioni documentatissime che furono riconfermate anche in sede<br />
di ricorso dal Tribunale Supremo militare nel 1954 (si veda la pubblicazione,<br />
a cura dell'Ufficio Stampa del ministero della Difesa nel<br />
1961, allora retto da Giulio Andreotti, in risposta ad una campagna<br />
di revanscismo nazista, <strong>Reder</strong> nel giudizio della Magistratura militare).<br />
Fare del caso di <strong>Marzabotto</strong> un tutt'uno con i numerosi altri dolorosi<br />
eccidi è allo stesso tempo una diminuzione del più grande eccidio<br />
di tutti i tempi e una riduzione della memoria di tutti gli altri eccidi<br />
compiuti dai nazifascisti nel corso delle lotte di liberazione in tutta<br />
Europa. Una memoria che, anche nel caso di <strong>Reder</strong>, <strong>non</strong> bisogna<br />
perdere.<br />
(Da: l'Unità, 3 gennaio 1985).<br />
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