Marzabotto non dimentica Walter Reder PDF

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02.06.2013 Views

lia, anche se si rendeva conto che la partita principale si giocava nel cuore dell'Europa. Reder ebbe il comando del 16° battaglione della 16 a divisione SS Panzer Granadier Division «Reichs Fuhrer SS» con il duplice incarico di combattere sia contro gli alleati che contro le formazioni partigiane. Restò in linea, nella zona di Cecina, in Toscana, sino all'8 agosto quando venne destinato esclusivamente alla lotta antipartigiana. Doveva tenere «pulito» il retrofronte, eliminando le formazioni partigiane che avrebbero potuto creare difficoltà all'esercito tedesco che si ritirava ordinatamente. Iniziò il nuovo compito di repressione delle forze della Resistenza dopo la metà di agosto in Versilia, tra Lucca e Massa Carrara, con direzione sud-nord. Lui era l'avanguardia delle truppe in ritirata, alle quali doveva tenere aperte e pulite le strade che portavano al nord. E a mano a mano che risaliva la penisola, dalla pianura versiliese alle valli apuane, si lasciava alle spalle una scia di sangue. Centinaia e centinaia di persone, in massima parte donne, vecchi e bambini, furono massacrate con una tecnica tanto raffinata, quanto efficiente. Gli sventurati venivano raggruppati nelle chiese, nei cimiteri o negli spiazzi aperti e falciati con le mitragliatrici. Le bombe a mano e i lanciafiamme completavano l'opera, anche se l'ultima parola spettava alla dinamite per seppellire in qualche modo quello che restava delle povere vittime. Molto probabilmente giunse nel bolognese nella seconda quindicina di settembre quando la tecnica di rappresaglia contro i civili fece un vero e proprio salto di qualità. Sino a quel momento i soldati dell'esercito regolare tedesco — la Wehrmacht — pur usando il pugno duro, si erano limitati a fucilare mai più di una decina di ostaggi alla volta e quasi mai donne e bambini. Non a caso, nei mesi di settembre e ottobre furono massacrati più civili che in tutti quelli precedenti e seguenti messi assieme. Quelle stragi non furono, forse, tutte guidate da Reder, ma la tecnica era sicuramente la sua. Il 23 settembre le SS si recarono a Sassoleone (Casalfiumanese) per compiere una rappresaglia, dopo che i partigiani avevano attaccato un convoglio. Rastrellarono una trentina di persone e con la tec- 15

nica della mitraglia, dei lanciafiamme e della dinamite ne massacrarono 24 o 25, in massima parte davanti alla chiesa. Il 27 a Cà Berna (Lizzano in Belvedere), sempre dopo un'azione partigiana, le SS massacrarono 29 persone. Anche qui, come a Sassoleone, donne, vecchi e bambini. La tecnica era la solita. Il 28 a Ronchidoso (Gaggio Montano) per lo stesso motivo, solito massacro. Solo che questa volta le vittime furono 64 o forse addirittura 66, e tutti donne, vecchi e bambini. Alcuni furono bruciati vivi, mentre quasi tutti vennero arsi dopo essere stati trucidati. Questo massacro — al quale ne sarebbero seguiti altri, tra cui quello di Molinaccio (Gaggio Montano) il 1 ottobre e di Casteldebole (Bologna) l'1 novembre — era la prova generale di quello più orrendo e più immane di Marzabotto che sarebbe stato consumato il giorno dopo. Reder aveva preparato da tempo quello che sarebbe stato il suo capolavoro, come dimostrano gli ordini impartiti e le mappe trovate dopo la guerra. Come dirà lui stesso davanti al Tribunale militare di Bologna, doveva ripulire dai partigiani le zone di Monte Sole, Monte Caprara e Monte Salvare, che interessavano i comuni di Marzabotto, Monzuno e Grizzana. L'obiettivo era la brigata Stella rossa Lupo che bisognava assolutamente «distruggere — sono parole sue — senza considerare le perdite che sarebbero avvenute da ambo le parti". L'ordine era di rastrellare gli uomini tra i 15 e i 45 anni, di razziare il bestiame e di distruggere tutte le case. Per prendere una decisione così radicale e gravissima nelle conseguenze — perché l'ordine del massacro non era stato indicato nel piano operativo, ma impartito a voce — il comando tedesco doveva avere un buon motivo. E il buon motivo si chiamava Monte Sole, una posizione strategica di primaria importanza per il controllo dell'Appennino bolognese. Ai due lati del monte, con direzione nord-sud, scorrono due delle tre principali arterie che collegano Bologna a Firenze e che sono, oltrettutto, le più agevoli, per il tracciato e i modesti dislivelli. Per queste ragioni, la Porrettana e la Val di Setta assorbivano quasi l'ottanta per cento del traffico camionabile tedesco da e per il fronte. Il quale fronte — la Linea gotica — correva lungo il crinale appenninico dal Tirreno all'Adriatico. 16

nica della mitraglia, dei lanciafiamme e della dinamite ne massacrarono<br />

24 o 25, in massima parte davanti alla chiesa.<br />

Il 27 a Cà Berna (Lizzano in Belvedere), sempre dopo un'azione<br />

partigiana, le SS massacrarono 29 persone. Anche qui, come a Sassoleone,<br />

donne, vecchi e bambini. La tecnica era la solita.<br />

Il 28 a Ronchidoso (Gaggio Montano) per lo stesso motivo, solito<br />

massacro. Solo che questa volta le vittime furono 64 o forse addirittura<br />

66, e tutti donne, vecchi e bambini. Alcuni furono bruciati vivi,<br />

mentre quasi tutti vennero arsi dopo essere stati trucidati. Questo<br />

massacro — al quale ne sarebbero seguiti altri, tra cui quello di Molinaccio<br />

(Gaggio Montano) il 1 ottobre e di Casteldebole (Bologna) l'1<br />

novembre — era la prova generale di quello più orrendo e più immane<br />

di <strong>Marzabotto</strong> che sarebbe stato consumato il giorno dopo.<br />

<strong>Reder</strong> aveva preparato da tempo quello che sarebbe stato il suo<br />

capolavoro, come dimostrano gli ordini impartiti e le mappe trovate<br />

dopo la guerra. Come dirà lui stesso davanti al Tribunale militare di<br />

Bologna, doveva ripulire dai partigiani le zone di Monte Sole, Monte<br />

Caprara e Monte Salvare, che interessavano i comuni di <strong>Marzabotto</strong>,<br />

Monzuno e Grizzana. L'obiettivo era la brigata Stella rossa Lupo<br />

che bisognava assolutamente «distruggere — sono parole sue — senza<br />

considerare le perdite che sarebbero avvenute da ambo le parti".<br />

L'ordine era di rastrellare gli uomini tra i 15 e i 45 anni, di razziare<br />

il bestiame e di distruggere tutte le case.<br />

Per prendere una decisione così radicale e gravissima nelle conseguenze<br />

— perché l'ordine del massacro <strong>non</strong> era stato indicato nel piano<br />

operativo, ma impartito a voce — il comando tedesco doveva avere<br />

un buon motivo. E il buon motivo si chiamava Monte Sole, una<br />

posizione strategica di primaria importanza per il controllo dell'Appennino<br />

bolognese.<br />

Ai due lati del monte, con direzione nord-sud, scorrono due delle<br />

tre principali arterie che collegano Bologna a Firenze e che sono, oltrettutto,<br />

le più agevoli, per il tracciato e i modesti dislivelli. Per queste<br />

ragioni, la Porrettana e la Val di Setta assorbivano quasi l'ottanta<br />

per cento del traffico camionabile tedesco da e per il fronte. Il quale<br />

fronte — la Linea gotica — correva lungo il crinale appenninico dal<br />

Tirreno all'Adriatico.<br />

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