Marzabotto non dimentica Walter Reder PDF

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02.06.2013 Views

armi. Non fu gesto isolato perché la ferocia brutale ed anche inutile agli stessi fini dell'invasore tedesco si abbattè su tante altre contrade del nostro Paese. Innumerevoli i delitti e gli orrori, terribili e gravissimi, ma nessuno che noi sappiamo, di proporzioni così vaste come quello perpetrata dalla Wehrmacht e dalle SS a Marzabotto. Le vittime furono 1830 ed ebbero pace soltanto dopo la Liberazione; anzi, in certi casi nemmeno allora poiché le mine cosparse a perpetuare il delitto si accanirono contro le povere ossa senza riposo e contro i superstiti ritornati a compiere opera straziante e pietosa, a far rivivere la loro terra che quelli avrebbero voluta morta come le donne, i bambini, i vegliardi, i sacerdoti che avevano assassinato. Non fu gesto isolato perché continuò nel tempo giorni e giorni: alla villa Colle Ameno, reso fosco dagli occupanti tedeschi, il 18 ottobre 1944 alcuni cittadini di Marzabotto venivano trucidati; il 13 era stato freddamente ucciso don Fornasini; e l'azione della Wehrmacht era incominciata il 28 settembre! Le pagine che seguono, mentre esprimono in forma misuratissima tutta l'esecrazione che i bolognesi e gli italiani di ogni parte del nostro Paese sentono per lo strazio bestiale che fu fatto di tanti fratelli, colmano una lacuna della documentazione in Italia e fuori. Bisogna che queste pagine siano rese largamente note dovunque, che siano tradotte in molte lingue, che esse giungano il più lontano possibile. Noi sappiamo che cosa è avvenuto a Oradour sur Glane, a Lidice, a Coventry, a Varsavia; gli altri ignorano la immane strage di Marzabotto. Si è scritto, anche, perché nessuno dimentichi. L'oblìo sarebbe una colpa e potrebbe essere foriero di amari risvegli. Quel passato di dolori, di bestialità, di sete di dominio e di morte non deve più ritornare; ma non basta dirlo; bisogna che gli uomini facciano il necessario perché l'alto scopo sia raggiunto. Gli anni trascorsi da quell'inizio di autunno del 1944 sono molti e sono pochi. Sono molti, perché tanto lontano ci appare quel tempo nel continuo rincorrersi ed evolversi degli eventi ed anche una pace tormentata può velare col passare degli anni la crudezza terribile dei fatti. Sono pochi, perché la minaccia che quei tempi possano ritorna­ ci

e non è scomparsa e non esiste alcuna garanzia che essi non si rinnovino; anzi la minaccia ne è sospesa su di noi attraverso la politica di divisione del mondo in due parti contrapposte che potrebbero invece coesistere pacificamente. Marzabotto è stato un inenarrabile martirio. Non per questo noi resteremo fermi soltanto al lacerante ricordo di quei giorni. È necessaria una distensione ed una intesa tra i popoli del mondo che guardi verso l'avvenire. Possiamo essere indulgenti. Possiamo comprendere le esigenze della vita, di una sua serena ripresa, specie dopo tanto strazio mortale delle nostre carni. Possiamo distinguere le responsabilità. Possiamo, dobbiamo ammettere che al disopra delle frontiere gli uomini debbano tessere la tela di nuovi rapporti proprio per evitare ai nostri figli e nipoti le stragi che noi abbiamo sofferto. Possiamo anche, chiaramente indicate le responsabilità, perdonare. Ma proprio per questo, dimenticare, cancellare non possiamo. Chi dunque vuole, chi ha diritto di pretendere da noi, dai cittadini di Marzabotto che sono, in questo tragico decennale, l'Italia intera, che coloro i quali calpestarono figli, spose, fanciulli e nonni nostri col più cieco furore sarebbero i campioni dell'umanità, i difensori della libertà e della civiltà? Che ad essi dovremmo fiduciosamente abbandonarci e consegnare l'Europa — frattanto divisa e respinta la maggior parte di essa — per quella rivendicazione di frontiere tedesche che un Presidente del Consiglio dei Ministri italiano ebbe un giorno l'imprudenza (per non dire altro) di appoggiare? Che cosa ci garantisce che coloro che si credettero popolo dominatore non si riveleranno come quelli di un tempo? Anzi, per molta gente parte i capi sono gli stessi uomini, amnistiati, onorati, esaltati. Kesselring non sarebbe dunque il principale responsabile di Marzabotto? E non avremmo potuto trovarcelo domani se la cosiddetta Comunità Europea di Difesa non fosse defunta, ai più alti comandi dell'esercito integrato europeo al quale sarebbero stati sottoposti anche i nostri figli? Hanno processato un ufficiale che accolse il nostro giudizio con ostentato disprezzo. Lo hanno condannato a lieve pena per tanto reato. Forse sarà già libero; forse lo sarà presto. Anche lui avremmo potuto trovarcelo nei comandi della C.E.D. Potrebbe sembrare oggi, a costui, di essere stato profeta, di essere 122

armi.<br />

Non fu gesto isolato perché la ferocia brutale ed anche inutile agli<br />

stessi fini dell'invasore tedesco si abbattè su tante altre contrade del<br />

nostro Paese. Innumerevoli i delitti e gli orrori, terribili e gravissimi,<br />

ma nessuno che noi sappiamo, di proporzioni così vaste come quello<br />

perpetrata dalla Wehrmacht e dalle SS a <strong>Marzabotto</strong>. Le vittime furono<br />

1830 ed ebbero pace soltanto dopo la Liberazione; anzi, in certi<br />

casi nemmeno allora poiché le mine cosparse a perpetuare il delitto si<br />

accanirono contro le povere ossa senza riposo e contro i superstiti ritornati<br />

a compiere opera straziante e pietosa, a far rivivere la loro<br />

terra che quelli avrebbero voluta morta come le donne, i bambini, i<br />

vegliardi, i sacerdoti che avevano assassinato.<br />

Non fu gesto isolato perché continuò nel tempo giorni e giorni: alla<br />

villa Colle Ameno, reso fosco dagli occupanti tedeschi, il 18 ottobre<br />

1944 alcuni cittadini di <strong>Marzabotto</strong> venivano trucidati; il 13 era<br />

stato freddamente ucciso don Fornasini; e l'azione della Wehrmacht<br />

era incominciata il 28 settembre!<br />

Le pagine che seguono, mentre esprimono in forma misuratissima<br />

tutta l'esecrazione che i bolognesi e gli italiani di ogni parte del nostro<br />

Paese sentono per lo strazio bestiale che fu fatto di tanti fratelli,<br />

colmano una lacuna della documentazione in Italia e fuori. Bisogna<br />

che queste pagine siano rese largamente note dovunque, che siano<br />

tradotte in molte lingue, che esse giungano il più lontano possibile.<br />

Noi sappiamo che cosa è avvenuto a Oradour sur Glane, a Lidice, a<br />

Coventry, a Varsavia; gli altri ignorano la immane strage di <strong>Marzabotto</strong>.<br />

Si è scritto, anche, perché nessuno dimentichi. L'oblìo sarebbe una<br />

colpa e potrebbe essere foriero di amari risvegli. Quel passato di dolori,<br />

di bestialità, di sete di dominio e di morte <strong>non</strong> deve più ritornare;<br />

ma <strong>non</strong> basta dirlo; bisogna che gli uomini facciano il necessario<br />

perché l'alto scopo sia raggiunto.<br />

Gli anni trascorsi da quell'inizio di autunno del 1944 sono molti e<br />

sono pochi. Sono molti, perché tanto lontano ci appare quel tempo<br />

nel continuo rincorrersi ed evolversi degli eventi ed anche una pace<br />

tormentata può velare col passare degli anni la crudezza terribile dei<br />

fatti. Sono pochi, perché la minaccia che quei tempi possano ritorna­<br />

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