Marzabotto non dimentica Walter Reder PDF
Marzabotto non dimentica Walter Reder PDF Marzabotto non dimentica Walter Reder PDF
San Martino ove si era recato per assistere all'inumazione dei cadaveri ancora insepolti. «Non erano uomini validi e tanto meno partigiani» — fece osservare commosso il sacerdote a un capitano che assisteva l'opera dei becchini, indicando i corpi ormai disfatti di tante donne e di tanti fanciulli. Bastò quella frase a segnare la sua condanna. Il capitano nazista lo guardò con disprezzo e lo freddò con una scarica di mitra a bruciapelo. Il «monco» che aveva organizzato e diretto l'intero ciclo delle «operazioni di polizia» in Versilia, in Garfagnana e tra i calanchi di Marzabotto, costretto a render conto a un Tribunale di quella interminabile catena di delitti, schiacciato da ogni parte dal peso delle accuse, investito dalle grida dei superstiti e dal disprezzo del pubblico, continuò a difendersi con irritante ostinazione trincerandosi dietro le «ragioni di guerra» e le «esigenze del servizio». Sprezzante, insensibile, altero, incapace di avvertire per un solo istante la voce del sentimento, mai, per tutta la durata del dibattito, il suo volto fu sfiorato da un velo di commozione o di rimorso, mai i suoi occhi ebbero un riflesso di pietà. Neppure mentre sfilavano di fronte a lui le madri singhiozzanti per rievocare il supplizio dei loro figli, neppure mentre l'oste di San Terenzio, gli puntò il dito contro il petto gridandogli con un groppo di. pianto nella voce: «Vergognati, assassino!». E quando — alla fine della severa requisitoria del Procuratore Generale che aveva chiesto per lui la fucilazione alla schiena — un maresciallo dei carabinieri, vedendolo lievemente agitato, gli domandò se fosse emozionato per la condanna che lo attendeva, lui rispose: «No, sono preoccupato perché non riesco più a trovare la mia penna stilografica». Il discepolo prediletto delle scuole hitleriane, l'esponente della «razza pura», l'araldo del terzo Reich, era riuscito a spegnere in sé fino all'ultima scintilla di umanità. Da quel momento il caso del «monco» (che sopravvive alla imperdonabile vergogna delle sue colpe, nella cella di un carcere romano) interessava più il patologo che lo storico. Ognuno di noi ha incontrato centinaia di ufficiali come lui sulle strade sconvolte dalla guerra, ha udito il suono sferzante dei loro comandi, ha sussultato all'eco dei loro pesanti passi ritmati che rimbalzava la notte sui muri dei nostri rifugi. 117
Tuttavia la criminalità di Reder e il fanatismo bestiale dei suoi soldati non avrebbero potuto portare tanti lutti e tante rovine nel nostro Paese se la guerra non avesse offerto all'uno e agli altri l'occasione di impugnare le armi. E forse v'è qualcosa di vero nell'attenuante che Reder invocò dai giudici dichiarando: «Ero un ufficiale e obbedivo a degli ordini». La storia di Marzabotto è anche la storia di Varsavia, di Lidice, di Oradour sur Glane, di Peisberg, di Cuneo, di Bassano, dei cento e cento villaggi smantellati dalle armate naziste. Ed è anche la storia della Corea, dell'Indocina, di tutti i paesi travolti dalla bufera della guerra. Quando la guerra sconvolge il cuore degli uomini, nessuno sa mai in quale abisso di abiezione essi possano sprofondare. Soltanto impedendo che i governi si gettino allo sbaraglio rifiutando le vie della ragione, soltanto smascherando i falsi profeti prima che essi annunzino dall'alto delle loro torri il tempo di uccidere, si potranno frenare gli impulsi criminali di tutti i Reder del mondo, costringendo a costruire per la vita quelle mani smaniose di seminare la morte. Altrimenti in ogni conflitto, su ogni fronte, ci saranno sempre dei Reder che aggiungeranno agli orrori delle battaglie le nefandezze della loro anima perversa. Il «Faro del Martirio» acceso nel decennale della strage sul colle di Marzabotto valga ad illuminare questa semplice verità e a ravvivare la speranza negli uomini che attendono, dopo tanto sangue, un'era di sereno lavoro, una stagione nuova di civiltà e di clemenza. (Da: Emilia, n. 2, 1955). 118
- Page 65 and 66: gruppi, perché si accampavano alla
- Page 67 and 68: ad evitare la perquisizione nelle c
- Page 69 and 70: che piangevano, mamme che tentavano
- Page 71 and 72: e la figliuola. La famiglia Lorenzi
- Page 73 and 74: Il cimitero di Casaglia di Marzabot
- Page 75 and 76: perché non scappi?» E il bimbo, m
- Page 77 and 78: comando tedesco a chiedere un lasci
- Page 79 and 80: Venuta la liberazione si credette c
- Page 81 and 82: campo i tedeschi ai primi di ottobr
- Page 83 and 84: 86 ma da tutti) per l'asilo infanti
- Page 85 and 86: 1945. La guerra è finita. Si recup
- Page 87 and 88: Partigiani, i tedeschi rastrellano
- Page 89 and 90: Lidia Pirini e Sabbioni Lucia: sono
- Page 91 and 92: aionettate fra gli schiamazzi della
- Page 93 and 94: ne? Di che furono rei? Ebbero tutti
- Page 95 and 96: invoca giusta vendetta, per chi com
- Page 97 and 98: za fra chi tutto ha perduto dai fig
- Page 99 and 100: 102 I resti del cimitero di Casagli
- Page 101 and 102: tinella li stese al suolo con una r
- Page 103 and 104: 1945. Nella chiesa delle Querce il
- Page 105 and 106: della polizia austriaca tra quelli
- Page 107 and 108: nuano la caccia all'uomo nei dintor
- Page 109 and 110: aveva bivaccato coi suoi uomini tra
- Page 111 and 112: e messi a morte, i martiri furono d
- Page 113: viglio sul fondo limaccioso della
- Page 118 and 119: armi. Non fu gesto isolato perché
- Page 120 and 121: un «tecnico» indispensabile e ins
- Page 122 and 123: Marzabotto ha avuto la medaglia d'o
- Page 124 and 125: anni della guerra. «Io foglio sape
- Page 126 and 127: e loro la ragione del suo viaggio.
- Page 128 and 129: 8 settembre 1961. Papà Alcide Cerv
- Page 130 and 131: una «crociata santa in difesa dell
- Page 132 and 133: «Reder — disse l'ufficiale accus
- Page 134 and 135: centomila a marzabotto un solo grid
- Page 136 and 137: specie di dialogo con i centomila,
- Page 138 and 139: 8 settembre 1961. L'incontro di Pap
- Page 140: circa un centinaio) e si uni a noi,
- Page 143 and 144: a visitarmi. Cercarono di convincer
- Page 145 and 146: nuto. Ora Reder merita il Consiglio
- Page 147 and 148: no e qui fece fronte unico. La mia
- Page 149 and 150: Padre Comini e Padre Comelli. E pri
- Page 151 and 152: Reder è il simbolo della guerra e
- Page 153 and 154: Il consiglio comunale si è riunito
- Page 155: la brigata stella rossa lupo di Umb
- Page 158 and 159: versanti del Setta e del Reno, pred
- Page 160 and 161: levano seminare il terrore, sfogare
- Page 162 and 163: me queste che abbiamo davanti crede
Tuttavia la criminalità di <strong>Reder</strong> e il fanatismo bestiale dei suoi soldati<br />
<strong>non</strong> avrebbero potuto portare tanti lutti e tante rovine nel nostro<br />
Paese se la guerra <strong>non</strong> avesse offerto all'uno e agli altri l'occasione di<br />
impugnare le armi. E forse v'è qualcosa di vero nell'attenuante che<br />
<strong>Reder</strong> invocò dai giudici dichiarando: «Ero un ufficiale e obbedivo a<br />
degli ordini».<br />
La storia di <strong>Marzabotto</strong> è anche la storia di Varsavia, di Lidice, di<br />
Oradour sur Glane, di Peisberg, di Cuneo, di Bassano, dei cento e<br />
cento villaggi smantellati dalle armate naziste. Ed è anche la storia<br />
della Corea, dell'Indocina, di tutti i paesi travolti dalla bufera della<br />
guerra.<br />
Quando la guerra sconvolge il cuore degli uomini, nessuno sa mai<br />
in quale abisso di abiezione essi possano sprofondare. Soltanto impedendo<br />
che i governi si gettino allo sbaraglio rifiutando le vie della ragione,<br />
soltanto smascherando i falsi profeti prima che essi annunzino<br />
dall'alto delle loro torri il tempo di uccidere, si potranno frenare gli<br />
impulsi criminali di tutti i <strong>Reder</strong> del mondo, costringendo a costruire<br />
per la vita quelle mani smaniose di seminare la morte. Altrimenti in<br />
ogni conflitto, su ogni fronte, ci saranno sempre dei <strong>Reder</strong> che aggiungeranno<br />
agli orrori delle battaglie le nefandezze della loro anima<br />
perversa.<br />
Il «Faro del Martirio» acceso nel decennale della strage sul colle di<br />
<strong>Marzabotto</strong> valga ad illuminare questa semplice verità e a ravvivare<br />
la speranza negli uomini che attendono, dopo tanto sangue, un'era di<br />
sereno lavoro, una stagione nuova di civiltà e di clemenza.<br />
(Da: Emilia, n. 2, 1955).<br />
118