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FOGLIO-GIORNALINO CRISTIANO EVANGELICO ... - Il Ritorno

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<strong>FOGLIO</strong>-<strong>GIORNALINO</strong> <strong>CRISTIANO</strong> <strong>EVANGELICO</strong> INDIPENDENTE<br />

INTERCONFESSIONALE GRATUITO ESPANSIONISTA PER L’APERTURA<br />

MENTALE E SPIRITUALE A CUI TUTTI POSSONO PARTECIPARE<br />

SOMMARIO:<br />

IL RITORNO<br />

A cura della "Piccola Iniziativa Cristiana" c.p.39 – 01019 - Vetralla (VT)<br />

tel. 0339-2608825 – e-mail: mispic@iol.it<br />

aggiornato al 9 gennaio 2000 – N.2<br />

_____________________________________________________________<br />

Due chiacchiere del giornalaio …………………………………………..………….. 1<br />

ATTUALITA’ RELIGIOSA:<br />

Torino: <strong>Il</strong> primo culto evangelico in caserma…………………………………….. 2<br />

DIALOGO COI LETTORI ED APPROFONDIMENTI:<br />

ESSERE SE STESSI (prosecuzione dialogo):<br />

“La nostra vita è nascosta in Cristo” ………………………………………………. 3<br />

Non più protagonista ma spettatrice ……………………………………………….. 5<br />

Se stessi in chiave filosofica ……………………………………………………...… 6<br />

L’AMORE:<br />

Perché certi amori finiscono? (inizio dialogo) ………………………….……….….. 7<br />

Amore perduto (psicologia) ………………………………………………………….... 8<br />

LA SPERANZA:<br />

La speranza nella Bibbia (art. 14) ……………………………………….……………. 9<br />

Sull’espansionismo (breve accenno) …………………………………………………. 11<br />

MEDITAZIONE CRISTIANA:<br />

Nei silenzi la voce di Dio - “Sono io che ti parlo – il perdono” ………….…….. 12<br />

POESIE ARTE PENSIERI ……………………………………………………….…. 13<br />

COLLABORATORI VOLONTARI CERCASI …………………………….…13


DUE CHIACCHIERE DEL GIORNALAIO (di Renzo Ronca)<br />

Ma dopo 2000 anni abbiamo davvero capito il cuore di Gesù?<br />

Ieri sera, ultimo giorno del ’99, spenta per un poco l’assordante eccitazione televisiva, prima della<br />

nostra semplice cena in famiglia sentivo mia figlia che leggeva la preghiera di Daniele (Dan. 9..)<br />

Pensavo alla grandezza di questo personaggio che si umilia davanti all’Eterno e chiede perdono<br />

per sé ed il suo popolo. Mettevo a confronto lo spirito di Daniele e quello nostro, del nostro popolo,<br />

nell’ultima sera del millennio. Chissà se qualcuno si è raccolto in preghiera questa sera ed ha<br />

chiesto perdono a Dio per essersi allontanato da Lui? Quante volte io l’ho lasciato solo al<br />

Getsemani, quante volte mi sono ribellato e l’ho tradito! E Lui quante benedizioni invece mi ha<br />

mandato! Mi rendo conto di quanto mi abbia amato il Signore, da sempre; quanto ami la mia<br />

famiglia, quanto ami tutti noi cristiani e non. <strong>Il</strong> saper apprezzare e ricambiare questo sentimento è<br />

un problema del tutto umano: Dio ama e basta, il Suo amore non è condizionato dalla nostra<br />

risposta. Gesù ne è la limpida espressione; Dio che viene tra noi per amore, per amore nostro. Mi<br />

chiedo quanto l’abbiamo davvero capito, dopo 2000 anni. La cosa che mi faceva più male, mentre<br />

mia figlia leggeva la preghiera di Daniele non era tanto la febbrile ricerca di eccitazione e di<br />

trasgressione che si respirava nei festeggiamenti, quanto la tristezza che avevo provato nel leggere<br />

in alcune lettere ricevute in questi giorni: parole di pace in Cristo da una sorella cattolica ma con<br />

il vaglia postale per il versamento; parole d’amicizia da un collaboratore, ma offeso perché non ho<br />

pubblicato certi articoli di poeti che ci tenevano tanto a vedere il loro nome stampato… e<br />

soprattutto parole di cristiani (almeno così si definiscono) che si accusano l’un l’altro per motivi<br />

dottrinali, di legge, di giustizia, di “verità”. Uno spirito questo, aspro, duro, privo di ogni sorta di<br />

compassione e fraternità. Che fratelli siamo? Discorsi logici e spesso anche esatti da un punto di<br />

vista biblico... ma ognuno uccide l’altro; non lo sa capire, tanto meno amare. <strong>Il</strong> cuore di Gesù è<br />

l’amore. Se non riusciamo a capire questo, che evangelizziamo a fare? <strong>Il</strong> nostro apparente amore<br />

per il prossimo spesso nasconde l’interesse, il nostro volontariato nasconde l’esibizione, le<br />

confutazioni sulla legge nascondono spesso una vanità nostra e una durezza di cuore che spaventa.<br />

“Ora il fine del comandamento è l’amore, che viene da un cuore puro, da una buona coscienza e<br />

da una fede non finta” (1 Tim. 1:5) Tutti conosciamo questi passi che ci richiamano all’amore<br />

gratuito, che sono innumerevoli… Inutile citarli ancora; se non ne facciamo esperienza e non lo<br />

chiediamo nelle nostre preghiere personali sarà inutile. Che la nostra coscienza ci spinga a<br />

purificarci per poter amare sul serio. <strong>Il</strong> cuore nostro sia puro dal risentimento. Qualche volta,<br />

invece di proporre noi stessi, le nostre chiese, la nostra giustizia, i nostri “vuoti”, proponiamo solo<br />

un piccolo slancio di comprensione e d’affetto per chi forse non è così bravo come ci sentiamo noi,<br />

che siamo sempre così sicuri di capire tutto, ma che forse potrebbe essere dal Signore teneramente<br />

amato, magari proprio per le sue debolezze, chissà… Così, come inizio millennio, non sarebbe<br />

male se ogni tanto anche noi pregassimo come Daniele, chiedendo perdono all’Eterno per aver<br />

smarrito un pochino l’amore, il cuore di Gesù.<br />

1° CULTO <strong>EVANGELICO</strong> IN CASERMA<br />

<strong>Il</strong> 17 dicembre 1999 alle ore 10,00 si è svolto il 1° Culto Evangelico all’interno della Caserma della<br />

Guardia di Finanza di Torino. Alla radunanza hanno partecipato credenti evangelici appartenenti<br />

alla Guardia di Finanza, Polizia di Stato, Arma dei Carabinieri, Polizia Penitenziaria, Polizia<br />

Municipale ed Esercito Italiano. La riunione è stata rallegrata anche dalla presenza di numerosi<br />

civili tra i quali: STRANGIO Settimio (pastore della Chiesa Evangelica di Via Clementi a Torino,


CIVILETTO Salvatore (pastore della Chiesa Apostolica di Via Caluso – Torino) BRETSCHER<br />

Ernesto (pastore della Chiesa Evangelica della riconciliazione di Via Coiro – Torino) ed alcuni<br />

anziani della Chiesa Evangelica di Via Spontini. L’incontro, essendo aperto a tutti coloro che<br />

lavorano all’interno della struttura militare, ha visto pure la partecipazione di militari che per la<br />

prima volta assistevano ad una celebrazione evangelica. La Parola di Dio è stata profusa<br />

inizialmente dal maresciallo dell’Esercito Italiano BUA Maurizio (pastore della Chiesa Evangelica<br />

di Cinisello Balsamo – MI -); il tono prorompente usato dal fratello ha scosso tutta l’assemblea<br />

provocando numerose esclamazioni di lode al Signore; la predicazione, basata fondamentalmente<br />

sul passo biblico di I Timoteo 3:16, ha esaltato il mistero dell’incarnazione di Gesù Cristo,<br />

avvenimento culminante della storia affinché la liberazione dall’immoralità e dal peccato giungesse<br />

a tutti gli uomini. <strong>Il</strong> pastore BUA non è stato limitato nello spessore della sua predicazione infatti,<br />

con grande schiettezza e sincerità, ha esortato tutta l’assemblea e tutti i presenti a cercare la faccia<br />

del Signore praticando così un Vangelo vivo e ripieno della potenza dello Spirito Santo. La<br />

Scrittura è stata ancora commentata ulteriormente dall’altro oratore il maresciallo della Guardia di<br />

Finanza GIANNINI Alfredo (pastore della Chiesa Apostolica di Acilia- Roma-) il quale<br />

continuando sul tema dell’incarnazione di Cristo, ha rafforzato, attraverso la lettura di Isaia 35:4, il<br />

tema della salvezza, punto centrale e dominante del ministerio di Gesù. <strong>Il</strong> fratello GIANNINI ha<br />

impresso nella mente dei presenti l’importanza della salvezza eterna: siamo fatti di anima, corpo e<br />

spirito, il mondo passa, tutto è destinato a scomparire e alla fine della corsa un futuro glorioso,<br />

accanto al Signore, aspetta coloro che hanno creduto in Lui. Tra gli ospiti era presente anche il<br />

cappellano militare il quale, nel suo intervento, non ha fatto altro che valorizzare quanto già detto<br />

sottolineando e rimarcando il fatto che Cristo è la nostra Luce e di questa Luce dobbiamo irradiare<br />

tutti gli uomini. Non possiamo a questo punto dimenticare la presenza della oramai già nota corale<br />

“DAVID” la quale ancora una volta non si è smentita, donando agli orecchi e al cuore dei presenti,<br />

delle lodi che hanno ulteriormente esaltato il nome del Signore. Alla fine ci si è tutti ritrovati presso<br />

il circolo unificato della caserma dove dopo aver ringraziato il Signore dei Suoi doni, i presenti<br />

hanno partecipato ad un frugale rinfresco cementando ulteriormente la comunione fraterna che si<br />

era già instaurata durante l’incontro. Desideriamo infine testimoniare dell’incontro avvenuto con il<br />

comandante della Legione il quale, dopo aver ricevuto in dono una Bibbia da una delegazione dei<br />

credenti evangelici delle forze dell’ordine, non ha nascosto la sua commozione ringraziando tutti i<br />

presenti per questa particolare iniziativa operata all’interno degli organismo militari e manifestando<br />

apertamente tutta la sua approvazione.<br />

(per il CEFO -credenti evangelici forze dell’ordine- e per l’ACEGF -associazione cristiana<br />

evangelica della guardia di finanza- : SANTORO Francesco, PAGLIACCI Armando, PRESTERA’<br />

Francesco e ZOLFAROLI Daniele).<br />

Ringraziamo il fratello Armando Pagliacci di Foligno che ci ha inviato questo articolo. E’ un<br />

evento importante per tutti noi evangelici; anche la redazione de “IL RITORNO” vi è vicina e<br />

abbracciando tutti confida nel Signore che questo culto nelle caserme possa continuare e crescere<br />

con regolarità, con lo stesso spirito di lode e di preghiera che si avverte dall’articolo. Un pensiero<br />

anche alla corale “David” che immaginiamo davvero suggestiva.<br />

DIALOGO COI LETTORI: 1) “ESSERE SE STESSI”<br />

8. “LA NOSTRA VITA E’ NASCOSTA IN CRISTO” - DA DIO LA<br />

RIVELAZIONE GRADUALE DELL’ESSERE SE STESSI di Renzo Ronca<br />

La persona che si avvicina a Dio viene rinnovata. E’ come se a contatto con la spiritualità cristiana<br />

rinascesse (Nicodemo- Giov. 3:7). Ma se acquisisce una nuova coscienza potremmo dire che anche la


consapevolezza del suo “sé” cambia. In pratica entra nella conoscenza di un nuovo se stesso. Ma<br />

che significa? Esiste già questa persona in noi o ci arriva da lontano? Entrambe le cose, come<br />

vedremo. “Se dunque siete resuscitati con Cristo, cercate le cose di lassù, dove Cristo è seduto alla<br />

destra di Dio. Abbiate in mente le cose di lassù, non quelle che sono sulla terra, perché voi siete<br />

morti e la vostra vita è nascosta con Cristo in Dio. Quando Cristo che è la nostra vita apparirà,<br />

allora anche voi apparirete con lui in gloria.” (Colos. 3:1-4) Rileggiamo con calma questo pensiero.<br />

Proviamo anche a meditarlo nei silenzi come già stiamo imparando a fare. Soffermiamoci su un<br />

punto centrale: “la vostra vita è nascosta con Cristo in Dio”. Nel momento in cui coscientemente<br />

diciamo di si al Signore Gesù e diventiamo cristiani, momento che per noi evangelici coincide col<br />

battesimo, allora nell’immersione moriamo al mondo, al peccato, ed emergiamo rinnovati<br />

spiritualmente in Dio. Ma se il battesimo è punto d’arrivo per una consapevolezza umana, come<br />

scelta esistenziale, è tuttavia l’inizio della scoperta della nostra vera identità. Da lì attraverso le<br />

progressive fasi dell’espansione spirituale si entra gradatamente nell’eternità alla scoperta del<br />

proprio “io”. La nostra vita è un progressivo espandersi in altezza profondità (Efes. 3:18) “in spirito e<br />

verità” (Giov. 4:23): “in verità”, perché arriviamo a capire la verità di una scelta cosciente e<br />

consapevole; “in spirito”, perché lo Spirito di Dio affluisce in noi, o ci apre una finestra sull’infinito<br />

ed entriamo in contatto col divino. Lo Spirito Santo che è appunto Dio operante, trasforma<br />

gradatamente la nostra persona, la nostra anima e la espande. Un contatto ed una trasformazione<br />

graduali per non essere bruciati. E’ inimmaginabile la potenza di Dio. Se non ci proteggesse dalla<br />

Sua stessa presenza il nostro corpo si dissolverebbe. Elia, così grande davanti a Dio da essere rapito<br />

in cielo senza attraversare la morte, sul monte quando udì il dolce sussurro di Dio “si coperse la<br />

faccia con un mantello” prima di uscire dalla caverna (1 Re 19:13). Mosè ebbe un rapporto<br />

particolare, molto diretto con l’Eterno (“..l’Eterno parlava a Mosè faccia a faccia. Come un uomo<br />

parla col proprio amico..” Esodo 33:11), tuttavia, quando lo stesso Mosè chiede di conoscere la<br />

divinità, di vedere la gloria di Dio (Esodo 33:18) ecco che l’Eterno gli risponde: “Tu non puoi vedere<br />

la mia faccia perché nessun uomo può vedermi e vivere” Quindi l’Eterno disse: “Ecco un luogo<br />

vicino a me, tu starai sulla roccia, e mentre passerà la mia gloria, io ti metterò in una fenditura della<br />

roccia e ti coprirò con la mia mano, finché io sia passato; poi ritirerò la mano e mi vedrai di spalle,<br />

ma la mia faccia non la puoi vedere” (Esodo 33:20-23). L’uomo della Terra non può vedere la totalità<br />

di Dio, la sua straordinaria potenza. Due sono le possibilità: o si trasforma Dio e si veste d’umano<br />

(per esempio in Cristo) o si trasfigura l’umano e diviene spirito nello Spirito (come Gesù sul monte;<br />

come la nostra anima sulle ali dello Spirito di Dio in certe preghiere profonde). Possiamo “vederlo<br />

di spalle” ovvero vedere i suoi effetti, le sue opere, i frutti… Ma se c’è una cosa che ho imparato è<br />

che devo sempre imparare; è che Dio è il superamento di ogni regola, di ogni classificazione.. la<br />

libertà perfetta e assoluta che non ha bisogno di regole nella sua infinita bontà. Cosicché quando<br />

credi di averlo capito ecco che ti sconvolge e ti sorprende… Cosa vieta infatti al Creatore della vita<br />

di presentarsi in modo nuovo ancora non sperimentato, tanto da aprirci un pezzetto di infinito… una<br />

finestrella sull’eternità? Non faremo altre regole dunque, ma solo pensieri… semplici pensieri<br />

piccoli di chi come me cammina e lo cerca “come a tastoni” (Atti 17:27). E allora, di fronte a questa<br />

“fiamma atomica” che brucia creando e modificando, come potremo mai rapportare noi stessi? Lui<br />

solo sa cosa siamo in fondo al nostro cuore. Non siamo sempre noi stessi e non lo siamo mai. “La<br />

nostra vita è nascosta in Cristo”. Cristo è l’incarnazione, la rivelazione di Dio nell’umano. <strong>Il</strong><br />

Creatore è il Verbo, è la Vita. La nostra vita è in Lui. La scopriamo man mano che ce la rivela. Chi<br />

siamo veramente non lo sappiamo: la nostra persona è solo una serie di maschere una dopo l’altra,<br />

come degli involucri che nella conversione andiamo a spogliare… un cammino in salita dove ad<br />

ogni sosta ci pare l’arrivo e vediamo un paesaggio.. e poi subito dopo un altro… ed ogni volta è più<br />

bello e più grande… Torniamo ancora a Mosè: educato in Egitto pensava forse di essere pienamente<br />

era se stesso in quell’ambiente; ma poi seppe di essere israelita e si comportò di conseguenza<br />

pensando di aver trovato finalmente la sua identità. Ma la reazione della sua gente quando uccise i<br />

due egiziani lo fece cadere in una crisi molto profonda. Non era ancora arrivato. Dopo anni di<br />

purificazione nel deserto Dio gli si rivelò e gli disse infine qual’era il suo ruolo. Tre momenti


diversi, tre persone, diverse… ma una era falsa solo perché superata da un’altra? Nel momento che<br />

viviamo nella verità della nostra coscienza siamo sempre veri, siamo sempre noi stessi, ma è la<br />

nostra persona, quell’essere se stessi che si trasfigura in continuazione. Gesù sul monte mostrò forse<br />

la sua vera identità ai tre apostoli, un essere con altri esseri Elia e Mosè, fuori da ogni confine<br />

terreno… ma come potevano capire i tre piccoli apostoli i misteri dell’eternità? Siamo anche noi<br />

così imbambolati di fronte a queste meraviglie e sappiamo solo dire come Pietro: “Signore è bello<br />

per noi stare qui, facciamo tre tende..” (Luca 9:33). Prendiamo Saulo di Tarso: era se stesso alla rigida<br />

scuola di Gamaliele (Atti 22:3) quando imprigionava i primi cristiani… almeno così credeva. Ma poi<br />

dopo la famosa caduta da cavallo, le sue sicurezze crollano e i suoi occhi perdono la vista per<br />

qualche giorno abbagliati dalla luce divina… ritrovò una nuova vista e un nuovo se stesso quando<br />

Anania gli impose le mani… Era forse sempre uguale nel carattere, nelle azioni, nell’impeto di<br />

certe espressioni (“Che volete? Che venga a voi con la verga oppure con amore…” 1 Cor. 4:21); ma era anche un<br />

nuovo se stesso quando poteva contemplare realtà divine (2 Cor. 12:2 e segg)? Come facciamo a dire<br />

con sicurezza “così, in questo preciso modo io sono me stesso”? <strong>Il</strong> pastorello Davide, il giovane<br />

Giuseppe che fu poi venduto dai fratelli, sono stati più se stessi dietro il gregge o quando<br />

conducevano le nazioni? Vi sono rivelazioni di Dio che disegnano la nostra persona, ed il nostro<br />

“io” prende corpo attorno all’opera del Signore. Allora forse vi sono diversi modi di esser se stessi?<br />

Abbiamo come una infinita possibilità di livelli, di piani di realizzazione, un ventaglio di scelte<br />

nella vita terrena; ma se seguiamo Dio non possiamo far altro che seguire la nostra “vita nascosta in<br />

Lui” che non conosciamo, ma che Lui conosce. Prendiamo il profeta Geremia: era più se stesso<br />

quando viveva tranquillo o quando in certi momenti si sentiva “costretto, per amore” a seguire un<br />

suo destino specifico come profeta di Dio? A volte la sua mente rifiutava questo ruolo, ma il suo<br />

cuore non poteva che accettarlo (Ger. 20:7-18). Prendiamo dunque il significato originario di<br />

“persona” che è “maschera”. La “persona” era solo il personaggio dell’attore in teatro. Noi siamo<br />

“persone” che non hanno consapevolezza di essere tali. Rivestiamo delle immagini, dei personaggi,<br />

e siamo quei personaggi. Ci crediamo, li impersoniamo e ci identifichiamo con onestà nel ruolo di<br />

cristiano, di marito, di moglie, di avvocato, di psicologo, di insegnante, di autista… e magari<br />

terminiamo il passaggio terreno credendo questo; ma lo siamo? Siamo davvero noi stessi in quel<br />

personaggio che mostriamo al mondo? Chissà. Quale sia tra tutti quello vero non lo sappiamo. “è<br />

nascosto in Cristo”. Salomone fu un grande, ebbe la strada facile e tutti gli strumenti per mantenersi<br />

tale, ma forse verso la fine della sua vita divenne molto piccolo davanti a Dio. Anche Saul che andò<br />

ad evocare uno spirito tra i morti, chissà davanti a Dio come sarà considerato? E quel ladrone che si<br />

pentì accanto a Gesù, chissà se la sua statura nel cielo non sarà più grande di loro? E allora chi<br />

siamo noi? Ciò che siamo veramente è “nascosto in Cristo” ed è probabilmente molto diverso da<br />

quell’immagine che mostriamo al mondo. Nel nostro cammino cercheremo queste verità. Dio solo<br />

può dirci chi siamo veramente. “in Spirito e verità”. Come un figlio che sa di essere adottato non<br />

potrà non cercare la vera madre il vero padre per tutta la vita -non per curiosità ma per riunificare<br />

una parte spezzata e ferita del suo cuore- così noi non possiamo non desiderare l’unità con Dio e<br />

riscoprire in Lui quella parte che ancora ci manca, il nostro nome vero, per ora nascosto in Lui, o<br />

nella memoria della creazione di cui in noi rimane una scintilla insopprimibile. Ma verrà<br />

certamente questo nome (Apoc. 2:17), anch’io lo conoscerò, ed anche tu; ed allora nell’unità con<br />

Dio e nel Suo amore che ci unisce e ci fa riconoscere, saremo finalmente noi stessi.<br />

9. Non più protagonista ma spettatrice - 1 Gennaio 2000 di Carmela<br />

Ho sempre vissuto la mia vita come protagonista. Vivevo guardando dall'alto verso il basso. So di<br />

essere arrivata alla fermata. Sono rimasta un po' sconcertata perché non riuscivo bene a definire il<br />

senso di questo "stop". All'inizio ho interpretato questo momento come la fine di tutto, la fine della<br />

mia vita e quindi la morte. Istintivamente e umanamente ho avuto molta paura; smarrita, mi sono<br />

voltata indietro cercando di aggrapparmi al mio vissuto credendo di trovare lì la forza per


continuare. Ma quello ormai era solo vissuto e apparteneva al passato. Momenti bellissimi vissuti<br />

intensamente da lasciare solo nei ricordi . No. Non dovevo tornare indietro. Continuare ad andare<br />

avanti. Ma come? Sono avvilita , impaurita. Sto perdendo o sto trovando qualcosa ? Ma perché<br />

continuo ad essere sempre io la protagonista della mia vita? Ecco !!!! certo, non poteva essere che<br />

questo l'inizio. <strong>Il</strong> capovolgimento della mia posizione. Si. Dal basso verso l'alto. Non più<br />

protagonista ma spettatrice. Dall'alto si corre il rischio di cadere. Ed io sono caduta. Tante volte.<br />

Soccorsa dalle misericordiose mani di nostro Signore mi sono sempre rialzata. Lo so, il Signore<br />

nella sua infinita grazia mi è sempre stato accanto non mi ha mai abbandonata. Anche adesso. Ho<br />

svoltato l'angolo, ma non è l'oscurità, non è la morte che ho incontrato, bensì la vita, quella vera .<br />

Non più protagonista ma spettatrice. Camminerò, andrò avanti tenendomi stretta alle Tue mani<br />

seguendo dal basso, e solo i miei occhi e il mio cuore saranno rivolti verso l'alto.<br />

10. Se stessi in chiave filosofica<br />

Breve stralcio tratto da: “L’uomo: chi è?” elementi di antropologia filosofica di Battista Mondin -<br />

Ed. Massimo – MI. “Autotrascendenza e spiritualità” (p.II cap.I pg 326 e segg.)<br />

Trascendere vuol dire “superare, oltrepassare”. L’”autotrascendenza” è “la trascendenza dell’uomo<br />

rispetto a se stesso, ovvero la costante tensione dell’uomo a superare se stesso, essere<br />

continuamente fuori di sé e oltre se stesso”. Vi sono tre filoni diversi di filosofi: “gli esistenzialisti, i<br />

marxisti e i cattolici” [nel testo è usato questo termine ed io lo riporto, ma personalmente ritengo<br />

più corretto dire “cristiani” perché dubito che i filosofi religiosi siano una esclusività cattolica.<br />

N.d.r.], che danno interpretazioni diverse in merito a questo argomento. L’autotrascendenza può<br />

essere “orizzontale o storica, e verticale o metafisica. “Autotrascendenza orizzontale, quando<br />

l’uomo effettua il superamento di se stesso guardando avanti e orientandosi verso le cose future nel<br />

pensare volere agire”; e si suddivide in a.o.”egocentrica, quando ha di mira un maggiore stato di<br />

perfezione per il soggetto; e a.o. filantropica, quando ha di mira il perfezionamento della società”.<br />

L’autorascendenza verticale (o metafisica), “quando l’uomo si innalza sopra se stesso guardando in<br />

altro e avvertendo la propria finitudine” L’autotrascendenza è il movimento con cui l’uomo<br />

scavalca sistematicamente se stesso, tutto ciò che è, tutto ciò che ha acquistato, tutto ciò che pensa,<br />

vede o realizza. Ma ogni movimento ha una direzione, punta verso un traguardo. Ora ci<br />

domandiamo: dov’è diretta l’autotrascendenza?<br />

a) concezione egocentrica – Platone, Aristotele, Stoici, Cartesio, Freurbach, Hegel, Nietzsche,<br />

Heidegger, Sartre<br />

b) concezione filantropica – Marx, Comte, Bloch, Marcuse, Garaundy<br />

c) concezione teocentrica – Blondel, Rahner, Marcel, Metz, Boros, Lonergan, De Finance ..<br />

“…l’autotrascendenza, essendo un movimento, esige un senso,un traguardo, una meta. Ma s’è<br />

già visto in precedenza che né l’io né l’umanità possono fornire il senso richiesto. Perciò non<br />

resta altra possibilità che riconoscere che il senso ultimo dell’autotrascendenza sia fuori<br />

dell’uomo e venga fornito da Dio stesso. L’uomo non esce dai confini del proprio essere per<br />

sprofondare nel nulla, ma esce da sé per tuffarsi in Dio, il quale è l’unico essere capace di<br />

portare l’uomo nella perfetta e perenne realizzazione di se stesso”<br />

B) DIALOGO COI LETTORI: L’AMORE - Iniziamo un altro argomento su cui spero<br />

di sentire le vostre opinioni e testimonianze: l’amore in tutte le possibili, serie, utili<br />

forme<br />

1) PERCHE’ CERTI AMORI FINISCONO? Di Renzo Ronca


Noi non riusciamo a vedere la realtà delle cose, ne percepiamo l’immagine. L’esterno<br />

illude, sembra immutabile; la realtà interna è un mutamento continuo. Una persona non è<br />

quello che sembra: è una trasformazione continua rivestita di un’immagine che mantiene<br />

abbastanza lungamente certe caratteristiche somatiche; certo cambiano anche queste,<br />

ma, ai nostri occhi terreni, molto lentamente. Immaginate qualcosa in movimento: un<br />

temporale, il vento del deserto, il mare, la fiamma che brucia… immaginate, se possibile,<br />

di prenderne una parte e rivestirla di un corpo autonomo, apparentemente indipendente e<br />

di chiamarla “persona”. Quando con gli amici e la famiglia scattiamo delle foto ricordo<br />

fermiamo un attimo di un insieme sempre in movimento; ma non è veritiero. Dentro la<br />

persona si susseguono innumerevoli stati d’animo che generano moltissime emozioni che<br />

non si ripeteranno mai più allo stesso modo. Noi cresciamo, ci evolviamo, ci modifichiamo<br />

perennemente. Non importa per ora sapere in che direzione, in che segno, se positivo o<br />

negativo… infatti come c’è una evoluzione tra le mani di Dio che sempre crea la vita, c’è<br />

una evoluzione contraria, una involuzione che le è contraria (pensate al tumore) distruttiva,<br />

che non sempre sappiamo evidenziare… resta il fatto che siamo un’espansione continua<br />

interna che si manifesta in azioni e decisioni che interagiscono con altri esseri simili che a<br />

loro volta sono in trasformazione. L’innamoramento è la foto di uno di questi attimi che per<br />

noi ricopre un significato molto particolare e ci impressiona profondamente e lungamente<br />

lasciando un intenso segno emotivo che ci condiziona. <strong>Il</strong> sentimento, la foto di<br />

un’emozione profonda che ci sconvolge, ci avvolge e ci cattura. Se io ripenso a qualche<br />

donna che ho amato ricordo con esattezza ciò che di lei mi fece innamorare: ciò che disse,<br />

come lo disse, un suo gesto, uno sguardo, un sorriso… Ora tralasciamo il perché ci ha<br />

colpito quel particolare gesto o quel particolare timbro della voce, soffermiamoci<br />

sull’impronta che ne abbiamo ricevuto. Ecco, io se penso a quella persona penso a ciò<br />

che mi fece innamorare, non ho l’idea reale di lei, ma l’idea “sentimentale-personale”, se<br />

così si può dire. Tanto più forte è l’impressione ricevuta e tanto più c’è il rischio di “fermare<br />

il tempo” rimanendo attaccati ad un’immagine più che a una persona vera. Quella persona<br />

rappresenta per me qualcosa di preciso e sarà irresistibile fino a che lo rappresenterà; ma<br />

lo è veramente? E se anche fosse, fino a quanto lo rappresenterà? Per quanto sia<br />

piacevole e romantico non si può fermare la trasformazione della vita a quell’incontro<br />

specifico di quella domenica di tanti anni fa nell’incontro di due innamorati. <strong>Il</strong> calendario<br />

scorre. E allora che significa, che finisce l’amore? Ci contattano spesso persone serie, di<br />

saldi principi morali, eppure sorprese amaramente perché il loro matrimonio sembra fallito.<br />

Non riescono ad accettare che quell’amore, una volta vivo, possa essere finito. Ma non è<br />

l’amore che finisce: l’amore è un movimento non può finire, sono le persone che si<br />

fermano o seguono movimenti diversi. Pensate alle stelle cadenti: immaginiamo di essere<br />

tutti come stelle in movimento nello spazio infinito… quando mi innamorai di mia moglie e<br />

lei si accorse di me, furono due stelline non più sole che volavano insieme… insieme. E’<br />

questo il punto. Molte coppie pur vivendo sotto lo stesso tetto non vivono insieme. Non<br />

hanno la stessa direzione. Come mai? Uno cresce l’altro decresce o si ferma… movimenti<br />

diversi non più in sintonia. Nell’innamoramento le due stelle sono così unite da sembrare<br />

una sola, è facile avere l’illusione di andare insieme; ma è dopo, nell’amore maturo che si<br />

vede veramente. Mio padre, un contadino mezzo toscano mi faceva sempre l’esempio del<br />

carro tirato da due buoi: i buoi hanno un unico timone e sono collegati da un giogo che<br />

poggia loro sul collo… va dritto solo se entrambi i buoi tirano nella stessa direzione; se<br />

uno tira a destra e l’altro a sinistra c’è un grande sforzo, il carro sta fermo, il carrettiere urla<br />

e alla fine il giogo si spezza. La direzione in una coppia è fondamentale. Avere la stessa<br />

direzione significa camminare insieme, crescere insieme. Se cresce solo una persona<br />

(generalmente quella che va in crisi) allora il rapporto è in pericolo. O l’uno è cresciuto<br />

troppo senza aspettare o l’altro si è adagiato in una posizione statica e superficiale


diventando solo un peso. Non c’è da meravigliarsi se il nostro patner non ci capisce più,<br />

forse siamo cambiati noi e non lui. Prendersela con lui o con lei è inutile. Fermiamoci e<br />

facciamo il punto della situazione. L’esame del passato è utilissimo, purché non ci si<br />

seppellisca nel passato. La direzione di una coppia è fondamentale. Se la coppia è<br />

cristiana e pratica la stessa fede è avvantaggiata perché può adagiare il proprio<br />

comportamento sui binari delle Scritture ed insieme vedere se qualcuno “ha deragliato”<br />

per inavvertenza o proprio per una scelta consapevole. Siamo maturi per affrontare certe<br />

verità di coppia? Amare non è anche il coraggio di mettersi in confronto con l’altro? E<br />

qual’è il “nutrimento” dell’amore, in questi casi?<br />

Vorrei lasciare aperto questo articolo senza approfondire troppo e proseguirlo, se<br />

possibile, assieme a voi. Allora, perché certi amori finiscono? Ci sono opinioni,<br />

testimonianze, consigli? Parliamone. Facciamo in modo che “IL RITORNO” sia composto di<br />

tante pagine aperte per il bene comune. Scrivete. A volte una parola anche modesta può<br />

illuminare e risolvere situazioni terribili, ve lo assicuro.<br />

2. AMORE PERDUTO - Liberamente tratto da una registrazione di “Gran tour” – Rai<br />

educational - condotto da Mino D’Amato – 1997 - Psicologo: Giacomo Dacquino<br />

Amori finiti ed amori falliti. Ci sono degli amori che finiscono, si estinguono per stanchezza, per<br />

diversi motivi; e questi non fanno soffrire; come certi capi di abbigliamento, lesi dall’uso. Invece<br />

quelli falliti (che portano molti a richiedere il nostro aiuto), hanno una grossa coda di dolore,<br />

aggressività, esasperazione… ma soprattutto una caduta dell’autostima, dell’autofiducia. […]<br />

Bisogna smobilitare tutte le energie affettive dal 1° patner, non mantenere in esso più niente, per poi<br />

poterle mobilitare nel 2° patner. Questo è un processo che comporta “l’elaborazione del lutto”, che<br />

in un periodo (parlo sempre di amori da perdita, che creano una certa tensione) di transizione, dove<br />

l’individuo metabolizza, cioè elabora il dolore. Questo periodo per una persona adulta va da due a<br />

tre anni. Poi ci sono gli immaturi, che ogni mese si innamorano… “basta che respiri”.. amori da<br />

adolescenti a ripetizione. […] [Agli adolescenti] noi consigliamo di avere un certo<br />

“sfarfalleggiamento adolescenziale”, perché innamorarsi del primo a 15 anni, l’unico, per poi<br />

viverci sempre, significa non avere confronti. […] In campo psicologico c’è il concetto di<br />

“metabolizzazione del dolore”, cioè usare il dolore per diventare migliori. Molta gente nel dolore<br />

regredisce, cioè diventa più aggressiva verso se stessi e verso gli altri. La persona matura in senso<br />

psico-affettivo, non prende il dolore e [non] se lo avvolge attorno come una coperta di Linus; non<br />

c’è il “naufragar m’è dolce in questo mare”, ma lo utilizza, lo metabolizza per diventare migliore,<br />

meno aggressivo, meno cattivo.. impara anche la lezione che il dolore gli dà; perché dietro al dolore<br />

c’è sempre una lezione. Elaborare il dolore perché in ciascuno di noi c’è il bambino che dice “.. non<br />

mi ama più, allora non valgo nulla”. <strong>Il</strong> bambino quando dubita dell’amore dei genitori mette in crisi<br />

i suoi valori. Anche da adulti ci portiamo appresso questa eredità; ed ogni amore perduto è un colpo<br />

di piccone alla nostra autofiducia e alla nostra autostima e ritorniamo spesso come bambini. <strong>Il</strong> non<br />

trascurare l’amicizia è importante perché nel momento che va male l’amore, l’amicizia ti sostiene;<br />

molti si innamorano e si staccano da tutti, dagli amici, così poi restano a volte senza amici e senza<br />

amore. […] Sotto le lenzuola si aggiustano molte cose, ma non sempre; non è sempre così… perché<br />

spesso non c’è un desiderio di baciare o essere baciati quando finisce l’amore. C’è una realtà ben<br />

profonda che bisogna rispettare, che spesso l’altro o l’altra non capisce. Sembra impossibile –questo<br />

è un capitolo a sé- gente che continua ad amare senza essere corrisposta… mandano regali,<br />

diventano persecutori.. messe in scena… folclore… che irritano e fanno allontanare sempre più.<br />

[…] [Molti amori finiscono anche] per una patologia nuova, dell’ultimo decennio, la cosiddetta<br />

“sindrome di Rebecca” (dal film in cui un nobile inglese morta la prima moglie ne sposa un’altra; e


questa soffre così tanto per i confronti con la prima moglie morta che entra in crisi…): si tratta di un<br />

gelosia retroattiva. Infatti non sono più i tempi della nonna in cui c’era u solo uomo, una sola<br />

donna: oggi vi sono molti fidanzati e spesso più matrimoni.. quindi più confronti. Allora quando<br />

uno dei due fa dei confronti diretti tipo “quella prima cucinava meglio” oppure “quello prima<br />

baciava meglio” o peggio confronti sessuali, rovinosi e sempre deleteri, allora si entra in crisi e si<br />

ricorre poi allo psicologo.<br />

[Domanda del conduttore televisivo] Amori ritrovati. Quanto sono forti? Poi, un amore<br />

abbandonato, consumato, consente di ritrovare a distanza di anni la stessa forza, lo stesso<br />

desiderio?<br />

Fino ai 22, 25 anni direi di si; dopo no perché la psiche è dinamica e va avanti e probabilmente se<br />

hanno un blackout di qualche anno ognuno va per la sua strada perché cambiano ritrovo, abitudine,<br />

cambia anche la disponibilità oggettiva. Io non credo alle grandi riconciliazioni. Spesso questi<br />

grandi ritorni sono grandi atti di debolezza: si torna dalla “grande madre” o dal “grande padre”<br />

perché si è vissuto in quel periodo un momento buono, nell’illusione che si possa ripetere; ma è solo<br />

un’illusione.<br />

La Speranza nella Bibbia. (tratto dal periodico “Sichem” in rete – a cura del pastore<br />

Massimiliano Pagliai)<br />

La speranza e la fede sono due cose diverse, eppure sono strettamente vincolante l'una all'altra. È<br />

impossibile parlare di fede senza parlare della speranza: la speranza anima la fede ed il pensiero. Se<br />

volessimo fare un paragone la fede senza la speranza sarebbe come un'automobile senza motore. La<br />

speranza di cui parliamo non deve essere intesa come il timore che avvenga qualcosa di male, né<br />

come attesa fiduciosa che avvenga qualcosa di buono. Qui ci troviamo di fronte ad una speranza<br />

avente carattere individuale, egoistica; sia nel primo, che nel secondo caso, ci si sente in balia degli<br />

eventi, e si creano degli idoli, o si ricorre alla magia, per superare o modificare, gli eventi negativi,<br />

e per favorire quelli positivi. La speranza di cui parla la Bibbia è la speranza che si fonda in Dio.<br />

Ma cosa ha la speranza in Dio di così particolare che la differenzia dalla speranza intesa come<br />

timore o come attesa fiduciosa? La risposta ci viene dal salmo 78, vv. 5-7: "Egli (Dio) stabilì una<br />

testimonianza in Giacobbe, istituì una legge in Israele e ordinò di farla conoscere ai loro figli,<br />

perché fossero note alla generazione futura, ai figli che sarebbero nati. Questi le avrebbero<br />

raccontate ai loro figli, perché ponessero in Dio la loro speranza e non dimenticassero le opere di<br />

Dio, ma osservassero i suoi comandamenti.". Nel salmo146, vv. 5-9, leggiamo: "Beato colui che ha<br />

per aiuto il Dio di Giacobbe e la cui speranza è nel Signore, suo Dio, che ha fatto il cielo e la terra il<br />

mare e tutto ciò che in essi; che mantiene la fedeltà in eterno, che rende giustizia agli oppressi, che<br />

dà il cibo agli affamati. <strong>Il</strong> Signore libera i prigionieri, il Signore ama i giusti, il Signore protegge i<br />

forestieri, sostenta l'orfano e la vedova, ma sconvolge la via degli empi.". La speranza in Dio trova<br />

la sua giustificazione, o per dirla meglio, il suo fondamento, nel fatto che grazie alla fede siamo in<br />

grado di comprendere che Dio è il nostro creatore, che opera nella storia degli esseri umani, che egli<br />

rende giustizia a coloro che lo invocano. La speranza che si ripone in Dio non è dunque una mera<br />

illusione o utopia che dir si voglia, perché è fondata sull'opera di Dio, ossia su qualcosa di concreto,<br />

e non su un principio umano anche se lodevole e degno di ogni rispetto. Questa speranza ci<br />

permette di affrontare anche i momenti di difficoltà, esempi possiamo averli dal libro di Giobbe, il<br />

quale pur lamentandosi a causa della sofferenza che stava provando in quel momento, una<br />

sofferenza che riteneva ingiusta, non perde la speranza; nel libro delle Lamentazioni si esprime tutta<br />

la drammaticità del giudizio di Dio rappresentato dalla conquista di Gerusalemme da parte dei<br />

babilonesi: "Ricordati della mia afflizione, della mia vita raminga, dell'assenzio e del veleno! Io me<br />

ne ricordo sempre, e ne sono intimamente prostrato. Ecco ciò che voglio richiamare alla mente ciò


che mi fa sperare: è una grazia del Signore che non siamo stati completamente distrutti; le sue<br />

compassioni infatti non sono esaurite; si rinnovano ogni mattina. Grande è la tua fedeltà! io dico, . <strong>Il</strong> Signore è buono con quelli che sperano in<br />

lui, con chi lo cerca. È bene aspettare in silenzio la salvezza del Signore" (cap. 3, 19-26). In Romani<br />

5 leggiamo: "Giustificati dunque per fede abbiamo pace con Dio per mezzo di Gesù Cristo, nostro<br />

Signore, mediante il quale abbiamo anche avuto, per la fede, l'accesso a questa grazia nella quale<br />

stiamo; e ci gloriamo nella speranza della gloria di Dio; non solo, ma ci gloriamo anche nelle<br />

afflizioni, sapendo che l'afflizione produce pazienza, la pazienza esperienza, e l'esperienza speranza.<br />

Or la speranza non delude, perché l'amore di Dio è stato sparso nei nostri cuori mediante lo Spirito<br />

Santo che c'è stato dato." (vv. 1-5). In questo caso Paolo affermando che l'afflizione produce<br />

perseveranza, mostra che l'esultanza nelle afflizioni non è una esultanza in esse, Paolo non è<br />

masochista, ma è un'esultanza in qualcosa a cui Dio ci sottopone come parte della disciplina, con la<br />

quale ci insegna ad attendere con pazienza la sua liberazione: là dove Dio sostiene la fede,<br />

l'afflizione produce perseveranza. Quanto maggiore è il peso delle tribolazioni, tanto maggiore è la<br />

forza di sopportazione; quanto maggiore è la forza di sopportazione, tanto maggiore è la virtù<br />

provata, tanto maggiore la speranza, giacché ogni prova superata è un preludio della vittoria<br />

definitiva e totale, speranza che non può essere motivo di vergogna, alla quale cioè non può<br />

mancare il coronamento della gloria. La speranza porta quindi ad affrontare le prove della vita,<br />

anche le più terribili, in quanto si basa sulla convinzione che Dio non abbandona coloro che<br />

soffrono, la sua giustizia non viene mai meno. <strong>Il</strong> salmista può così affermare: "Anima mia, trova<br />

riposo in Dio solo, poiché da lui proviene la mia speranza... Non abbiate fiducia nella violenza non<br />

mettete vane speranze nella rapina; se le ricchezze abbondano si distacchi da esse il vostro cuore.<br />

Dio ha parlato una volta, due volte ho udito questo: che il potere appartiene a Dio; a te pure, o<br />

Signore, appartiene la misericordia; perché tu retribuirai ciascuno secondo le sue azioni." (Salmo<br />

62, 5. 10-12). Nel libro dei Proverbi leggiamo: "<strong>Il</strong> tuo cuore non porti invidia ai peccatori, ma<br />

perseveri sempre nel timore del Signore; poiché c'è un avvenire, e la tua speranza non sarà delusa."<br />

(cap. 23, 17-18); ed ancora: "Non dire: ; spera nel Signore ed egli ti salverà."<br />

(cap. 20, 22). Anche nella 1 Timoteo leggiamo: "Ai ricchi in questo mondo ordina di non essere<br />

d'animo orgoglioso, di non riporre la loro speranza nell'incertezza delle ricchezze, ma in Dio, che ci<br />

fornisce abbondantemente di ogni cosa perché ne godiamo; di far del bene di arricchirsi di opere<br />

buone, di essere generosi nel donare, pronti a dare così da mettersi da parte un tesoro ben fondato<br />

per l'avvenire, per ottenere la vera vita." (cap. 6, 17-19). La speranza in Dio ha dunque delle<br />

conseguenze anche in ambito sociale, in quanto permette di rispettare il proprio prossimo, non<br />

opprimendolo, ed anche impedendo la vendetta personale, quindi potremo dire che la speranza in<br />

Dio è anche alla base del diritto civile e penale. <strong>Il</strong> cristianesimo è una religione di attesa che cerca<br />

avidamente il futuro e perciò si basa sulla speranza. Cristo è l'asse attorno a cui ruota la speranza. È<br />

venuto a parlare agli uomini che erano senza speranza: "Ricordatevi che in quel tempo eravate<br />

senza Cristo, esclusi dalla cittadinanza di Israele ed estranei ai patti della promessa, senza speranza<br />

e senza Dio nel mondo" (Efesini 2, 12). Per Paolo la persona che in qualche modo personifica la<br />

speranza è Abramo: "Egli sperando contro speranza, credette, per diventare padre di molte nazioni,<br />

secondo quello che gli era stato detto: Così sarà la tua discendenza." (Romani 4, 18). Abramo infatti<br />

ebbe da Dio la promessa di avere una prole quando oramai lui e la moglie erano avanti negli anni.<br />

Questo ci dice che alla grazia di Dio corrisponde da parte dell'uomo la fede. La fede è<br />

l'atteggiamento dell'uomo che davanti a Dio abbandona ogni fiducia nel proprio essere, nel proprio<br />

agire, nel proprio avere, e pone la sua esistenza sulla fiducia nell'opera salvifica compiuta per grazia<br />

di Dio nell'evento del Cristo attestato nell'Evangelo (Romani 4, 19 e seguenti). Cristo Gesù è quindi<br />

nostra speranza di vita: "... la promessa della vita che è in Cristo Gesù" (1 Timoteo 1, 1), come ci<br />

ricorda anche la lettera agli Ebrei: "Così Dio, volendo mostrare con maggiore evidenza agli eredi<br />

della promessa l'immutabilità del suo proposito, intervenne con un giuramento; affinché mediante<br />

due cose immutabili, nelle quali è impossibile che Dio abbia mentito, troviamo una potente<br />

consolazione noi, che abbiamo cercato il nostro rifugio nell'afferrare saldamente la speranza che ci


era messa davanti. Questa speranza la teniamo come un'ancora dell'anima, sicura e ferma, che<br />

penetra oltre la cortina, dove Gesù è entrato per noi quale precursore, essendo diventato sommo<br />

sacerdote in eterno secondo l'ordine di Melchisedec." (cap. 6, 17-20). Se per noi l'oggetto della<br />

speranza è Cristo, la meta alla quale tende la nostra speranza è la vita eterna: noi siamo eredi della<br />

vita eterna (Tito 3, 7). La speranza produce anche gioia, in Romani 15, 13 leggiamo: "Or il Dio<br />

della speranza vi riempia di ogni gioia e di ogni pace nella fede, affinché abbondiate nella speranza,<br />

per la potenza dello Spirito Santo.". Naturalmente qui la gioia è rappresentata dall'Evangelo che è la<br />

realizzazione delle promesse di Dio, base fondamentale per la speranza, in Gesù Cristo che ci dona<br />

la sua giustizia e con essa la vita eterna. Questa speranza però va condivisa anche con gli altri; ciò<br />

avviene nel testimoniare la nostra speranza in Dio per mezzo di Gesù Cristo nella vita di tutti i<br />

giorni: "Siate sempre pronti a rendere conto della speranza che è in voi a tutti quelli che vi chiedono<br />

spiegazioni." (1 Pietro 3, 15). Come si può ben capire, la speranza è legata al futuro, influenzando<br />

però anche il presente, una cosa che possiamo notare in Romani 8, 24-25: " Poiché siamo stati<br />

salvati in speranza. Or la speranza di ciò che si vede, non è speranza; difatti, quello che uno vede,<br />

perché lo spererebbe ancora? Ma se speriamo ciò che non vediamo, lo aspettiamo con pazienza.".<br />

Per quanto l'azione salvifica di Dio ha già avuto luogo in Gesù Cristo, il suo effetto definitivo, il<br />

potere gustare la nostra salvezza, rimane ancora nel futuro. La speranza dunque ci permette di<br />

mettere in pratica, o per dirla in altre parole, di vivere la nostra fede in tutte le occasioni della nostra<br />

vita nell'attesa di condividere la risurrezione di Gesù Cristo.<br />

Un pensiero di Martin Luther King che ci invia Enza<br />

Anche se avrò aiutato una sola persona a sperare, non avrò vissuto invano.<br />

ESPANSIONE - 2 (accenno di Renzo Ronca)<br />

Nessuna etichetta, nessuna divisa, nessuna appartenenza se non a Dio solo, in una crescita continua<br />

tra le Sue dita, non classificabile. Una metamorfosi continua in cui il nostro "io" si abbandona<br />

sicuro e non chiede più ragioni al suo cambiare. Questo semplice pensiero comporta innumerevoli<br />

conseguenze pratiche: al salire della scala di Giacobbe, chi sta più in alto non dice più "io sono di<br />

questa o quella chiesa", ma abbraccia gli altri nei diversi scalini delle varie fasi di crescita e dice a<br />

tutti: "io sono di Dio, come te, saliamo insieme". Si comprende che le parole sono un'espressione<br />

umana e limitata che avvicinano ai pensieri, ma che pensieri non sono; e che Dio è una somma di<br />

pensieri che costituiscono un Essere ben vivo ed autonomo, che ci avvolge e ci fa vivere in Lui<br />

come uno dei Suoi tanti pensieri. Un Padre nel senso che ha generato e genera sempre la vita; e la<br />

vita è un’alba crescente e sempre radiosa; e siamo noi quell’alba, il nostro cuore, e i raggi sono i<br />

nostri pensieri luminosi, che amando danno luce a chi ancora è nel buio. Disegnare l’espansione?<br />

Come puoi raffigurare lo spirito, la vita che pulsa? Puoi fotografare il cuore ma non ciò che lo<br />

anima. Non puoi prendere la fiamma ma solo assistere alla sua trasformazione dallo stato solido in<br />

quello aereo. Così siamo noi, una trasformazione continua che arde nel fuoco dell'amore, del<br />

ricordo, della nostalgia, dell’unità e della speranza. Quanti colori quando preghiamo insieme! E che<br />

vuol dire se sei cattolico o protestante? Com'è il tuo cuore? E' davvero davanti a Dio? Allora va<br />

bene, non puoi non accorgerti di me; ed anch'io ti vedo e ti sento come me. Espansione,<br />

santificazione. Non sei contento che Dio ti ha scelto e ti parla? E non senti come è potente la sua<br />

mano che ti plasma? Non averne paura, lascialo fare. Istintivamente quando andiamo per una visita<br />

dal dottore vorremmo togliergli la mano che va subito nel punto nostro che duole facendoci ancora<br />

più male... ma ci sta curando, saggia il livido e sente se quella ferita si è rimarginata o se ancora<br />

sanguina... lasciamolo fare... e se anche ci osserva come lo psichiatra mettendo inesorabilmente a<br />

nudo le nostre ombre scure, lasciamolo fare.. come potremmo crescere senza prima aver preso<br />

coscienza delle nostre paure? E come potremmo superare le paure se non riusciamo ad avere fiducia<br />

in chi ci ama? Alle volte è il nostro peccato che ci spaventa, ma se il Signore ce lo mostra un<br />

momento è solo perché ci considera più adulti di prima e mentre ci libera ci fa addirittura


partecipare, regalandoci persino l’illusione di un merito. Vieni fratello, vieni anche tu sorella... non<br />

sei sola, nessuno è solo... la preghiera, la meditazione, l'ascolto delle parole di Dio ci uniscono<br />

anche se non ci vedremo forse mai umanamente. Però spiritualmente si. Siamo vicini. Ci<br />

"sentiamo" come sentiamo la presenza dello Spirito di Dio, come sento mia figlia nell'altra che fa<br />

dei tentativi per suonare il flauto... è la ricerca della musica che abbiamo in comune noi cristiani, la<br />

ricerca dell'armonia che ci permea e ci esorta … vieni anche tu. Non ci sono note stonate nella casa<br />

di Dio.<br />

Per ulteriori spiegazioni o per approfondire inviare a: ritorno@usa.net oppure a: "Piccola<br />

Iniziativa Cristiana" c.p.39 – 01019 - Vetralla (VT) – tel. 0339-2608825<br />

“Meditazione n. 2 “Sono io che ti parlo…. <strong>Il</strong> perdono”<br />

[dopo la preparazione e l'introduzione, allontanate le fonti di distrazione, messo il cuore in<br />

Dio, direttamente al centro della preghiera, in un momento di pace e silenzio, da soli]<br />

“A te alzo i miei occhi… come gli occhi dei servitori sono rivolti....” (Sal 123:1-2)<br />

... come farò Signore con tutte queste cose che mi preoccupano a meditare, a restare in<br />

tua compagnia? <strong>Il</strong> mio desiderio si scontra con le ansie giornaliere...<br />

"Io sono colui che ti parla" (Matt. 18:20)<br />

Tu sei con me. In me. La tua voce mi sorprende. Mi rassicura. "...io sono colui che ti<br />

parla..." che grande miracolo così potente e così dolce...<br />

"..perché dove 2 o 3 sono riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro..." (Matt. 18:20)<br />

Non è una presenza solo personale, ma anche comunitaria, in una famiglia, in una chiesa... forse<br />

insieme a me, adesso, tante altre persone sono riunite nel tuo nome... forse persone che sembrano<br />

sole come me, in realtà sono unite nella preghiera dalla Tua presenza... questa è la vera Chiesa... ti<br />

ascolto umilmente Signore, insieme a loro.... tu sei il centro ed io ti ascolto tutti noi ascoltiamo,<br />

come la folla dei miei pensieri, ordinata e silenziosa, riunita attorno a te, osservando il tuo volto ed<br />

aspettando le tue parole… aspettando da te la guida, l'indicazione, come servitori inutili senza le tue<br />

espressioni d'amore, che tu solo puoi coordinare...<br />

"...perdona fino a settanta volte sette...." (prosecuz. v.20)<br />

<strong>Il</strong> perdono. Come l'amore, il perdono parte da te in una sorgente e poi si diffonde come<br />

un fiume... tu perdonasti me quando mi venisti vicino… io so perdonare me stesso? Io<br />

non so perdonare…<br />

“non avevano ancora capito il fatto dei pani, essendo il loro cuore indurito..” (Mar. 6:52)<br />

si. E’ difficile capire che non dipende dalle nostre forze, che sei tu a moltiplicare la forza.<br />

La potenza, il cibo, la grazia… a noi è chiesto di agire sulla fede, sulla tua parola, fidandoci<br />

di te… da solo io mi perdo nella tempesta delle mie preoccupazioni giornaliere e mi<br />

dimentico che tu sei con me (Mar. 6:49) mi prende la paura e solo la tua voce mi


assicura quando mi dici “fatevi animo sono io non abbiate paura..” <strong>Il</strong> perdono viene da te.<br />

Ci vesti con questo abito che non sappiamo di indossare. Perdonare prima me stesso. Col<br />

tuo aiuto ce la farò, perché tu già mi hai accolto ed è solo la mia durezza che mi impedisce<br />

alle volte di sciogliere il cuore e di essere gratificato della tua presenza. Aiutami a<br />

perdonare come tu perdonasti, fa che non ricordi il male… toglilo via da me, che non<br />

produca i suoi frutti ingannevoli… nessuno di noi, quando è raccolto nel tuo nome, è<br />

abbandonato… tu sei con noi, sei tu quello che ci parla… e com’è serena la tua parola, e<br />

quanto bene ci fa…. <strong>Il</strong> pensiero del tuo perdono mi seguirà nella giornata e come il pane<br />

che tu moltiplichi io lo distribuirò. Sia lode a te, mio Signore.<br />

Sentimenti, poesie, arte e pensieri<br />

La crescita dell’amore di Alberto Bonifazi<br />

Se tutto si ripete io non sono lo stesso. \ <strong>Il</strong> primo amore è dato, poi ti viene tolto perché tu lo cerchi<br />

apprezzandolo. Ti pare di trovarlo, alle volte, e dimentichi quanto hai sofferto. E ti viene tolto<br />

ancora. E devi camminare. Devi spingerti più avanti. Un’altra casa, un’altra donna con un nome<br />

nuovo. Sembra facile e solo tua; poi dietro, la strada continua e ti trovi lontano. Hai smarrito la via e<br />

cercano di ucciderti. Ma ti prendono per mano e ti dicono di una nuova casa. Occhi splendidi ti<br />

obbligano a restare e pensi “si, questa è casa mia”. Poi ti guardi intorno ferito e senza forze. Cerchi<br />

quella mano piangendo. \ E intanto sei cambiato, senza rendertene conto. Non può essere stato<br />

inutile l’amore e la sofferenza, che sempre hai provato. Chi ti guida non ha legami né limiti. Egli<br />

vede, vive, è vicino, la Sua mano è con te. La Sua casa è grande.<br />

Un vuoto misterioso di Carmela<br />

Dentro di noi c’è un vuoto misterioso. Non si può colmare con genitori, figli, marito, amici ecc.<br />

L’accettazione tranquilla e consapevole di questo vuoto è la nostra crescita elevata e matura. Lo<br />

devi guardare in faccia. Affrontarlo e accettarlo giorno per giorno. Se invece, pur sapendo che c’è<br />

questo vuoto, ne abbiamo paura e non lo accettiamo e quindi lo rivestiamo di altre cose (famiglia,<br />

lavoro, amicizie, emozioni, ideali, ecc.), apparentemente e per un certo tempo sembra che lo<br />

superiamo e non ci fa più paura, ma quando cadono questi rivestimenti, allora ce lo ritroviamo di<br />

nuovo, fino a che non lo affrontiamo nella verità. Quando Dio ci rivela la Sua presenza e la certezza<br />

di non essere mai da Lui abbandonati né delusi, allora il vuoto si riempie e attraverso questa<br />

pienezza possiamo finalmente fortificarci e vivere pienamente. Solo con questa consapevolezza di<br />

Dio si possono finalmente instaurare rapporti affettivi maturi con marito, moglie, figli, amici, che<br />

non saranno più idealizzati o distorti, ma vissuti e amati con libertà, serenità, rispetto, maturità.<br />

Accogliere la vita di Renzo<br />

Ho visto il mio inferno. Ci sono passato dentro. La resurrezione inizia già qui; quando il Signore ti<br />

solleva e te lo mostra dall’alto. So che morte e vita sono dentro di me e che io saprei procurarmi<br />

solo la morte. Mi accade inconsapevolmente desiderando ed incontrando ciò che voglio e ciò che<br />

temo. Ma se resisto in Dio, si trasforma il mio destino e riesco ad accogliere la vita.


• COLLABORATORI VOLONTARI CERCASI<br />

Con “IL RITORNO” e le attività della “piccola Iniziativa Cristiana” vorremmo realizzare una<br />

modesta “costruzione” per la gloria del Signore verso la spiritualità cristiana, l’apertura mentale,<br />

la comprensione dei sentimenti anche in chiave psicologica, ecc. <strong>Il</strong> tutto in una fraterna<br />

collaborazione al di sopra delle differenze dottrinali. “La messe è grande, ma gli operai sono<br />

pochi…” Se qualcuno in accordo con questa linea è interessato alla stesura e alla organizzazione<br />

di questo giornalino o ad altre attività della “Piccola Iniziativa Cristiana” sarà il benvenuto. I<br />

volontari vanno e vengono e c’è bisogno di figure più stabili, anche per un confronto necessario<br />

fraterno. C’è bisogno di persone che curino degli spazi come la posta coi lettori, la poesia,<br />

l’attualità, ecc. oppure che mandino saltuariamente il loro pensiero sui vari argomenti trattati; o<br />

semplicemente che possano fornire consigli “informatici” (siamo ai primi passi su internet)…<br />

Potete scrivere alle e-mail: ritorno@usa.net (per il giornale) oppure missionepic@libero.it<br />

(per le altre attività); oppure con la posta tradizionale: Piccola Iniziativa Cristiana c.p.39 – 01019<br />

Vetralla (VT); tel. 0339-2608825.<br />

“IL RITORNO” è pubblicato anche in internet nel sito: http://members.xoom.it/enoc<br />

PERCHE’ NON REGALATE UN ABBONAMENTO DI<br />

QUESTO <strong>GIORNALINO</strong> A QUALCHE VOSTRO AMICO O<br />

AMICA? COMUNICATECELO E GLIELO SPEDIREMO<br />

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(GLI AMICI CHE GIÀ LO RICEVONO FAREBBERO COSA GRADITA A DARE UN<br />

CENNO DI ESISTENZA ALMENO UNA VOLTA L’ANNO; POTREMMO PENSARE<br />

DI NON ESSERE NOI QUELLI GRADITI)

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