PENTATEUCO 2 PADRI - Home Page FTTR

PENTATEUCO 2 PADRI - Home Page FTTR PENTATEUCO 2 PADRI - Home Page FTTR

02.06.2013 Views

35,1-4). Abramo consacra il luogo cananeo al suo Dio. In mezzo a una terra ostile o ignorante il Signore ha un adoratore, un altare, uno che invoca il suo nome. Per la fede di Abramo Dio prende possesso della terra che darà in proprietà al suo popolo. 6 EXCURSUS 1 – LE TEOFANIE: Gen 15,1-21; 17,1-2 1 - Gen 15,1-21 narra l’alleanza con Abramo nel contesto di una grande e misteriosa teofania (versione detta Jahvista). Lo stile è profetico: lo schema generale richiama ancora i racconti di “vocazione profetica” con oracoli e dialogo/obiezione tra il Signore e Abramo. Il patriarca è portatore non solo di promessa e alleanza, ma anche di profezia. Il racconto è articolato in due parti introdotte ambedue da un annuncio spontaneo di Dio: vv.1-6.7-21. All’inizio è la parola: «Abramo ricevette la parola del Signore» (15,1- 6), poi la visione (15,7-21), dove il patriarca chiede un segno che sarà la visione stessa (vv.12ss). I due eventi accentuano promessa e fede (prima parte, cf v.6), alleanza e profezia (seconda parte). Parola – promessa (erede) e fede (15,1-6) Il primo intervento del Signore contiene un oracolo di salvezza: la promessa di un erede. Dopo il “non temi” che invita ad aver fiducia in un momento di crisi, Dio promette: “Io sono tuo scudo”: “Io sono” offre in modo criptico il nome divino; l’immagine di Dio “scudo” è comune soprattutto in ambito liturgico (cf Sal 3,4; 18,3.31; 28,7; 33,20). Aggiunge, come si trattasse di un lavoratore al suo servizio, che avrebbe ricevuto un “salario” abbondante, con allusione ai figli (cf Ger 31,16-17). Nell’obiezione (vv.2-3), Abramo non dubita, ma stabilisce una scala di valori: servono poco i doni senza figli (lett. “sterile” significa “uomo spogliato”, di figli): un estraneo sarà erede (un figlio adottato?). La seconda parte del v.2 è difficile da comprendere. Allude forse a costumi antichi (hurriti?): “un servo nato in casa” (ben-mešeq) o un “servo del mio casato”? Eliezer è nome o si tratta di ’elê‘ezer: El è per me aiuto? Damasco, dammešeq è certo un nome. Il testo sembra giocare sui due termini, ben-mešeq e dammešeq. La replica del Signore assicura Abramo con promessa rinnovata e segno cosmico interpretato. Un vero figlio di Abramo sarà erede dei suoi beni, come è vero che Dio è creatore di tutte le stelle: così sarà numerosa la stirpe di Abramo. Nel cap. 16 questi farà un suo tentativo di superare la sterilità mediante la schiava Agar. La prima scena si conclude con il silenzio di Abramo interpretato come atto di fede: «Abramo credette al Signore che glielo accreditò come giustizia» (v.6). È una riflessione teologica del redattore che contiene un’asserzione sul senso della fede. È tema tipicamente profetico (cf 1Sam 15,22; Os 6,6; Am 5,21; Is 1,10-20): rappresenta l’atteggiamento fondamentale, la fiducia totale nel Signore (cf Is 7,9b; 28,16), che caratterizza l’intera tradizione su Abramo e lo rende “padre di tutti i credenti”. Questa fede è “accreditata” (Ðāšab) sul conto di Abramo come “giustizia”. Il termine ha una connotazione commerciale ma anche cultuale: è il giudizio dei sacerdoti circa la perfezione di un sacrificio (Lv 7,18; 17,14; Nm 18,27). La fede è la sua giustizia il suo diritto, il credito che egli vanta di fronte a Dio e giustifica o rende giusta la sua vita, prezioso più di ogni opera e di ogni sacrificio. • Paolo si appella a questo versetto per affermare che la giustificazione è fondata sulla fede e non sulle opere della legge (Rm 4). In tal modo Abramo è reso giusto, riceve 6 L. ALONSO SCHÖKEL, Génesis, p. 62. 82

con ciò una garanzia per l’atto ultimo della salvezza nel giorno del giudizio (Gal 3; Rm 4 e cf 1,15-16). Oppure, se Abramo è sempre soggetto: “Lo ritenne per sé un segno favorevole”; la giustizia è l’esito favorevole dell’oracolo. • Ma la fede di Abramo lo porta anche ad azioni giuste (Gen 18,19 e 22,1-19). Giacomo si appella al medesimo verso per dire che una fede senza opere è morta (Gc 2,14-16). Visione – alleanza e profezia (la terra) (15,7-21) La riflessione teologica chiude la prima parte e apre la seconda: la fede predispone Abramo ad accogliere le promesse di Dio. In questa seconda parte infatti la parola di Dio rinnova la promessa riguardo alla terra e celebra l’alleanza. Se prima la fede era risposta alla promessa, ora la fede precede l’alleanza che viene celebrata in un rito grandioso e in un contesto di rivelazione che la parola esplicita. La ricerca storico critica vede due inserzioni, una prima del rito – una profezia sul futuro – e una finale, con esplicazione che enumera i popoli. Numerosi paralleli legano questa parte alla prima. Inizia con la parola di Dio che si presenta e qualifica con il nome (“Io sono il Signore/Jhwh”) e si fa conoscere ricordando il passato (ti ho fatto uscire da Ur dei Caldei – l’esodo): richiama l’inizio della storia di Abramo, prima ancora della sua chiamata, per annunciare poi il futuro (darti in possesso questa terra). Abramo anticipa l’esodo della sua discendenza che sarà esplicitata al v.13. Troviamo, dopo la guerra (Gen 14), per la prima volta, la parola “pace” (šālôm), il sogno di tutta la discendenza di Abramo. Abramo chiede un segno: «Come posso sapere che ne avrò il possesso?». La domanda introduce il rito degli animali squartati a metà che sarà accompagnato dal segno: passare in mezzo (vv.9-11.17). Un simile rito è attestato in Geremia 34,18. Gli uomini che hanno trasgredito la mia alleanza, perché non hanno eseguito i termini dell’alleanza che avevano concluso in mia presenza, io li renderò come il vitello che spaccarono in due passando fra le due metà. Il rito equivale a un giuramento: chi passa in mezzo agli animali squartati e infrange l’alleanza, patirà la medesima loro sorte. A questo sembra alludere il verbo “tagliarekÂrat l’alleanza”. Abramo però prepara solo gli animali, non passa in mezzo; vi passa Dio che impegna se stesso, spontaneamente. La morte di Abramo non invaliderà le promesse, perché i successori ne continueranno la storia (cf vv.15-16). Il rito è accompagnato da una visione-sogno, una specie di “incubazione” che tocca Abramo e lo trasporta in una rivelazione superiore: «Quando il sole stava per tramontare, un sonno profondo (tardemāh) cadde su Abram ed ecco un terrore e una grande tenebra l’assalì» (v.12). Il termine tardemāh è il medesimo di Gen 2,21 che prepara la scoperta e il riconoscimento di Eva da parte di Adamo. Per Giobbe questo stato, unito al terrore, per la presenza misteriosa della divinità o dei suoi segni, è strumento di rivelazione (Gb 4,12- 16 e 33,15-16, cf 1 Sam 26,12 e, senza il termine, 1Sam 3 e 1Re 3 che hanno i tratti dell’incubazione). La promessa (vv.13-16) assume lo schema di storia della salvezza, in forma di profezia futura (cf v.1): Egitto, liberazione, possesso della terra (vv.18b-19). La sua funzione può essere quella di un “prologo storico” con il quale inizia l’alleanza classica (cf Dt 1-4; Gs 24). Come alleanza, infatti, viene interpretata (v.18a) la scena grandiosa e misteriosa del v.17: Dio passa, senza immagine precisa, come fuoco e luce che illumina ma può anche consumare, e come tenebra e fumo. Dio è luminoso e oscuro, si manifesta ma resta indicibile, come appare nella doppia nube dell’esodo, lucente da abbagliare o tenebrosa e impenetrabile (cf Es 3,2; 13,21; 19,18). 83

con ciò una garanzia per l’atto ultimo della salvezza nel giorno del giudizio (Gal 3;<br />

Rm 4 e cf 1,15-16). Oppure, se Abramo è sempre soggetto: “Lo ritenne per sé un segno<br />

favorevole”; la giustizia è l’esito favorevole dell’oracolo.<br />

• Ma la fede di Abramo lo porta anche ad azioni giuste (Gen 18,19 e 22,1-19). Giacomo<br />

si appella al medesimo verso per dire che una fede senza opere è morta (Gc 2,14-16).<br />

Visione – alleanza e profezia (la terra) (15,7-21)<br />

La riflessione teologica chiude la prima parte e apre la seconda: la fede predispone<br />

Abramo ad accogliere le promesse di Dio. In questa seconda parte infatti la parola di Dio<br />

rinnova la promessa riguardo alla terra e celebra l’alleanza. Se prima la fede era risposta<br />

alla promessa, ora la fede precede l’alleanza che viene celebrata in un rito grandioso e in<br />

un contesto di rivelazione che la parola esplicita. La ricerca storico critica vede due inserzioni,<br />

una prima del rito – una profezia sul futuro – e una finale, con esplicazione che enumera<br />

i popoli. Numerosi paralleli legano questa parte alla prima.<br />

Inizia con la parola di Dio che si presenta e qualifica con il nome (“Io sono il Signore/Jhwh”)<br />

e si fa conoscere ricordando il passato (ti ho fatto uscire da Ur dei Caldei –<br />

l’esodo): richiama l’inizio della storia di Abramo, prima ancora della sua chiamata, per<br />

annunciare poi il futuro (darti in possesso questa terra). Abramo anticipa l’esodo della sua<br />

discendenza che sarà esplicitata al v.13. Troviamo, dopo la guerra (Gen 14), per la prima<br />

volta, la parola “pace” (šālôm), il sogno di tutta la discendenza di Abramo.<br />

Abramo chiede un segno: «Come posso sapere che ne avrò il possesso?». La domanda<br />

introduce il rito degli animali squartati a metà che sarà accompagnato dal segno: passare<br />

in mezzo (vv.9-11.17). Un simile rito è attestato in Geremia 34,18.<br />

Gli uomini che hanno trasgredito la mia alleanza, perché non hanno eseguito i termini<br />

dell’alleanza che avevano concluso in mia presenza, io li renderò come il vitello che spaccarono<br />

in due passando fra le due metà.<br />

Il rito equivale a un giuramento: chi passa in mezzo agli animali squartati e infrange<br />

l’alleanza, patirà la medesima loro sorte. A questo sembra alludere il verbo “tagliarekÂrat<br />

l’alleanza”. Abramo però prepara solo gli animali, non passa in mezzo; vi passa Dio<br />

che impegna se stesso, spontaneamente. La morte di Abramo non invaliderà le promesse,<br />

perché i successori ne continueranno la storia (cf vv.15-16).<br />

Il rito è accompagnato da una visione-sogno, una specie di “incubazione” che tocca<br />

Abramo e lo trasporta in una rivelazione superiore: «Quando il sole stava per tramontare,<br />

un sonno profondo (tardemāh) cadde su Abram ed ecco un terrore e una grande tenebra<br />

l’assalì» (v.12). Il termine tardemāh è il medesimo di Gen 2,21 che prepara la scoperta e<br />

il riconoscimento di Eva da parte di Adamo. Per Giobbe questo stato, unito al terrore, per<br />

la presenza misteriosa della divinità o dei suoi segni, è strumento di rivelazione (Gb 4,12-<br />

16 e 33,15-16, cf 1 Sam 26,12 e, senza il termine, 1Sam 3 e 1Re 3 che hanno i tratti<br />

dell’incubazione).<br />

La promessa (vv.13-16) assume lo schema di storia della salvezza, in forma di profezia<br />

futura (cf v.1): Egitto, liberazione, possesso della terra (vv.18b-19). La sua funzione può essere<br />

quella di un “prologo storico” con il quale inizia l’alleanza classica (cf Dt 1-4; Gs 24).<br />

Come alleanza, infatti, viene interpretata (v.18a) la scena grandiosa e misteriosa del v.17:<br />

Dio passa, senza immagine precisa, come fuoco e luce che illumina ma può anche consumare,<br />

e come tenebra e fumo. Dio è luminoso e oscuro, si manifesta ma resta indicibile, come<br />

appare nella doppia nube dell’esodo, lucente da abbagliare o tenebrosa e impenetrabile (cf Es<br />

3,2; 13,21; 19,18).<br />

83

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!