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La storia di Giacobbe e la sua esperienza di Dio<br />
Problemi storico letterari<br />
Il ciclo di Isacco resta tenue, innestato in quello del padre e in quello del figlio. Ora, di<br />
fatto, prende il sopravvento la figura di Giacobbe. In questa parte, la critica storica vede<br />
raccolti diversi materiali, frutto di una lunga tradizione. I materiali proverrebbero soprattutto<br />
dalle tribù del nord, apparentemente legati al santuario di Betel, rielaborati in un ciclo<br />
coerente. Il ciclo di Labano farebbe pensare a un periodo di interazione tra Israeliti e<br />
Aramei (31,44-54); Gen 34 reca tracce di antichi rapporti con gli abitanti di Sichem. 30<br />
La “storia” di Giacobbe è segnata da un conflitto permanente, con il fratello Esaù<br />
prima, poi con lo zio Labano, infine con Dio stesso sul fiume Jabbok. Sempre si conclude<br />
con un accordo e la rappacificazione, dove il patriarca, astuto e ingannevole, esce vincente.<br />
Ma tutto ciò non dipende – come egli comprenderà alla fine – dalla sua astuta abilità,<br />
bensì dalla benedizione del Signore che mantiene fedeltà (’emet) alle promesse fatte ad<br />
Abramo e le rinnova ai “figli”. Se Abramo è collegato alla promessa trasmessa di padre in<br />
figlio (problema intergenerazionale, per assicurarsi una discendenza), nel ciclo di Giacobbe<br />
è accentuata la benedizione, collegata alla prosperità e alla fertilità, ma anche ai<br />
conflitti che ne derivano all’interno della stessa sua generazione e ai rapporti di potere<br />
dentro la famiglia. 31<br />
Alla fine della vita, adottando e benedicendo Giuseppe nei suoi due figli Efraim e Manasse,<br />
il patriarca riconoscerà un triplice titolo a Dio:<br />
«Il Dio alla cui presenza si sono incamminati i miei padri, Abramo e Isacco,<br />
il Dio mio pastore dalla mia nascita fino a oggi,<br />
l’angelo che mi liberò (haggō’ēl) da ogni male» (Gen 48,15-16).<br />
Il titolo richiama Gen 17,1 (il comando di Dio ad Abramo), il secondo è liturgico (Sal<br />
23,1; 78,52; 80,2; Is 40,10-11, ecc.), il terzo, gō’ēl, è più personale e riflette il linguaggio<br />
di Is 40-55 ma anche l’esperienza di tutto Israele nell’esodo. È il Dio che a Betel promette<br />
“sarò con te ovunque andrai”. Tali titoli divini garantiscono il potere e la sua benevolenza<br />
concessi mediante la benedizione.<br />
Lo stile del racconto ha meno preoccupazioni estrinseche. È libero di esprimere un<br />
umorismo malizioso e una moralità discutibile. Non ha remore nel mostrare che Dio sovverte<br />
le regole a favore di Giacobbe, anche se talora il narratore stesso sembra parteggiare<br />
per Esaù; non si preoccupa di descrivere la scaltrezza ingannevole del patriarca e l’indulgenza<br />
di Dio nei confronti di questo “mascalzone” che inganna e prende i fratelli per il<br />
“calcagno”, e i cui ricorsi a Dio sembrano dettati da necessità e opportunità più che da fede<br />
autentica. Alla base della elezione è la “grazia”. La storia è segnata dalla elezione superiore<br />
a ogni merito e a ogni colpa. Solo la presenza divina benedicente garantisce il<br />
30 Cf W. BRUEGGEMANN, Genesi, p. 255s. Gunkel vi riconosce quattro cicli principali di racconti indipendenti:<br />
a) narrazioni su Giacobbe ed Esau (25,19-34; 27,1-45; 27,46-28,9; 32,3-21; 33,1-17; b) su Giacobbe e Labano<br />
(29,19-34; 30,25-31,55); c) i figli di Giacobbe (29,31-30,24); d) incontri teofanici (28,10-22; 32,1-2.22-<br />
32).<br />
31 «Alle storie “orizzontali” di conflitto con Esau, Labano e Rachele fanno da pendant i racconti “verticali”<br />
delle teofanie. Insieme, le une e gli altri mostrano quanto il dono di una benedizione immeritata sia al tempo<br />
stesso sicuro ma anche contrastato» (W. BRUEGGEMANN, Genesi, p. 255s); cf anche F. GARCIA LOPEZ, Pentateuco,<br />
p. 79.<br />
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