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PENTATEUCO 2 PADRI - Home Page FTTR

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Dio che ha provato ora “provvede” (vv.13-14) per il sacrificio e “appare” (si manifesta)<br />

ancora, in forma nuova. 26 Il medesimo verbo rā’āh gioca sul duplice significato di<br />

“vedere” e “provvedere” e fa riferimento al Moriah (v.2). Abramo “vede” (rā’āh) un ariete<br />

che diventa il sostituto del figlio. Vi sarà un giorno in cui Dio accetterà il sacrificio<br />

umano come espressione di amore per l’uomo e per salvarlo, perché non c’è amore più<br />

grande che dar la vita per gli amici (Gv 15,13). In segno di amore, il Padre non risparmia<br />

il suo Figlio unico, amato, ma lo consegna per la salvezza del mondo. Così si esprimono<br />

il NT (cf Rm 8,32; Gv 3,16; 1Gv 4,10) e i Padri della chiesa nel tentativo di comprendere<br />

il senso della morte in croce di Gesù.<br />

Il secondo intervento divino (vv.15-18) rinnova le promesse poste all’inizio della storia<br />

di Abramo (Gen 12,1-9) e ripetute nel corso della sua vicenda mediante un oracolo in<br />

stile profetico. Anzi, Dio si impegna con un giuramento che sarà richiamato più volte (cf<br />

Gen 24,7; 26,3; 50,24; Es 13,5.11; Dt 1,8.35). Ritorna il tema di Abramo segno di benedizione<br />

e di contraddizione per tutti i popoli. Si aggiunge la vittoria sui nemici e la conquista<br />

delle loro città. Le promesse sono motivate dall’evento appena narrato: “Perché tu<br />

hai fatto questo…” (v.16, cf v.12). Diventano esplicazione della “prova” annunciata<br />

all’inizio della pericope, sono frutto dell’atteggiamento e dell’azione virtuosa di Abramo.<br />

L’ultima annotazione (v.19) realizza le parole del v.5. Superata la prova, il gruppo si<br />

ricompatta con il ritorno presso i due servi rimasti in attesa, e inizia un nuovo cammino. E<br />

Isacco? Avevano “camminato insieme”. Ora il testo dice che “Abramo tornò”, mentre ai<br />

servi aveva promesso: «Fermatevi… io e il ragazzo… ritorneremo da voi» (v.5). Privato<br />

nella vicenda di qualsiasi iniziativa personale, se non il breve colloquio con il padre, dal<br />

quale aveva ricevuto una risposta evasiva, Isacco alla fine non viene nominato. Li univa il<br />

silenzio, non la consapevolezza. E ora sembra scomparso. Dipende dal fatto che in ogni<br />

caso è stato donato? Oppure, impietrito dalla paura se ne è andato per conto suo, rifugiato<br />

nella tenda della madre, Sara, qui assente, dove si consolerà della sua morte, facendovi<br />

entrare Rebecca? La tradizione talmudica e rabbinica gli attribuisce trentasette anni. Se<br />

fosse vero, obietta Abraham Ibn ’Ezra (Spagna 1089/90 – 1164), la Bibbia avrebbe celebrato<br />

il suo amore per Dio, non quello di Abramo. In ogni caso, la medesima tradizione lo<br />

rende partecipe con una totale accettazione. Anziché fuggire, egli incoraggia il padre a<br />

compiere il volere di Dio, chiedendogli di legarlo all’altare. 27 Il testo non dice nulla in<br />

proposito. Ma è un’immagine che turba; è vittima senza possibilità di ribellione.<br />

Il ritorno a Beerseba-Bersabea, ultima meta del primo viaggio di Abramo (12,9, il Negheb)<br />

e dove era avvenuto il “giuramento” con Abimelek (21,22-24), segna una nuova abitazione<br />

(yāšab) nella terra, inizia una nuova fase orientata al futuro. La prova ha cambiato<br />

tutti. Il patriarca è entrato in una nuova ottica: accoglie il figlio e ogni promessa<br />

come frutto del puro dono di Dio. Riceverà tutto in dono perché tutto ha donato e su tutto<br />

ha preferito Dio, non risparmiando neppure il figlio (Eb 11,17-19, che accentua la fede:<br />

“lo riebbe come simbolo”, lett. parabola, cioè della risurrezione di Cristo).<br />

In conclusione, tra i due eventi – la chiamata (12,1-9) e la prova (22,1-19) – Abramo è<br />

maturato. È stato molto umano, talvolta troppo, a momenti irresponsabile, perfino riprovevole<br />

(12,10-20; 20). Adesso è stato eroico. Completamente si è donato a Dio, riceve<br />

26 Il testo ebraico del v.14 non è chiaro: si può leggere “vede” (yir’eh) o “si fa vedere, si manifesta” (yËrÂ’Ëh),<br />

che gioca con la risposta che Abramo dà al figlio al v.8. Il luogo diventa sacro per l’invocazione del nome,<br />

per il sacrificio offerto e gradito a Dio, come nella prima apparizione (Gen 12,8) e nella visione di Giacobbe<br />

(Gen 28). Cf J.R. DAVILA, «The Name of God at Moriah. An Unpublished Fragment from 4QGenExod a », in<br />

Journal of Biblical Literature 110 (1991), pp. 577-582.<br />

27 Cf E. WIESEL, cit., pp. 14-15.<br />

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