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Comando (vv.1b-2). Alla nuova chiamata di Dio Abramo risponde sempre prontamente e con disponibilità: “Eccomi! – sono qui” (v.1b): è il ritornello del racconto dall’inizio alla fine (vv.7 e 11). Anche ora al comando segue l’esecuzione (cf 12,1.4-5 e 22,1.3-10). Chi chiama e tenta è, letteralmente, “il Dio” (con l’articolo, come in vv.3.9), a sottolineare la trascendenza. Il comando è articolato nei verbi e nei nomi che indicano il figlio. • I verbi contengono un triplice comando: prendi, vattene, sacrifica (o fa salire?) (v.2). «Prendi, ti prego», assume nel discorso un tono familiare, si appella alla libertà, come in Gen 12,1. Ma il contenuto è drammatico. Il verbo nel racconto è utilizzato sempre per Isacco e collegato al sacrificio (vv.3.6.10.13). «Vattene» è lo stesso della prima chiamata (12,1): è l’ordine di lasciare. Ora il patriarca sa dove andare: il luogo del sacrificio è la terra di Moria, e sa cosa deve fare, «sacrificare il figlio» (così almeno intende Abramo, v.10). Resta qualche incertezza su quale sia il monte per accentuare forse ancora l’obbedienza. «La prima volta che Abramo fu invitato a partire dovette sacrificare il suo passato per cominciare una nuova vita; adesso deve partire per sacrificare il proprio avvenire, l’oggetto stesso della promessa… Allora Abramo, come figlio, sacrificava suo padre per Dio; adesso, come padre, sacrifica suo figlio per Dio. Allora, la sua obbedienza lo ha condotto alla nascita di un figlio; adesso, la sua obbedienza lo conduce verso la morte di suo figlio». 17 Stranamente manca la madre Sara, assente in tutto il racconto. 18 • Nel comando Dio dà risalto al tema filiale in quattro spezzoni sintattici che letteralmente suonano: “il tuo figlio, l’unico, che tu ami, Isacco”. Per il vecchio patriarca è il figlio della promessa, la promessa fatta carne (in tal senso è di Dio); è l’unico perché Ismaele è escluso da questa funzione ed è stato allontanato con la madre; è quello che ama; e ha un nome preciso, Isacco. 19 Dio ha dato la vita, ora la richiede per sé. Abramo deve sacrificare un figlio che ama, e una promessa compiuta, che pure ama. L’autore non descrive i sentimenti intimi del Padre, ma il tema filiale – “figlio mio” – domina la scena, nelle parole di Dio e del padre come nella narrazione dell’autore. La vera prova è come conciliare l’amore per il proprio figlio e l’obbedienza a Dio. • Il sostantivo “olocausto” (‘ôlâh), si è notato, non è associato direttamente a Isacco, benché quest’ultimo non ne risulti mai molto lontano. Il termine è piuttosto legato alla legna che Isacco porta e all’animale che sarà sacrificato (vv.3.6.7-8.13). 20 Abramo Deve seguire credendo e sperando: accetta l’oscurità della fede. Nel sacrificio del figlio «Deve sacrificare un’idea già acquisita da Dio e un’esperienza di Dio, per aprirsi a un’altra nuova attraverso il mistero». 21 17 W. VOGELS, Abraham. L’inizio della fede, p. 203.205. 18 Cf S. BROCK, «Genesis 22: Where Was Sarah?», in The Expository Times 96 (1984), pp. 14-17. 19 Si potrebbe tradurre: “Prendi tuo figlio, l’unico che ami”, non l’unico che hai avuto (c’era anche Ismaele). Avrebbe commesso una colpa Abramo preferendo Isacco a Ismaele, amando solo Isacco? Qualche tradizione ebraica vorrebbe vedere un atto di ridimensionamento del patriarca in questa “prova”, che segue a Sodoma e Gomorra, dove Abramo intercede (con rabbia? – ha’ap) contro Dio, chiedendo se volesse punire tutti, anche i giusti insieme agli empi (Cf E. WIESEL,cit., p. 16). 20 A. WENIN, Isacco o la prova di Abramo. Approccio narrativo a Genesi 22, Cittadella, Asssi 2005, p. 24. 21 L. ALONSO SCHÖKEL, Génesis, p. 99. 94

Esecuzione (vv.3-10) È la sezione più lunga e comprende il viaggio (vv.3-5) come risposta al comando, la domanda di Isacco (vv.6-8), la preparazione del sacrificio (vv.9-10). L’insieme è articolato secondo una struttura concentrica che pone al centro la domanda del figlio. 22 a- prese… Isacco suo figlio, preparò la legna (v.3a) b- si mise in viaggio verso il luogo che Dio gli aveva detto (v.3b) c- andarono/proseguirono loro due insieme (v.6b) d- domanda di Isacco (vv.7-8a) c’- andarono/proseguirono loro due insieme (v.8b) b’- arrivarono al luogo che Dio gli aveva detto (v.9a) a’- legò Isacco suo figlio… sopra la legna (v.9b) Il viaggio – silenzio (vv.3-5). Il silenzio domina, significativo e impressionante. 23 Il v.3 descrive azioni senza parole: «si alzò di buon mattino (= con prontezza), sellò il suo asino, prese con sé due servi e suo figlio Isacco, spaccò la legna per l’olocausto, e si alzò e andò verso il luogo che Dio gli aveva indicato». Il racconto riprende gli stessi verbi del comando divino. Seguono tre giorni di cammino (v.4) fino al raggiungimento del luogo, tanti quanti il cammino di Israele prima di recarsi al Sinai (Es 19,3-18; 19,11.16). Con lo sguardo muto “da lontano” Abramo scorge il luogo del sacrificio. Solo allora ha una parola, verso i servi, che lascia per avviarsi insieme al figlio (v.5). Nelle sue parole il sacrificio appare un atto di adorazione: ci prostreremo. Però non parla di sacrificio, esso resta il suo terribile segreto e peso. La promessa ai servi “ritorneremo da voi” è una pietosa bugia o un’attesa? Si notano le somiglianze tra il racconto di Isacco e quello della cacciata di Ismaele (Gen 21,8-21). Il padre agisce esattamente come al momento in cui Dio gli aveva chiesto di cacciare l’altro figlio (21,14; cf 19,27; 20,8). Agar, la madre, andava con suo figlio verso la morte (21,14); adesso Abramo, il padre, cammina con suo figlio verso la morte. Ambedue i figli saranno salvati da Dio. Verso il luogo – solitudine (vv.6-8). Al silenzio si aggiunge ora la solitudine progressiva: la comitiva si riduce a due, padre e figlio insieme (cf inclusione tra i vv.6 e 8), soli nel loro dramma, fino all’apparire dell’angelo (v.11). Anche Mosè era salito da solo sul monte, lasciandosi dietro il popolo (Es 19,20.24). Diventano presenti e palpabili gli strumenti del sacrificio (v.6): fuoco e coltello, carico cosciente e terribile per il padre, con cui si appresterà a colpire il figlio (v.10); la legna, carico incosciente per il figlio, che la porta e sulla quale sarà legato (v.9). Il silenzio opprimente è interrotto ancora dal breve dialogo suscitato dal figlio, in cui risuonano affettuosamente e nudamente: “padre mio – figlio mio” (vv.7-8). Abramo risponde “Eccomi” al figlio come prima aveva risposto a Dio (cf vv.1b-2: vi appare il medesimo schema: apostrofe = disse: padre mio; riposta; domanda – risposta). L’ultima parola di Abramo è “figlio mio” (v.8), e torna il silenzio mentre camminano insieme. «La risposta di Abramo è calcolata dal narratore. Tre piani, l’ignoranza del figlio, la risposta del padre che crede di sapere e risponde più di quanto sappia, lo sguardo silenzioso di Dio che dà altro significato alle parole». 24 Nel detto: “Dio vedrà-provvederà o si 22 W. VOGELS, cit. p. 204. 23 Sul tema cf J. DAVIDSON, Abraham, Akedah and Atonement, in J. MOSSALA (ed.), Creation,Life, and Hope. Essays in Honor of Jacques B. Doukhan, Andrews University, Berrien Springs (MI) 2000, pp. 49-72, che fa diversi riferimenti al NT. 24 L. ALONSO SCHÖKEL, Génesis, p. 100. 95

Esecuzione (vv.3-10)<br />

È la sezione più lunga e comprende il viaggio (vv.3-5) come risposta al comando, la<br />

domanda di Isacco (vv.6-8), la preparazione del sacrificio (vv.9-10). L’insieme è articolato<br />

secondo una struttura concentrica che pone al centro la domanda del figlio. 22<br />

a- prese… Isacco suo figlio, preparò la legna (v.3a)<br />

b- si mise in viaggio verso il luogo che Dio gli aveva detto (v.3b)<br />

c- andarono/proseguirono loro due insieme (v.6b)<br />

d- domanda di Isacco (vv.7-8a)<br />

c’- andarono/proseguirono loro due insieme (v.8b)<br />

b’- arrivarono al luogo che Dio gli aveva detto (v.9a)<br />

a’- legò Isacco suo figlio… sopra la legna (v.9b)<br />

Il viaggio – silenzio (vv.3-5). Il silenzio domina, significativo e impressionante. 23 Il<br />

v.3 descrive azioni senza parole: «si alzò di buon mattino (= con prontezza), sellò il suo<br />

asino, prese con sé due servi e suo figlio Isacco, spaccò la legna per l’olocausto, e si alzò<br />

e andò verso il luogo che Dio gli aveva indicato». Il racconto riprende gli stessi verbi del<br />

comando divino.<br />

Seguono tre giorni di cammino (v.4) fino al raggiungimento del luogo, tanti quanti il<br />

cammino di Israele prima di recarsi al Sinai (Es 19,3-18; 19,11.16). Con lo sguardo muto<br />

“da lontano” Abramo scorge il luogo del sacrificio. Solo allora ha una parola, verso i servi,<br />

che lascia per avviarsi insieme al figlio (v.5). Nelle sue parole il sacrificio appare un<br />

atto di adorazione: ci prostreremo. Però non parla di sacrificio, esso resta il suo terribile<br />

segreto e peso. La promessa ai servi “ritorneremo da voi” è una pietosa bugia o un’attesa?<br />

Si notano le somiglianze tra il racconto di Isacco e quello della cacciata di Ismaele<br />

(Gen 21,8-21). Il padre agisce esattamente come al momento in cui Dio gli aveva chiesto<br />

di cacciare l’altro figlio (21,14; cf 19,27; 20,8). Agar, la madre, andava con suo figlio<br />

verso la morte (21,14); adesso Abramo, il padre, cammina con suo figlio verso la morte.<br />

Ambedue i figli saranno salvati da Dio.<br />

Verso il luogo – solitudine (vv.6-8). Al silenzio si aggiunge ora la solitudine progressiva:<br />

la comitiva si riduce a due, padre e figlio insieme (cf inclusione tra i vv.6 e 8), soli<br />

nel loro dramma, fino all’apparire dell’angelo (v.11). Anche Mosè era salito da solo sul<br />

monte, lasciandosi dietro il popolo (Es 19,20.24).<br />

Diventano presenti e palpabili gli strumenti del sacrificio (v.6): fuoco e coltello, carico<br />

cosciente e terribile per il padre, con cui si appresterà a colpire il figlio (v.10); la legna,<br />

carico incosciente per il figlio, che la porta e sulla quale sarà legato (v.9).<br />

Il silenzio opprimente è interrotto ancora dal breve dialogo suscitato dal figlio, in cui<br />

risuonano affettuosamente e nudamente: “padre mio – figlio mio” (vv.7-8). Abramo risponde<br />

“Eccomi” al figlio come prima aveva risposto a Dio (cf vv.1b-2: vi appare il medesimo<br />

schema: apostrofe = disse: padre mio; riposta; domanda – risposta). L’ultima parola<br />

di Abramo è “figlio mio” (v.8), e torna il silenzio mentre camminano insieme.<br />

«La risposta di Abramo è calcolata dal narratore. Tre piani, l’ignoranza del figlio, la<br />

risposta del padre che crede di sapere e risponde più di quanto sappia, lo sguardo silenzioso<br />

di Dio che dà altro significato alle parole». 24 Nel detto: “Dio vedrà-provvederà o si<br />

22 W. VOGELS, cit. p. 204.<br />

23 Sul tema cf J. DAVIDSON, Abraham, Akedah and Atonement, in J. MOSSALA (ed.), Creation,Life, and Hope.<br />

Essays in Honor of Jacques B. Doukhan, Andrews University, Berrien Springs (MI) 2000, pp. 49-72, che fa<br />

diversi riferimenti al NT.<br />

24 L. ALONSO SCHÖKEL, Génesis, p. 100.<br />

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