Ayyam min Ayati (Giorni della mia vita – nelle - Visit WordPress
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loro il Corano, studiarlo, farne l'esegesi; apprendere e studiare la Sunnah e alcune delle opere di grandi eruditi musulmani scomparsi da molto tempo… si trattava in particolare delle opere seguenti: "Al-Mahallî" di Ibn Hazm, "Kitâb at-Tawhîd" di Ibn 'AbdulWahhab, le opere complete di Ibn Taymiyyah. Accanto a questi autori scomparsi, dovevamo anche studiare le opere di Sayyed Qotb; e tra i giovani che dovevano partecipare ai nostri insegnamenti, vi era il suddetto AbdulFattah Isma'il". Con un grande sorriso ironico, mi disse: "No, no e no, signora Zaynab… Non è certo così che andarono le cose… sappiamo tutto, non è il caso di nascondere la verità! Sarà meglio per te, se vuoi salvarti la vita, dirci la verità, tutta la verità e nient'altro che la verità, e non queste menzogne che nessuna persona sensata potrebbe ammettere!" Dissi: "Tutto ciò che vogliamo, è formare una generazione di musulmani convinti della loro religione e attaccati ad essa. Vogliamo far risorgere una nazione musulmana degna di questo nome, e che agisca di conseguenza". Replicò con insistenza: "Hanno confessato tutto e ti hanno addossato ogni responsabilità". Risposi con estrema calma: "Allah mi protegge, e protegge tutti loro dall'incorrere nel male e nel peccato". Sempre nervoso, e riuscendo a malapena a nascondere le sue cattive intenzioni, aggiunse con violenza: "No, assolutamente no, ciò non è vero! Sembra che tu adori esibire la tua padronanza di linguaggio e il tuo dono d'eloquenza… Sembri molto testarda e orgogliosa… nemmeno il Pubblico Ministero riesce a combinare nulla con te". Dissi con voce flebile, poiché ero estremamente spossata, ma – nonostante ciò – il mio sentimento di ingiustizia mi spingeva a parlare: "Se il Pubblico Ministero conoscesse i suoi doveri e assumesse le sue responsabilità, non avrebbe mai…" Ma egli mi interruppe violentemente, e rivoltato dalla mia testardaggine, disse: "Chiudi la bocca! Stai zitta! Anche il Pubblico Ministero, osi accusarlo… Ma insomma, finirai per provocare tutti, tu!". Poi, chiamò Safwat che stava dietro la porta e gli disse: "Non serve a niente perdere tempo con lei, Safwat, ha osato perfino attaccare il Pubblico Ministero… Scriverò nel verbale che ha diffamato il Pubblico Ministero". Safwat mi tirò violentemente all'esterno e si voltò verso il Procuratore, chiedendogli: "Dove devo portarla, Eccellenza?". L'altro gli rispose in fretta, come si rispondesse ad una domanda che si aspettava: "Alla cella dell'acqua, beninteso". Così, dovetti tornare verso la cella dell'acqua, spinta da Safwat che non smetteva di frustarmi sulla schiena. Pensava che, agendo così, avrebbe realizzato ciò che da lui si aspettavano i suoi superiori, così sarebbe salito di grado e avrebbe ottenuto la loro benedizione, così come dice Allah l'Altissimo nel Corano: 86
…Abbiamo reso belle (agli occhi di ogni comunità) le loro proprie azioni… (Corano VI. Al-An'âm, 108) LA FRUSTA E IL PEZZO DI PANE! Il decimo giorno, dopo la preghiera dell' 'Asr, la porta della cella dell'acqua si aprì, ed era Safwat Rubi che veniva a farmi uscire dall'acqua. Mi consegnò poi a due dei suoi uomini dicendo loro: "Portatela nella prigione n° 3". Laggiù, mi gettarono in una delle loro celle, dove caddi praticamente stecchita… il mio corpo era tutto sanguinante come un pallone gonfiato, e il mio cuore rischiava di esplodere talmente batteva forte… Mi accasciai per terra, non riuscendo nemmeno a gemere, tanto le mie sofferenze erano insopportabili! Mi rimisi a Colui che possiede il regno di quaggiù e dell'Aldilà, Allah, il Creatore, il Signore, l'Onnipotente. Non sapevo quanto tempo fosse passato mentre stavo accasciata per terra. Mi svegliò solo un rumore proveniente dall'esterno. Dovetti strisciare con molta difficoltà fino al buco della serratura della porta della cella; guardai fuori e vidi un gruppo di Fratelli Musulmani che stavano in fila. Ciascuno teneva in mano una scodella, e avanzava in direzione di un soldato che gli serviva qualcosa (del cibo, naturalmente) nella scodella. Ma, nello stesso tempo in cui gli veniva dato il cibo, riceveva anche la sua parte dei colpi di frusta e di ingiurie. In effetti, due gruppi di soldati si tenevano su due file che stavano l'una di fronte all'altra, e quando al detenuto veniva servito il cibo, doveva poi passare tra le due file, in modo che ogni soldato potesse dargli una frustata e ingiuriarlo… Era in qualche modo il prezzo da pagare per avere da mangiare e sopravvivere in condizioni draconiane. Uno dei soldati si accorse che stavo guardando dal buco della serratura, assistendo alle umiliazioni che quei poveretti erano obbligati a sopportare per potersi nutrire. Entrò nella mia cella sovraeccitato (sembrava quasi una belva ferita) e si mise a darmi dei calci e delle frustate estremamente violente, al punto tale che caddi per terra perdendo conoscenza!! Safwat mi venne a svegliare. Era accompagnato da un soldato che teneva in mano una scodella piena di una specie di cibo nerastro ed emanante una puzza insopportabile. Safwat mi disse: "Bevi questo, altrimenti ti daranno dieci colpi di frusta prima di chiamarmi!". Risposi: "Berrò!". Safwat disse allora al suo sottoposto: "Lasciala qua per una decina di minuti, poi vieni a vedere, se non avrà bevuto la sua zuppa, dalle dieci colpi di frusta e poi chiamami!". Mi chiusero nella cella e se ne andarono… e quando fui sicura che si fossero allontanati, e che nessuno mi sorvegliasse, versai tutta la zuppa sotto al 87
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(Corano VI. Al-An'âm, 108)<br />
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Il decimo giorno, dopo la preghiera dell' 'Asr, la porta <strong>della</strong> cella dell'acqua si<br />
aprì, ed era Safwat Rubi che veniva a farmi uscire dall'acqua. Mi consegnò poi<br />
a due dei suoi uo<strong>min</strong>i dicendo loro: "Portatela nella prigione n° 3". Laggiù, mi<br />
gettarono in una delle loro celle, dove caddi praticamente stecchita… il mio<br />
corpo era tutto sanguinante come un pallone gonfiato, e il mio cuore rischiava<br />
di esplodere talmente batteva forte… Mi accasciai per terra, non riuscendo<br />
nemmeno a gemere, tanto le mie sofferenze erano insopportabili! Mi rimisi a<br />
Colui che possiede il regno di quaggiù e dell'Aldilà, Allah, il Creatore, il<br />
Signore, l'Onnipotente.<br />
Non sapevo quanto tempo fosse passato mentre stavo accasciata per terra. Mi<br />
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un gruppo di Fratelli Musulmani che stavano in fila. Ciascuno teneva in mano<br />
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(del cibo, naturalmente) nella sco<strong>della</strong>. Ma, nello stesso tempo in cui gli<br />
veniva dato il cibo, riceveva anche la sua parte dei colpi di frusta e di ingiurie.<br />
In effetti, due gruppi di soldati si tenevano su due file che stavano l'una di<br />
fronte all'altra, e quando al detenuto veniva servito il cibo, doveva poi passare<br />
tra le due file, in modo che ogni soldato potesse dargli una frustata e<br />
ingiuriarlo… Era in qualche modo il prezzo da pagare per avere da mangiare e<br />
sopravvivere in condizioni draconiane.<br />
Uno dei soldati si accorse che stavo guardando dal buco <strong>della</strong> serratura,<br />
assistendo alle umiliazioni che quei poveretti erano obbligati a sopportare per<br />
potersi nutrire. Entrò nella <strong>mia</strong> cella sovraeccitato (sembrava quasi una belva<br />
ferita) e si mise a darmi dei calci e delle frustate estremamente violente, al<br />
punto tale che caddi per terra perdendo conoscenza!!<br />
Safwat mi venne a svegliare. Era accompagnato da un soldato che teneva in<br />
mano una sco<strong>della</strong> piena di una specie di cibo nerastro ed emanante una<br />
puzza insopportabile. Safwat mi disse: "Bevi questo, altrimenti ti daranno<br />
dieci colpi di frusta prima di chiamarmi!".<br />
Risposi: "Berrò!".<br />
Safwat disse allora al suo sottoposto: "Lasciala qua per una decina di <strong>min</strong>uti,<br />
poi vieni a vedere, se non avrà bevuto la sua zuppa, dalle dieci colpi di frusta e<br />
poi chiamami!".<br />
Mi chiusero nella cella e se ne andarono… e quando fui sicura che si fossero<br />
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