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Ayyam min Ayati (Giorni della mia vita – nelle - Visit WordPress

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Gruppi di giovani venivano regolarmente a farmi visita e chiedere notizie sul<br />

mio stato di salute. Il primo fu il fratello, il martire, AbdulFattah Abduh<br />

Isma'il. Ma quando la versione dell'attentato venne confermata, gli chiesi di<br />

pregare questi giovani di ridurre le visite al mio capezzale. La sua risposta fu<br />

che aveva già provato, ma invano. I giovani in questione rifiutavano<br />

costantemente di rispettare il mio desiderio, e continuavano le visite al mio<br />

capezzale.<br />

Un giorno, la segretaria am<strong>min</strong>istrativa dell' "Associazione Donne<br />

Musulmane" giunse al mio capezzale tenendo sotto il braccio un dossier pieno<br />

di documenti e pezzi vari che dovevano essermi sottoposti nella <strong>mia</strong> qualità di<br />

presidente. Mio marito e la moglie del segretario generale dei Fratelli<br />

Musulmani, Ma'mun al-Hudaybi, erano con me nella camera. Vidi allora mio<br />

marito precipitarsi verso la citata segretaria am<strong>min</strong>istrativa prima che potesse<br />

sottopormi il dossier che aveva sotto il braccio. Glielo prese e la condusse fuori<br />

dalla camera. Lo sentii parlare e rimproverarla. Credetti di capire che mio<br />

marito le ricordasse di averla già messa in guardia dal volermi sottoporre i<br />

documenti in questione. L'attitudine di mio marito mi dispiacque<br />

enormemente e volli conoscerne le ragioni. Addusse allora il motivo che<br />

pensava avessi bisogno di riposo e che dovessi chiedere il permesso del mio<br />

medico curante, il dottor Muhammad 'Abdullah, e andò in effetti a cercare il<br />

dottore, che non tardò a venirmi a far visita, con la scusa di sapere come<br />

andava la <strong>mia</strong> gamba convalescente. Mi vietò ogni genere di attività,<br />

confermando che aveva vietato l'accesso nella <strong>mia</strong> camera dei suddetti<br />

documenti, così come di ogni altra informazione proveniente dall'associazione<br />

(l'Associazione delle Donne Musulmane). Protestai invocando il fatto che non<br />

si trattava se non di semplici firme, ma il dottore non volle tornare sulle sue<br />

posizioni.<br />

Dopo qualche giorno, lo pregai di autorizzarmi ad esercitare dal mio letto<br />

d'ospedale alcune attività relative all'associazione che presiedevo, ma il<br />

dottore rifiutò nuovamente di darmi il permesso. Ebbi allora la certezza che<br />

fosse successo qualcosa e che tutti cercassero di proteggermi: mio marito, la<br />

stessa segretaria del consiglio di am<strong>min</strong>istrazione dell'associazione…<br />

quest'ultima mi veniva a trovare regolarmente e, attraverso le risposte ai miei<br />

interrogativi, sentivo che mi nascondeva qualcosa, e certamente qualcosa di<br />

molto grave perché ciò meritasse di essere dissimulato.<br />

Una sera, la segretaria, che era venuta a trovarmi, prese il coraggio a due mani<br />

e decise di farmi sapere, in presenza di mio marito, ciò che fino a quel<br />

momento tutti cercavano con cura di nascondermi dall'inizio, e dopo<br />

l'introduzione di mio marito, che insistette a lungo sulla necessità di armarsi<br />

di coraggio, di volontà, di deter<strong>min</strong>azione e di risoluzione; compresi allora che<br />

doveva trattarsi di qualcosa di molto grave. Presi conoscenza dei documenti<br />

portati dalla segretaria. Si trattava puramente e semplicemente <strong>della</strong> decisione<br />

assunta dalle autorità di sciogliere "l'organo centrale di questa associazione".<br />

La segretaria ebbe cura di mantenere la conversazione e rivolgendosi a me<br />

disse: "Evidentemente, è una decisione molto severa per ciò che ti riguarda".<br />

Risposi: "Lode ad Allah in ogni caso. Ma il governo non ha il diritto di<br />

sciogliere l'associazione, è un'associazione islamica". Replicò: "Nessuno può<br />

opporsi al governo. Abbiamo dato prova di sforzi considerevoli per farlo, ma<br />

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