Ayyam min Ayati (Giorni della mia vita – nelle - Visit WordPress
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Dopo aver frustato i giovani musulmani, e dopo aver frustato di nuovo anche me, mi riportarono nella sezione dove si trovava la mia maledetta cella. Il sunnominato Sa'ad mi fece stare di nuovo con la faccia contro il muro e se ne andò per circa un'ora. Faceva molto freddo, e il dolore causato dai calci e dalle frustate era ancora più forte. Arrivò Hamza Bassiuni. Avevo cominciato a ricordarmi i nomi dei miei torturatori. Hamza Bassiuni era accompagnato da Riyadh, che mi disse: "Specie di p…, non vuoi ragionare e pensare al tuo bene? Qui, non vogliamo altro che il tuo bene! Per piacere Hamza, cerca di farla ragionare tu! Seguirai la via della ragione, confessando come hanno già fatto tutti gli uomini, oppure continuerai ad intestardirti stupidamente?" Risposi: "Non ho nulla da confessarvi, il legame che ci univa era soltanto il pensiero di far risorgere nello spirito dei giovani musulmani l'Islâm autentico". Hamza si rivolse a Safwat, che si trovava dietro di lui; costui gli disse allora: "Ai tuoi ordini". Hamza gli ordinò: "Portaci due sedie. Suo marito è mio amico, dunque voglio stancarmi ancora un po' con lei". Cercai di sedermi, ma non potei. I colpi di frusta mi avevano talmente fatta sanguinare dappertutto, che non potevo più toccare un oggetto solido, nemmeno una sedia. Hamza mi ordinò di nuovo di sedermi, ma io risposi: "Non posso, preferisco rimanere in piedi, puoi anche interrogarmi in piedi!". Mi rispose: "Sei tu che te la sei cercata, sei tu che hai scelto tutta questa umiliazione. Sei diventata così brutta, ora hai le gambe di una bestia selvatica e non più quelle di una donna. Tuo marito sarà molto contento di vederti così. Sei invecchiata di decenni, e tuo marito è mio amico e mi fa pena, poveretto. Guarda le tue mani, sembrano quelle di un muratore". Safwat intervenne allora per dire: "Ma cosa dici capo? È invecchiata di qualche decennio? Si direbbe piuttosto di cent'anni! È diventata talmente brutta che suo marito maledirà il giorno in cui la conobbe, e divorzierà immediatamente". Poi Hamza continuò: "Mi fai veramente troppa pena, e ti vorrei aiutare". Preferii stare zitta e continuai a guardarlo con disprezzo. Non capivo se si rendesse conto dei miei sentimenti di disprezzo, o se fosse un semplice ritardato. Io lo vedevo stupido. Pensava di farmi davvero paura, ma sentivo che aveva nello stesso tempo paura di me. Tali erano i miei sentimenti quando lo vedevo montare in collera e delirare. Fu così che all'improvviso si mise a gridare come un demonio, ordinando a Safwat di legarmi al palo, ma non aspettai che Safwat lo facesse, e mi ci avvicinai subito da sola. Poi, i colpi di frusta cominciarono ad abbattersi su di me, ed era Safwat ad amministrarmeli con molta abnegazione e crudeltà. Poi chiamò un soldato di nome Sa'id che si mise accanto a me con la frusta in mano. Un altro soldato portò una pentola piena di olio bollente, in cui vennero bagnate le fruste. Hamza Bassiuni e Safwat Rubi se ne andarono e lasciarono questo maledetto Sa'id a bagnare delle fruste nell'olio bollente, chiedendomi di assistere alla giostra. Arrivarono subito una decina di soldati che presero ciascuno una frusta e si misero a batterla violentemente sul pavimento, dicendomi: "Specie di p…, abbiamo riscaldato per te le nostre fruste". Da parte mia, non facevo più attenzione a loro, ero assorbita nei miei pensieri e nella recitazione del Corano. Recitavo il versetto che dice: Dicevano loro: "Si sono riuniti contro di voi, temeteli". Ma questo accrebbe la loro fede e dissero: "Allah ci basterà, è il Migliore dei protettori" (Corano III. Âl-'Imrân, 173) 60
Alla fine, arrivò il capo che disse loro: "Su, uscite ora, e aspettatemi: abbiamo rimandato la sua esecuzione a questa notte". Mi tirò per la spalla e mi trascinò fino alla mia cella. UN'ALTRA NOTTE GIUNSE Dopo la preghiera dell' 'Ishâ', la porta della cella si aprì e vedemmo la figura enorme di Safwat Rubi, che occupava tutta l'entrata. Gridò selvaggiamente: "Ehi tu, Zaynab! Specie di p…, in piedi!". Mi prese per il braccio e mi tirò: "Vieni!". Persi l'equilibrio e stavo quasi per cadere per terra. Mentre camminavamo, incrociammo un tale che gli disse: "Khalil Bey ti aspetta!". Egli maledisse il cielo e la terra, dicendo poi: "Gli sto portando questa maledizione". L'altro lo interrogò: "È questa la famosa Zaynab Al-Ghazali?". Safwat gli rispose affermativamente e continuò a maledire e ingiuriare cielo e terra. Mi fece entrare in un ufficio; dietro la scrivania c'era seduto un uomo col viso scuro, si sarebbe detto una notte d'eclisse. Quando questi vide Safwat, si mise immediatamente sull'attenti, dicendogli: "Vai a cercarlo tu"; mi lasciò in piedi e cominciò ad andare avanti e indietro nella stanza come se una mosca lo avesse punto. Poi, Safwat arrivò accompagnato da un altro tizio che entrò nella stanza e si sedette alla scrivania. Mi chiese chi fossi; risposi: "Zaynab Al- Ghazali Al-Jabîlî". Chiese ancora: "Perché si trova qui?"; risposi: "Non lo so". Proseguì: "Bisogna che tu lo sappia; sei qui perché tu, Al-Hudaybi, Sayyed Qotb e AbdulFattah Isma'il avete complottato per assassinare il presidente Gamal Abdul Nasser". Risposi: "Ciò non è mai avvenuto". Proseguì: "Misura le tue parole. Stanotte sarà quella dell'esecuzione, e non quella della frusta, lo sai? Io sono la belva della prigione militare, capisci?". Risposi: "Qua non ci sono altro che cani e belve. Non ho ancora visto nessun essere umano da quando sono entrata da quella porta maledetta, a parte questi poveretti, i Fratelli Musulmani, depositari del Messaggio di Allah (subhânaHu waTa'ala) e suoi combattenti titolati, vittime della vostra ingiustizia e della vostra crudeltà". In quel momento, si alzò, mi diede un calcio e mi spinse con le mani. Caddi allora per terra, e quello cominciò a darmi calci e a calpestarmi, finché si accorse che ero distrutta dalla fatica e completamente priva di forze. Allora il suo accanimento cessò e smise di darmi calci. Mi appoggiai contro il muro. Mi guardò dritto negli occhi e mi disse: "Non vogliamo la tua filosofia, dunque stai bene diritta e parla!"; poi mi diede due schiaffi violenti sulle guance. Safwat mi alzò di peso, mi fece sedere su una sedia e chiuse la porta della stanza. Dopo poco tempo, arrivò un altro uomo, che mi disse: "Cosa significa tutto questo, Zaynab? Perché lasci che ti facciano questo, insultando la gente e prendendoti gioco di loro? Il Presidente ha un cuore grande e vuole venirti in aiuto. Vogliamo soltanto che tu testimoni durante il processo, e noi faremo di tutto per discolparti dal crimine che i Fratelli Musulmani cercano di addossarti". Risposi: "I Fratelli Musulmani non hanno commesso alcun crimine, ed io nemmeno. Se c'è stato un crimine, voi ne siete gli autori; è un crimine che commettete ogni giorno, contro questo povero e sventurato paese". A queste parole, mi lascio stare e se ne andò. 61
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rimandato la sua esecuzione a questa notte". Mi tirò per la spalla e mi trascinò<br />
fino alla <strong>mia</strong> cella.<br />
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Dopo la preghiera dell' 'Ishâ', la porta <strong>della</strong> cella si aprì e vedemmo la figura<br />
enorme di Safwat Rubi, che occupava tutta l'entrata. Gridò selvaggiamente:<br />
"Ehi tu, Zaynab! Specie di p…, in piedi!". Mi prese per il braccio e mi tirò:<br />
"Vieni!". Persi l'equilibrio e stavo quasi per cadere per terra. Mentre<br />
cam<strong>min</strong>avamo, incrociammo un tale che gli disse: "Khalil Bey ti aspetta!". Egli<br />
maledisse il cielo e la terra, dicendo poi: "Gli sto portando questa<br />
maledizione". L'altro lo interrogò: "È questa la famosa Zaynab Al-Ghazali?".<br />
Safwat gli rispose affermativamente e continuò a maledire e ingiuriare cielo e<br />
terra. Mi fece entrare in un ufficio; dietro la scrivania c'era seduto un uomo col<br />
viso scuro, si sarebbe detto una notte d'eclisse. Quando questi vide Safwat, si<br />
mise immediatamente sull'attenti, dicendogli: "Vai a cercarlo tu"; mi lasciò in<br />
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avesse punto. Poi, Safwat arrivò accompagnato da un altro tizio che entrò<br />
nella stanza e si sedette alla scrivania. Mi chiese chi fossi; risposi: "Zaynab Al-<br />
Ghazali Al-Jabîlî". Chiese ancora: "Perché si trova qui?"; risposi: "Non lo so".<br />
Proseguì: "Bisogna che tu lo sappia; sei qui perché tu, Al-Hudaybi, Sayyed<br />
Qotb e AbdulFattah Isma'il avete complottato per assassinare il presidente<br />
Gamal Abdul Nasser". Risposi: "Ciò non è mai avvenuto".<br />
Proseguì: "Misura le tue parole. Stanotte sarà quella dell'esecuzione, e non<br />
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Risposi: "Qua non ci sono altro che cani e belve. Non ho ancora visto nessun<br />
essere umano da quando sono entrata da quella porta maledetta, a parte<br />
questi poveretti, i Fratelli Musulmani, depositari del Messaggio di Allah<br />
(subhânaHu waTa'ala) e suoi combattenti titolati, vittime <strong>della</strong> vostra<br />
ingiustizia e <strong>della</strong> vostra crudeltà".<br />
In quel momento, si alzò, mi diede un calcio e mi spinse con le mani. Caddi<br />
allora per terra, e quello co<strong>min</strong>ciò a darmi calci e a calpestarmi, finché si<br />
accorse che ero distrutta dalla fatica e completamente priva di forze. Allora il<br />
suo accanimento cessò e smise di darmi calci. Mi appoggiai contro il muro. Mi<br />
guardò dritto negli occhi e mi disse: "Non vogliamo la tua filosofia, dunque<br />
stai bene diritta e parla!"; poi mi diede due schiaffi violenti sulle guance.<br />
Safwat mi alzò di peso, mi fece sedere su una sedia e chiuse la porta <strong>della</strong><br />
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tutto questo, Zaynab? Perché lasci che ti facciano questo, insultando la gente e<br />
prendendoti gioco di loro? Il Presidente ha un cuore grande e vuole venirti in<br />
aiuto. Vogliamo soltanto che tu testimoni durante il processo, e noi faremo di<br />
tutto per discolparti dal cri<strong>min</strong>e che i Fratelli Musulmani cercano di<br />
addossarti". Risposi: "I Fratelli Musulmani non hanno commesso alcun<br />
cri<strong>min</strong>e, ed io nemmeno. Se c'è stato un cri<strong>min</strong>e, voi ne siete gli autori; è un<br />
cri<strong>min</strong>e che commettete ogni giorno, contro questo povero e sventurato<br />
paese". A queste parole, mi lascio stare e se ne andò.<br />
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