Ayyam min Ayati (Giorni della mia vita – nelle - Visit WordPress
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per coprirti le gambe. Non hai una valigia dove riporre i tuoi effetti personali,<br />
pellegrina?!"<br />
Dissi: "Sono diciotto giorni che porto gli stessi vestiti, sporchi di sangue come<br />
puoi vedere". Ghadah si mise allora a piangere, guardando le mie piaghe e i<br />
miei abiti macchiati di sangue. Mi propose di cambiarmi, con gli effetti che<br />
aveva in valigia. Quando mi ebbero tolto i vecchi vestiti, videro le tracce delle<br />
frustate, e ciò le scosse enormemente. Scappò loro un grido terribile. Non<br />
concepivano che si potessero frustare le donne…<br />
Cercai di calmarle lodando il Signore, e riconfortandomi pensando che tutto<br />
ciò che avevo subito l'avevo fatto per amore Suo e per null'altro. Lo lodai per<br />
averci donato l'Islâm e condotto sulla Retta Via. Poi Lo lodai per averci incluso<br />
nella Ummah di Muhammad (sallAllahu 'alayhi waSallam), la nazione il cui<br />
principio è "Lâ ilâha illâ Allah, Muhammad Rasûl Allah".<br />
Da parte sua, Ulayah cercò di confortarmi e di distogliermi un po' dalle mie<br />
piaghe e dalle mie sofferenze. Mi riferì ciò che si diceva di me. Mi riferì le<br />
parole di sua sorella, la signora Khalidah Al-Hudaybi, che diceva come la<br />
prigione non le facesse paura, a condizione di poter stare nella stessa cella<br />
insieme a me. Ciò mi toccò molto e mi giunse direttamente al cuore. Ma<br />
pensai che se Khalidah avesse potuto vedere il mio stato da più vicino, avrebbe<br />
subito cambiato idea, e avrebbe implorato il Signore di mettere fine al nostro<br />
calvario e di rispar<strong>mia</strong>rle questa sofferenza.<br />
Implorai a <strong>mia</strong> volta il Signore di e<strong>vita</strong>re a tutte le sorelle, così come a tutti i<br />
musulmani, uo<strong>min</strong>i e donne, l'ingiustizia, l'arbitraggio e la crudeltà degli<br />
spiriti malefici.<br />
MANGIARE È<br />
UN ATTO DI PIETÀ<br />
La porta <strong>della</strong> cella si aprì all'improvviso, smettemmo allora di parlare. Il<br />
gigante nero entrò e depose tre pezzi di pane e un piatto di fagioli bianchi, poi<br />
la porta si richiuse. Non sopportavo di sentire la puzza di quel cibo. Ulayah era<br />
incinta e sembrava molto provata, ma accorgendosi del mio disgusto, mi disse:<br />
"Su, hajja, mangia, il cibo è buono".<br />
Mi tese un pezzo di pane, un altro per Ghadah e co<strong>min</strong>ciò a mangiare. Ghadah<br />
la seguì. Sentendosi un po' imbrazzata, mi disse: "Devo mangiare almeno per<br />
l'ospite che si trova qui", indicando il suo ventre!<br />
Ma constatando che non mangiavo ancora, smise anche lei e Ghadah fece lo<br />
stesso. Poi Ulayha mi disse: "Mangiamo, hajja, e ad ogni boccone diciamo: Nel<br />
Nome di Allah, il sommamente Misericordioso, il Clementissimo". Malgrado<br />
ciò, non potei inghiottire il cibo, allora Ulayah mi disse: "Oh pellegrina, temo<br />
che tu abbia perso più <strong>della</strong> metà del tuo peso normale, e penso che ciò sia<br />
dovuto alla mancanza di cibo… È come se tu stessi facendo lo sciopero <strong>della</strong><br />
fame, mentre <strong>nelle</strong> tue condizioni mangiare è un atto di pietà. I sicari<br />
sarebbero veramente soddisfatti <strong>della</strong> scomparsa di Zaynab Al-Ghazali…<br />
infine, fare lo sciopero <strong>della</strong> fame è vietato nella nostra religione".<br />
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